DSM, Matt Winston: “I nostri protocolli non sono rigidi, ma di aiuto per tutti. Non spetta ai corridori decidere le modifiche sulla bici”

Il team DSM si difende ancora dalle accuse. Dopo i tanti addii anticipati rispetto alle scadenze contrattuali degli ultimi anni (Tiesj Benoot e Ilan Van Wilder tra i pro e Leo Hayter nel settore di sviluppo gli ultimi in ordini di tempo), la squadra si era trovato nell’occhio del ciclone, costretta a rispondere ad accuse relative a protocolli di allenamento troppo rigidi e poca libertà di scelta per i corridori (motivazione che sarebbe stato alla base dell’addio soprattutto dei campione più affermati). Dopo aver già provato a rispondere un mese fa, la compagine tornata neerlandese quest’anno ha difeso nuovamente le proprie posizioni per bocca del direttore sportivo Matt Winston.

“Mi fa strano quando leggo questi commenti – ha esordito ai microfoni di Cyclingweekly – Abbiamo avuto un corridore ospite all’ultimo training camp e il suo commento è stato proprio su quanto non fossimo stati rigidi.  I corridori in squadra si divertono e progrediscono. Non dicono che siamo troppo rigidi, capiscono il nostro modo di lavorare. Quando qualcuno va via o cerca opportunità diversa, subito ci viene messa addosso quest’etichetta di essere troppo rigidi. Ma io non credo sia così. Abbiamo un protocollo, un modo di lavorare, che è di aiuto per tutti. Siamo convinti del modo in cui lavoriamo e crediamo sia il processo giusto. Inoltre, come team, io non verrei mai a dire che tale ridere fa questo o non fa quello. Non è corretto. Vediamo queste cose, ma non è da noi rispondere direttamente e affossare una persona”.

Winston ha poi voluto commentare anche le voci secondo le quali a Soren Kragh Andersen fosse stato impedito di regolare l’altezza della sua sella perché “non è affare del corridore”: “È vero che non facciamo cambi sul posto, ma la gente percepisce ciò come essere troppo rigidi. Lo facciamo perché tutto è centralizzato. Un corridore del WorldTour ha sei o sette bici, quindi se un meccanico fa un cambio a bordo strada, ma noi non siamo informati del cambio, questo causa problemi, perché il corridore non può pensare a come vincere la gara, ma è invece impegnato con la sua bici. […] Forniamo ai corridori una bici adatta e questi cambiamenti vengono fatti con un esperto. Un esperto pagato per consigliare quello che pensa sia meglio e possono anche suggerire di non fare cambi per tre settimane e vedere come va. È il loro lavoro. Continueremo a procederemo in questo modo, che riteniamo il migliore”.

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