#SpazioTalk, la riflessione di Sacha Modolo: “Bisognava fermare tutti. Ideale sarebbe anno sabbatico e si ricomincia nel 2021”

Sacha Modolo torna a parlare delle conseguenze del coronavirus sulla stagione del ciclismo. Autore di un post diventato virale tra gli addetti ai lavori la scorsa settimana, il portacolori della Alpecin-Fenix ha riassunto il suo pensiero e aggiunto interessanti considerazioni nel corso della prima puntata di #SpazioTalk, il podcast settimanale di approfondimento dei temi di attualità curato dalla nostra redazione. Lo sprinter veneto, a segno 46 volte in carriera e secondo nella terza tappa della Volta ao Algarve nel mese scorso, in quello che è stato il suo appuntamento d’esordio in stagione nonché l’unico a cui sia riuscito a prendere parte in questo 2020, ha sintetizzato così, ai nostri microfoni, la situazione di incertezza che stanno vivendo i professionisti.

Il tuo post ha fatto molto discutere: a una settimana di distanza che reazioni ha generato e cosa è cambiato rispetto ad allora?
Non ho riscontrato attacchi. Ho visto gente che ha commentato avere dei pareri discordanti. Personalmente ho deciso di restare a casa, non me la sentivo più di uscire. Qualcuno ha interpretato la mia uscita dicendo che io mi allenavo perché la squadra non tutela i ragazzi e non gli dà sicurezza. In realtà volevo attaccare tutti tranne la squadra, perché è stata la prima a mandarci a casa subito dalla Spagna non appena sono uscite le prime notizie. Mi è dispiaciuto che abbiano usato un post per attaccare la squadra, quello sì. Era semplicemente un mio pensiero riguardante non solo me, ma immagino qualche ragazzo giovane e che, magari in scadenza di contratto, si trova in questa situazione. Non è facile.

Da quanti giorni sei completamente fermo?
Già il giorno in cui ho fatto il post su Facebook non mi allenavo più. Come ho scritto allora, mi ero allenato tre volte su strada. Mi ha fermato, nell’allenarmi, anche il clima che si respirava per le strade. Se devo uscire per mangiarmi il fegato o per tornare a casa nervoso perché mi insultavano, preferivo stare a casa.

Che tipo di feedback avete avuto dalla squadra durante questo periodo? Come siete stati seguiti?
Il problema è che non abbiamo una certezza su quando si riparte. Se ci dicessero “ripartite a settembre”, ad esempio, sapresti di farlo e potresti buttare giù un programma in base alla tempistica che hai. Il problema è che non si sa, è una cosa poco chiara e quindi vai male. Per adesso fai un programma giusto per tenerti in forma, ma è inevitabile che la forma cali. Non riesci ad avere la forma che avevi come quando è successo tutto. La nostra squadra ci ha mandato subito un programma in base alle direttive del paese di appartenenza del corridore. C’era ancora chi poteva uscire in bici e chi no, io quando ho deciso di restare a casa ho chiamato la squadra e mi hanno dato un programma da seguire sui rulli e in palestra. Ci diamo una mano, abbiamo creato un gruppo su WhatsApp nel quale ci mandiamo i video ogni giorno con il preparatore. Si va avanti un po’ così.

In uno sport globalizzato come il ciclismo non è neanche semplice affrontare in maniera univoca un’emergenza del genere…
Adesso, più o meno, anche se in certi paesi stanno continuando a uscire in bici ho notato che un po’ tutti sono a casa a far rulli. Il mio pensiero era che noi italiani, come gli spagnoli e i francesi, facessimo tre mesi di rulli e poi ci trovassimo a correre contro belgi e olandesi ed altri che si erano allenati normalmente. In quel caso le gare sarebbero state completamente falsate, perché sarebbe impossibile presentarsi competitivi facendo rulli.

Ci sarebbe il rischio della mancanza di equità
Esatto, secondo me qualcuno doveva stoppare tutti. In primis per il bene dei corridori, perché per me l’unico modo per fermare il virus è stare a casa. Se ognuno di noi sta a casa, prima o dopo si ferma. Prima ci si riesce e prima si ricomincia. Secondo per l’equità, perché altrimenti verrebbero fuori delle gare falsate tra chi si è allenato normalmente e chi ha potuto fare solo rulli.

Negli altri sport si è iniziato a parlare già di rimodulazione dei contratti. Secondo te è un’ipotesi percorribile anche nel ciclismo? Saresti d’accordo sul congelamento della stagione?
Sono un po’ senza argomenti, non saprei come affrontarlo. A volte penso che se fossi il padrone della squadra sarei in difficoltà, perché avrei una squadra ferma e che non mi fa immagine. Non è facile, ho notato tanti team che per ora, per lo staff, stanno chiedendo la disoccupazione. L’ideale sarebbe fermare l’anno e ricominciare, nel 2021, come si è iniziato nel 2020. Si fa un anno sabbatico e si ricomincia nel 2021. Per ora si fa anche fatica a buttare giù obiettivi perché non sai quando si ricomincia. Sinceramente la vedo dura quest’anno, per giugno secondo me non è finita.

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