Astana Qazaqstan, Luis Leon Sanchez saluta dopo 20 anni di carriera: “Sono passati molto velocemente, ma mi sono divertito tantissimo. È stato un sogno fin dal primo giorno”

Tra i corridori che appendono la bici al chiodo al termine di questa stagione c’è anche Luis Leon Sanchez. Il classe 1983 spagnolo ha attaccato per l’ultima volta il dorsale sulla schiena alla Vuelta a España, che è riuscito a portare a termine nonostante una brutta caduta all’inizio della terza settimana di gara, concludendo quindi sulle strade di casa e con la maglia dell’Astana Qazaqstan una carriera durata ben venti anni. Un periodo in cui il quasi 40enne è riuscito a conquistare 47 successi, tra cui quattro tappe al Tour de France e due Clasica San Sebastian, ma durante il quale ha anche vissuto grandi cambiamenti nel mondo ciclismo.

Il ciclismo oggi è cambiato molto – le parole di Sanchez a MarcaOra, le grandi gare di tre settimane vengono disputate da ragazzi molto giovani. Prima si diceva che bisognava conoscere qualcosa di ciclismo e di gare, e che solo a una certa età si doveva lottare per la classifica generale. Adesso è il contrario, già dal primo anno sono chiamati dalle loro squadre o da loro stessi a gareggiare ed è un ciclismo totalmente diverso rispetto a prima. Per lo spettatore è qualcosa di bello, perché vede qualcosa di bello a partire dal primo chilometro. Vittorie come quelle di Remco alla Vuelta appassionano in TV ed è un ciclismo che piace”.

“Bisogna adattarsi – ha proseguito l’ormai ex corridore spagnolo – Noi veterani dobbiamo vedere cosa fanno i giovani per cercare di prenderne atto e farlo il più velocemente possibile, perché altrimenti si rimane indietro. La questione dell’alimentazione, della pressione dei pneumatici, dell’aerodinamica… I giovani controllano già tutto questo molto più di un veterano”.

Nonostante i tanti cambiamenti, Sanchez è comunque riuscito a restare ad alti livelli per venti anni: “Non è facile, ma sono passati molto velocemente. Ricordo che quando passai tra i professionisti, alla fine del 2003, fu una grande sorpresa per me quando Manolo Saiz mi chiamò per andare a Madrid e firmare il contratto. Adesso mi guardo indietro e sono passati 20 anni e mi sono divertito tantissimo. È stato un sogno fin dal primo giorno e ora bisognava prendere una decisione. Ti deve piacere e non devi farlo per obbligo, avere una famiglia che ti sostiene, non perdere la motivazione per essere competitivo. Poi vincere, lo sappiamo già, non è facile. Nel nuovo ciclismo fin dal primo giorno ti viene richiesto di gareggiare dalla prima all’ultima gara ed è un insieme di cose che ti fanno mantenere un livello alto e migliorare anno dopo anno“.

Il classe 1983 è riuscito a togliersi diverse soddisfazioni durante la carriera, ma una vittoria in particolare resterà nella sua mente: “La prima al Tour. Essere presente alla partenza del Tour era già un sogno per me, essere presente alla corsa più bella del mondo è stato qualcosa di incredibile ed avere la fortuna di vincere una tappa da giovane, ciò per cui lavori e che sogni da quando sei bambino… È stato un percorso felice per me, ma non è stato facile ed è stato il culmine di tutto il mio lavoro“.

Appesa la bici al chiodo, Sanchez rimarrà comunque nel ciclismo: “Quando ho detto a Vinokourov che avevo preso questa decisione, è stato onesto e mi ha detto che contavano su di me nello staff per aiutare i giovani. Non stare con loro 24 ore su 24, ma tenerli d’occhio. Ci sono molti kazaki che vivono nella zona di Benidorm e Alicante e li tengono d’occhio per qualunque cosa abbiano bisogno”.

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