Sangemini-MgKVis-Olmo, Bongiorno: “Il periodo difficile in inverno mi ha permesso di riscoprire la passione per la bici”

Francesco Manuel Bongiorno sta vivendo una seconda carriera. Dopo le difficoltà delle ultime due stagioni, il corridore toscano è ripartito con la maglia della Sangemini – MG. K Vis. Il corridore nato a Reggio Calabria, ma cresciuto sportivamente in Toscana, spera quest’anno di rilanciarsi e ripartire dopo due annate ricchi di problemi e momenti molto difficili. Lo stesso Bongiorno ha parlato in esclusiva ai microfoni di SpazioCiclismo di cosa non ha funzionato sinora, passando per le nuove ambizioni e la riscoperta dell’amore nei confronti dello sport con cui è cresciuto.

Quali sono le sensazioni dopo la Settimana Coppi e Bartali?
Sono stato tre giorni a recuperare dalle fatiche della Coppi e Bartali. Ora però sento di aver recuperato molto bene. È stata una corsa fondamentale per la crescita della condizione e anche dal punto di vista della fiducia personale.

Una corsa nella quale hai provato a renderti protagonista nell’ultima tappa
Sì, quel giorno avevo parlato con Gaffurini. L’avevo spronato perché avevo visto che andava forte, ma non ci credeva. Quindi ho fatto quella azione sia per fare selezione in gruppo che poi provare a giocarmi le mie carte. Serviva inoltre per testare la mia condizione visto che vedevo che giorno dopo giorno ero in crescita. Ci ho voluto provare ed è stata una bella iniezione di fiducia dopo due anni in cui subivo e basta in corsa.

Ora quali appuntamenti ti aspettano in calendario?
Domenica sarò al via del GP Adria Mobil, per poi correre Giro dell’Appennino e Tour of the Alps. Rispetto all’anno scorso ovviamente non ci sarà il Giro d’Italia, però per il resto sarà un calendario quasi identico a quello del passato. A maggio correremo diverse corse in giro per l’Europa e poi a fine stagione ci sarà il calendario italiano come ogni anno.

Durante questo inverno è stata più in alcuni momenti la tua voglia di lasciare tutto oppure la paura di non trovare una squadra?
Tutte e due le cose messe insieme. Dopo l’infortunio che ho rimediato a fine stagione sono stato veramente male, non ho dormito per un mese per via delle tre costole rotte e della frattura dello sterno. Ad un certo punto pensavo fosse finito tutto, che fosse finito il sogno di correre fra i professionisti. Soprattutto dopo tutti i problemi che ho avuto e le difficoltà che ho incontrato. Mi ritrovavo a dicembre alla ricerca di una squadra e quindi a pensare di esser costretto a smettere di correre. Proprio per via di questa situazione però ho iniziato a pensare anche io di voler smettere. Ero stanco di aspettare un contratto che però non arrivava mai. Quando tutto sembrava finito però è arrivato questo spiraglio con la Sangemini – MG.K Vis – Olmo.

Si può dire che sia iniziata una nuova carriera?
Il mio obiettivo è quello rilanciarmi. Questa è una seconda carriera, un modo per ripartire. La Sangemini ha un progetto ed ambizioni importanti per il futuro, ma per ora voglio concentrarmi solo sul presente. Mi sono trovato subito bene in questa squadra sia con i corridori che con lo staff. Tutti i ragazzi sono messi subito a mia disposizione, spronandomi e motivandomi molti. Sono in una squadra che ha la mentalità giusta e la voglia di mettersi in mostra. Non è una cosa così semplice come può sembrare, ma in questa squadra c’è grande voglia di farsi vedere. Siamo una squadra Continental, ma come immagine non abbiamo nulla di meno di altre squadre. Cambia magari la differenza nell’approccio alla corsa. Rispetto, ad esempio, alla Bardiani – CSF ci sono esigenze diverse. Bisogna mettersi in luce, cercare di andare in fuga perché magari il potenziale complessivo è inferiore a quello di una Professional o di una squadra WorldTour. In questa squadra però l’unione fa la forza. Siamo una squadra che corre bene, corre unita e per questo sembra una squadra come quelle Professional.

Possiamo individuare nella tappa dello Zoncolan uno dei punti chiave della tua carriera? Se non fossi stato spinto quel giorno forse tutta la tua carriera poteva prendere una strada diversa?
Le scuse, soprattutto nel mondo dello sport, hanno poco senso. Chi le cerca è solo per trovare una giustificazione senza andare avanti. Certo, quella tappa sullo Zoncolan può essere l’ago della bilancia della mia prima parte di carriera. Una vittoria in quella tappa poteva cambiare tutto. Però l’ho metabolizzata e la vittoria ottenuta subito dopo al Giro di Slovenia è frutto di quella situazione. È stata una sorta di rivincita e quel giorno ho vinto più che con le gambe con la rabbia. Mi ero reso conto che era sfumata una possibilità molto importante per un ragazzo di 24 anni ed era sfumata non a causa mia. Quelli sono passaggi fondamentali che possono decidere le sorti di un’intera carriera. Ma è andata così e ci posso far poco.

A fine 2015 invece inizia un periodo buio con tanti problemi e cadute…
Dal mese di settembre 2015 è stato un periodo un po’ difficoltoso. C’è stata un po’ di sfortuna, ma in quel frangente non ero mentalmente al 100% per diversi motivi. Nel nostro sport, oltre alle gambe, è fondamentale anche la testa e spesso è proprio questo secondo aspetto che fa la differenza. Il momento peggiore credo sia al Giro 2016. Nella tappa di Roccaraso ero caduto per una mia distrazione, ma ero riuscito comunque a chiudere nel gruppo principale dove c’era Nibali. Da quel momento però ci sono state una serie di cadute. Quella peggiore è stata nella tappa di Val Gardena e in quell’occasione mi sono fatto parecchio male. Ho passato il resto del Giro fra febbre ed infezioni, con il morale sottoterra. Alla fine sono caduto circa 8 volte durante quel Giro.

Come ti sei riuscito a rilanciare dopo un periodo buio e ritrovare la motivazione di correre?
Mi era passata la voglia di correre. Non riuscivo a ripartire e rendere al mio livello. Avevo perso fiducia nei miei mezzi, mi mancava la sicurezza e la voglia di soffrire che ritengo sia fondamentale per un corridore. Non avendo poi ottenuto dei risultati importanti negli ultimi anni ho faticato a trovare squadra, complice anche alcuni episodi e scelte di determinate formazioni che non mi hanno avvantaggiato. Ma proprio in questo momento travagliato è emerso che la cosa che mi piaceva di più era andare in bicicletta. Ho ritrovato il gusto di allenarmi ed il supporto di alcune persone, fra cui soprattutto la mia fidanzata, a me care mi ha dato la spinta per ripartire. Questo periodo buio mi ha permesso di riscoprire la mia passione per la bicicletta.

Una cosa che ha colpito molto è la tua volontà di mantenere il passaporto biologico, nonostante nella categoria Continental non sia obbligatorio, e possiamo dire la felicità con cui hai accolto un controllo a sorpresa dell’UCI.
Il ciclismo è uno dei pochi sport con controlli a sorpresa ed un sistema così rigido di controllo. Ci sono delle volte che uno quasi si stufa, ma la mia volontà è stata fin dal primo momento quella di mantenere il passaporto biologico. Fino a giugno dovrò tenerlo da regolamento, ma per i mesi successivi ho già chiamato l’UCI per confermargli la mia intenzione di continuare con questo sistema. Loro stanno analizzando il caso visto che sono il primo corridore che fa questa richiesta. Stanno valutando la situazione e mi daranno un responso a breve, ma si sono mostrati molto felici della mia richiesta. Per quanto riguarda la storia del controllo a sorpresa posso confermare che ero felice quando sono venuti gli ispettori. Mi sono sentito considerato, una dimostrazione che c’ero anche io, che faccio parte di questo sport, dopo mesi difficili. Inoltre, ritengo che i controlli siano anche una tutela sia per me che in generale per tutte le persone. Ritengo che andrebbe trovata una soluzione per la categoria Continental per avere un passaporto biologico anche noi. Corriamo tutti insieme, quindi dobbiamo avere tutti gli stessi diritti e doveri.

Saresti felice del tuo 2017 se….
Se riuscissi a ritrovarmi sia come uomo che atleta, ritrovare il mordente che avevo perso. Sono sempre stato descritto come un corridore combattivo, che attacca spesso. Negli ultimi due anni però avevo paura di affrontare una salita, avevo paura di staccarmi e di non riuscire a seguire gli altri. Proprio per questo l’attacco alla Coppi e Bartali è stata una vera e propria liberazione dopo due anni che subivo e basta in corsa. Quindi ora voglio ritrovarmi come atleta e capire quale sia la dimensione da dare alla mia carriera. Andrò a tutte le corse per cercare di far il miglior risultato possibile. Ovviamente, ci sono alcune corse in particolare nelle quali voglio far bene, ma dopo tutto quello che ho passato preferisco non fissarmi su degli appuntamenti in particolare, cercando di dare sempre il massimo.

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