Percorso Tour de France 2018, le tappe da non sottovalutare

Ogni tappa del Tour de France 2018 nasconde un’insidia. Considerato da sempre la grande corsa a tappe più complicata del panorama mondiale, il #TDF2018 conferma anche in questa edizione il suo alone di imprevedibilità su un tracciato che, sebbene appaia frazionato in due grandi blocchi con le salite concentrate nel secondo, non deve trarre in inganno. Diverse frazioni si prestano infatti alle imboscate e invitano i pretendenti alla classifica generale a tenere le antenne ben dritte per non trovarsi a dover recuperare secondi preziosi. Delle 21 tappe in programma dal 7 al 29 luglio ne abbiamo tuttavia selezionate cinque come quelle che da non sottovalutare, che potrebbero sorprendere, creando più problemi di quanto previsto vista la loro collocazione nel percorso complessivo.

Le Tappe da non sottovalutare del Tour de France 2018

Lunedì 9 luglio – Terza Tappa: Cholet – Cholet (35 km, cronometro a squadre)

Dopo le due frazioni inaugurali riservate alle ruote veloci, la classifica generale subirà qui il suo primo scossone. Il profilo tendenzialmente piatto della cronometro a squadre, con un paio di falsopiani come uniche “difficoltà”, può diventare paradossalmente proprio la chiave di volta della prova. Su un tracciato simile, infatti, le formazioni degli specialisti possono creare seri scompensi a quelle che non hanno passisti particolarmente potenti e, soprattutto, che non troveranno i giusti meccanismi sin dalle prime pedalate. L’antipasto del Giro del Delfinato, in tal senso, vale più di un semplice campanello d’allarme. Su un percorso identico per chilometraggio, il Team Sky ha saputo infliggere quasi 3” ogni 1000 metri ad Ag2R La Mondiale e quasi 4” alla Bahrain Merida, con queste ultime che cambieranno alcuni componenti del roster per l’occasione. Elemento da non trascurare è anche il vento, che può girare e favorire di alcuni team a scapito di altri.

Giovedì 12 luglio – Sesta Tappa: Brest – Mûr-de-Bretagne (181 km)

Considerata la seconda tappa collinare consecutiva, presenta un finale che può far male. A chi non ne è convinto, consigliamo di dare un’occhiata all’ordine d’arrivo dell’ultimo precedente, datato 2015, dopo che la prima recita del 2011 (con successo di tappa andato a Cadel Evans) si era concluso con un faccia a faccia tra i big. I due passaggi sul Mûr-de-Bretagne, condensati in poco meno di 20 chilometri, presenteranno il conto soprattutto a chi non si farà trovare nelle prime posizioni del gruppo in occasione della seconda ascesa, quella che conduce all’arrivo. Al netto delle pendenze dolci (6,9% per un totale di due chilometri), infatti, la rampa finale è solita mortificare i tentativi di rimonta. Qui nel 2015 un Vincenzo Nibali, presentatosi alla Grande Boucle da campione uscente, subì addirittura un passivo di 20” da Alexis Vuillermoz e 10” da tutti i principali avversari nella classifica generale, pagando dazio proprio nella seconda metà della scalata, ossia quella con tratti tra il 5,5% e il 2,4%.

Martedì 17 luglio – Decima Tappa: Annecy – Le Grand-Bornand (158,5 km)

Non solo perché si tratta della prima tappa di montagna e per i cinque GPM inseriti all’interno del tracciato. A rendere la Annecy-Le Grand-Bornand un’autentica trappola subentrano infatti altre due contingenze: la collocazione all’indomani del primo giorno di riposo e un chilometraggio sostanzialmente esiguo. La traduzione è elementare: chi non troverà subito il ritmo o arriverà ingolfato dal giorno di stacco, rischia concretamente di uscire di classifica. A condizione che qualcuno tra i big sia già intenzionato ad accendere la miccia. Se in partenza il Col de Bluffy (1,5 km al 5,6%) sembra essere tutt’altro che un antipasto, l’ascesa al Col de la Croix Fry (11,3 km al 7%) può restare subito nelle gambe. Specie perché in rapida successione si affronterà anche il Montée du plateau des Glières, il primo HC della corsa col suo 11,2% medio distribuito su 6000 metri. Dallo scollinamento in poi c’è spazio per recuperare eventuali gap accumulati, purché le tossine lo consentano. Nel finale, infatti, sono concentrati Col de Romme (8,8 km all’8,9%) e Col de la Colombière (7,5 km all’8,5%), la cui rapida sequenza chiama all’assalto i coraggiosi e può mettere in croce i corridori meno pimpanti, che in quel caso dovranno solo preoccuparsi di limitare i danni nella discesa che conduce all’arrivo.

Sabato 21 luglio – Quattordicesima Tappa: Saint-Paul-Trois-Châteaux – Mende (188 km)

Collocata dopo le prime fatiche alpine, a 48 ore dall’arrivo sull’Alpe d’Huez e all’indomani di una frazione – quella con arrivo a Valence – servita a risvegliare i velocisti dal torpore, è classificata come una tappa di media difficoltà e come tale va considerata almeno fino a cinque chilometri dal traguardo, quando non avranno creato scompigli la Cote du Grande Chatagaignier (1 km al 7,4%), il Col de la Croix de Berthel (9.1 km al 5,3%) né il Col du Pont sans Eau (3,3 km al 6,3%), tutti posti lontani dall’arrivo e che molto difficilmente si riveleranno teatri di scontri diretti. Lo scenario cambia però quando si imbocca la Cote de Croixe Neuve, rivelatasi già in passato molto più dura di quanto suggerisca la sua classificazione di seconda categoria. Quei 3000 metri, con pendenza media del 10,2%, arrivano “secchi” e impongono una variazione di ritmo che spesso ha mandato in cortocircuito i diesel del gruppo. Per chi non ne ha, sarà impossibile salvare la pelle, anche perché il tratto che separa dallo scollinamento al traguardo, di poco superiore a un chilometro, continua a salire impercettibilmente e favorisce chi si è avvantaggiato in precedenza dimostrando di avere più benzina. Qui tre anni fa Froome arrivò a guadagnare 4” su Valverde, 19” su Contador, 30” Nibali e 40” su Van Garderen, all’epoca terzo in classifica generale.

Martedì 24 luglio – Sedicesima Tappa: Carcassonne – Bagnères-de-Luchon (188 km)

Uno dei tracciati più apprezzati dagli organizzatori della Grande Boucle, che ricalca nella prima parte quello affrontato nel 2014. Se i passi iniziali, due GPM di quarta categoria, serviranno soprattutto a formare una prevedibile fuga, quelli che caratterizzano gli ultimi cinquanta chilometri possono frantumare il gruppo dei migliori. Si inizia col Col de Portet d’Aspet (5,4 km al 7,1%) e, dopo la discesa, si prosegue col Col de Menté (6,9 km all’8,1%). Il toboga si completa con una nuova picchiata e una nuova impennata, quella che conduce al Col du Portillon (8,3 km al 7,1%), GPM di prima categoria posto a dieci chilometri dal traguardo, con il segmento finale da affrontare interamente in discesa. Nel complesso il disegno del percorso non sembra essere particolamente selettivo, ma la collocazione all’indomani dell’ultimo giorno di riposo aumenta esponenzialmente il grado di pericolosità. Anche qui occhio allo storia: con un finale meno impegnativo, quattro anni fa, Nibali, Valverde e Pinot inflissero 1’50” a Romain Bardet. Sempre ammesso che qualcuno voglia scoprire le carte prima dell’inedita (mini)tappa di Saint-Lary-Soulan.

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