Bora-hansgrohe, Jai Hindley: “Stare al vertice è ogni giorno più difficile, devi spingere sempre in là i tuoi limiti”

Jai Hindley è uno dei corridori più importanti del panorama delle corse a tappe. L’australiano ha vinto il Giro d’Italia 2022, è stato secondo nella Corsa Rosa del 2020 e nel Tour de France 2023 ha provato a fare classifica, cercando di tenere botta con Jonas Vingegaard e Tadej Pogačar, prima di vedere le sue ambizioni, quantomeno per il podio, svanire a causa di una caduta. L’australiano, che vinse una tappa pirenaica, ha comunque portato a termine la Grande Boucle, piazzandosi settimo.

“Ho cercato di gestirmi come potevo – le parole dell’australiano della Bora-hansgrohe raccolte da Velo – È sempre dura dire cosa avrei  potuto fare senza quella caduta. In classifica ero ancora abbastanza in alto, ma il dolore aumentava di giorno in giorno. Stavo con i fisioterapisti tutte le sere, dopo ogni tappa, e a volte anche durante la gara”.

Hindley non scarta la possibilità di tornare al Tour già nel 2024, anche se la squadra sarà probabilmente votata del tutto a Primož Roglič, unitosi da poche settimane alla Bora-hansgrohe: “Sicuramente mi piacerebbe tornarci e riprovare a fare del mio meglio, per vedere dove sono e a che livello è la squadra. Primož, poi, è uno dei corridori migliori al mondo”.

L’australiano si concede anche qualche riflessione più ampia: “Più passano gli anni e più il livello si alza. I corridori devono fare cose sempre più estreme, sul piano dell’allenamento, dell’alimentazione e dei sacrifici personali, e spingere sempre più in là i tuoi limiti. Sembra quasi che se uno che non è del tutto focalizzato sul ciclismo, finirà presto per essere lasciato nella polvere. È una cosa abbastanza pazzesca, che ho notato nella mia esperienza personale, dal 2018 a oggi”.

Hindley aggiunge: “Oggi sono tutti a fare preparazione in altura – le parole dell’australiano – Ci si va sempre prima perché alcuni mettono come obiettivo anche gare meno importanti: l’idea è quella di vincere lì perché poi in altre corse, più importanti, non lo puoi fare. Quindi, quasi tutto il gruppo passa un sacco di tempo lontano da casa, dalle famiglie e da tutto. Ormai è una cosa che fa parte del ciclismo. Ma è una cosa dura, sia fisicamente, perché devi spingere al massimo ogni giorno per settimane, e sia mentalmente. E può essere dura soprattutto se non ti trovi bene con i compagni di squadra, per qualsiasi motivo”.

Si fa strada il concetto di “devozione”: “Tutto viene fatto in ottica lavoro e per questo devi essere super appassionato di quello che fai. Se non sei al 110 per cento, ti ritrovi a far fatica. Io amo il ciclismo, mi piace quello che mi dà, le persone che incontro e i posti in cui vado. Ma non è sempre tutto affascinante. Devi imparare ad apprezzare anche il tempo libero e trovare un bilanciamento fra i momenti in sella e quelli in cui non sei impegnato. Io, quando sono in pausa, non guardo ciclismo, non guardo la mia bicicletta e non rispondo ai messaggi che mi arrivano da persone legate al mondo del ciclismo. Lascio tutto da parte, finché non ne sono di nuovo attratto“.

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