Tour de France 2020, dubbi sulla salute: Dave Brailsford pronto “a ritirare la squadra se necessario”, Jonathan Vaughters chiede di valutare misure straordinarie (comprese le porte chiuse)

Il Team Ineos si riserva il diritto di non partecipare o ritirarsi dal Tour de France 2020. Nel caso in cui le condizioni sanitarie e le misure e precauzioni prese non siano ritenute sufficienti, Dave Brailsford fa sapere di essere pronto a rinunciare alla Grande Boucle, ricordando di aver già preso una decisione simile a marzo, rinunciando ad alcune corse in maniera preventiva ancora prima che la crisi entrasse nel vivo. Spostata di due mesi, da fine luglio a fine agosto, la Grande Boucle appare al momento salva per quest’anno, ma non sono stati pochi i pareri contrari al suo svolgimento anche in quel periodo dell’anno, considerando l’evento come una possibile catastrofe per la diffusione del coronavirus che per allora non sarà certamente debellato, per quanto contenuto potrà essere.

Ci riserviamo il diritto di ritirare la squadra se lo riterremo necessario – spiega il team manager britannico al Guardian – Visto che la corsa è in programma, prevediamo di partecipare, ma monitoreremo gli sviluppi della situazione come abbiamo già fatto. Questo è un approccio prudente, responsabile e attento […] Ci sarà molto dibattito su quel che bisogna fare nel periodo di transizione in tutti gli aspetti della società, compreso lo sport. Valuteremo la situazione in maniera molto attenta e ovviamente seguiremo tutte le direttive nazionali”.

Preoccupazione anche da parte di Jonathan Vaughters, team manager della EF Pro Cycling, che sottolinea la necessità di poter valutare i protocolli studiati da ASO per poter prendere una decisione. “Vogliamo vedere quali possono essere le tecniche di contenimento prima dell’evento – spiega – Forse a luglio e agosto il virus è debellato al punto che non ci sono questi rischi, ma posso dire che se c’è un rischio di una seconda ondata e che il Tour ne può essere concausa, allora chiederemo che siano prese misure speciali prima dell’evento”.

Tra le ipotesi anche la possibilità di far fare una quarantena ai corridori prima della partenza, ma il dirigente americano lamenta un atteggiamento di ASO troppo conservatore in questo momento: “Sembra che per lo sia ‘o come abbiamo sempre fatto, o niente’, il che mi sembra un po’ troppo chiusa come mentalità da parte loro . In questo momento è meglio avere misure restrittive piuttosto che nessuna corsa”. Fra queste, propone comunque di valutare l’ipotesi delle porte chiuse se necessario, inizialmente tenuta in considerazione dalla Ministra dello Sport francese, ma completamente esclusa dall’organizzazione nei giorni successivi. “So che non sarebbe in linea con la nostra tradizione – aggiunge – Ma mi sembra una buona opzione per minimizzare i rischi. Non vorrei che questa opzione venga scartata. Se fossi in loro la considererei seriamente, mentre loro mi sembra che ragionino ‘o tutto o niente'”.

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