DSM, Romain Bardet accerchiato dai giovani fenomeni: “Credo ci sia una finestra generazionale che non si è mai espressa”

Anche Romain Bardet si interroga sul tema del ricambio generazionale nel mondo del ciclismo. Se, infatti, quest’anno abbiamo assistito al ritiro di corridori simbolo di longevità come Alejandro Valverde, Philippe Gilbert, Vincenzo Nibali Davide Rebellin, dall’altra parte ci sono sempre più atleti che arrivano già pronti a vincere ad alti livelli fin da giovanissimi. Ad esempio possono essere citati Remco Evenepoel (Quick-Step Alpha Vinyl) e Tadej Pogacar (UAE Team Emirates) che stanno battendo ogni record di precocità: basti pensare che il belga ha vinto nella stessa stagione una classica monumento, un Mondiale e un GT quando i suoi coetanei corrono ancora tra gli Under 23.

Mentre lo sloveno proprio in queste ore sta riflettendo sull’impossibilità di continuare a questi livelli per troppe stagioni, ci sono corridori come il transalpino del Team DSM che si sentono schiacciati tra due generazioni. Classe 1990, infatti, il nativo di Brioude sa di essere negli anni migliori della sua carriera, ma sfortunatamente, dopo aver dovuto lottare da giovane con corridori del calibro di Chris Froome, adesso si trova a dover combattere contro dei giovani fenomeni.

Mi sembra che ci sia una finestra generazionale che non si è mai espressa – ha dichiarato il francese a Eurosport France – Non erano parole vuote quando nel 2016 e nel 2017 dicevo che i miei anni migliori dovevano ancora venire. I numeri parlano chiaro: sono più forte che in quegli anni, ma ci sono dei giovani corridori ancora più forti. Il periodo di massima condizione in cui mi trovo non può essere visto in termine di risultati. Il ciclismo si è evoluto molto negli ultimi sei anni”.

L’intervista è stata poi anche l’occasione per riflettere un po’ sulla sua stagione e in particolare sulla delusione legata all’abbandono del Giro d’Italia: “Credo sia stata una stagione consistente. Le cose mi sono un po’ sfuggite di mano con il mio ritiro al Giro. Dopo è andato tutto bene, ma senza la brillantezza che ci sarebbe potuta essere se le cose a maggio fossero andate come avevamo immaginato […] Credo di essere stato presente tutte le volte che lo desideravo, ma nelle grandi corse, eccetto a maggio, c’erano sempre due o tre corridori troppo forti. È difficile brillare in queste condizioni ed è anche il problema del ciclismo attuale”.

Sempre a proposito della Corsa Rosa ha poi aggiunto: “Non c’è motivo di scrivere il seguito di qualcosa che non è successo, ma ero nella miglior condizione per fare una buona corsa. Ogni cosa era al punto giusto […] Ero in controllo, convinto di poter vincere. Avevo questa corsa in testa da dicembre 2021. Ero arrivato in ottime condizioni. Credo sia stato il Grande Giro in cui in carriera sono stato più fiducioso: avevo una solidità mentale che non avevo mai avuto”.

 

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