Israel-Premier Tech, Chris Froome abbassa l’asticella dei sogni: “Mi piacerebbe vincere il quinto Tour, ma ho accettato che la realtà è un’altra”

Chris Froome sogna ancora in grande in vista del Tour de France 2024. Per quello che è stato tra il 2013 e il 2018 il dominatore delle grandi corse a tappe, vincendo quattro Tour de France, due Vuelta a Espana e un Giro d’Italia, gli ultimi anni di carriera, dopo il grave incidente al Giro del Delfinato nel 2019, sono stati più che altro un lungo calvario alla ricerca di una condizione che non è mai tornata neanche lontanamente vicina a quella che lo vedeva dominare in montagna insieme al suo Team Sky. Dopo la grande delusione dello scorso anno, che lo ha visto escluso dalla selezione della Israel – Premier Tech per il Tour de France 2023, l’obiettivo principale del “keniano britannico” è quello di tornare alla Grande Boucle e di provare ad ottenere una vittoria di tappa per concludere con una ciliegina sulla torta la sua fenomenale carriera

Ho ancora un contratto per quest’anno e per il prossimo – spiega Froome intervistato ai microfoni di Eurosport – Questo mi porterebbe ad avere 40 anni. Penso che possa essere un buon obiettivo raggiungere i 40 anni ed essere ancora in gara. Ne sarei già molto felice, ma in termini di obiettivi concreti il mio sogno è quello di tornare al Tour de France e di lottare ancora per una vittoria di tappa sarebbe per me un modo fantastico di chiudere la mia carriera, potendo almeno avere qualche altra battaglia in montagna. Ovviamente, mi piacerebbe anche vincere il mio quinto Tour, ma credo di aver accettato che la realtà è un’altra e che per me tornare ad un livello tale che mi permetta di vincerlo sia molto, molto difficile. Attualmente, per me, vorrei solo poter tornare al Tour. Fosse anche solo per lottare in montagna e giocarmi qualche tappa, sarebbe fantastico”.

Per il classe 1985, che in questo momento sta recuperando da una frattura al polso rimediata a seguito di una caduta alla Tirreno – Adriatico dello scorso marzo, ci sono alcune componenti che sono necessarie affinché possa tornare competitivo per vincere ai massimi livelli: “Ho bisogno di costanza e di un po’ di fortuna… o meglio, di un po’ meno sfortuna. Purtroppo, infortuni come questo al polso mi rallentano. Ovviamente, cadere non è mai divertente, ma quando ti rompi un osso serve tempo per il recupero e io invece ho bisogno di costanza, di avere tempo di allenarmi, di gareggiare, restando in salute. Mi basterebbe questo, cercando di evitare la sfortuna e gli inconvenienti”.

Dall’ultimo Tour de France vinto da Froome nel 2017 ad oggi sono passati diversi anni e sono emersi nuovi campioni, primi fra tutti nelle corse a tappe Tadej Pogacar (UAE – Emirates) e Jonas Vingegaard (Visma | Lease a Bike): “Sarebbe stato interessante poter gareggiare contro di loro durante le mie migliori stagioni – ammette il britannico – Sarebbe stato sicuramente interessante da vedere, ma in questi ultimi anni i corridori sono sempre più giovani. C’è una costanza di corridori che arrivano ad un livello decisamente alto già in giovane età. Credo che questo sia dovuto al fatto che ormai anche gli allenatori hanno molte più informazioni. Ci sono ragazzi già a 12-13 anni che si allenano come professionisti e quando arrivano a 18 sono già diversi anni che si allenano e mangiano in maniera corretta, quindi arrivano pronti già giovanissimi per vincere le corse più importanti del mondo già a venti anni”.

Infine, l’ex corridore del Team Sky è tornato anche sul suo incidente al Giro del Delfinato che nel 2019 ha condizionato prima l’assalto al suo quinto Tour de France e poi il resto della sua carriera: “Quell’incidente ha avuto un enorme impatto su di me. È arrivato al momento peggiore, proprio prima del Tour de France. Avevo una grande condizione, ero pronto ad andare a giocarmi il mio quinto Tour, è capitato al momento peggiore. Ma così è la vita. Questo fa anche parte del nostro sport: è uno sport pericoloso e gli incidenti purtroppo accadono. Lo abbiamo visto anche recentemente, molti sono caduti e si sono procurati varie fratture, purtroppo fa parte del nostro lavoro. Oltre ad aver messo fine alla mia carriera da leader per i grandi giri, rendendo molto difficile tornare ad un livello competitivo, quell’incidente mi ha lasciato molte scorie anche a livello personale. Mi ci sono voluti mesi, se non un anno intero, per provare a riprendermi. Mi ci è voluto più di un anno per tornare a camminare normalmente senza zoppicare. È stata una brutta caduta, ora però sono contento di essere tornato a correre e di non avere dolore, mi sento estremamente fortunato ad aver avuto un’altra occasione”.

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