Sicurezza in bicicletta, il decalogo di Davide Cassani per affrontare la “guerra nelle strade”

Il Commissario tecnico delle squadre nazionali di ciclismo, Davide Cassani, è da tempo impegnato nel campo della sicurezza stradale. Il tema è purtroppo sempre “caldo” e negli ultimi giorni gli episodi che hanno visto sportivi, di tutte le età e di ogni rango, coinvolti in incidenti sono stati parecchi, fra cui quelli di Letizia Paternoster, Vittoria Bussi e del giovane Andrea Ostolani. Troppi. Il Ct, ex corridore con la maglia, fra le altre, della Ceramiche Ariostea, in una intervista alla Gazzetta dello Sport, ha descritto la situazione delle strade come “andare in guerra, ma noi non ci stiamo a questo massacro”.

Cassani, 58 anni, ha prima di tutto sottolineato come “il cellulare sia ormai usato da tutti, la gente è disattenta e il rischio su strada è altissimo”. Da lì, il Commissario tecnico delle squadre azzurre parte con il promuovere una serie di regole che i ciclisti possono fare loro per non diventare vittime della sopracitata “guerra”. C’è anche qualche indicazione per dei primi  rimedi che possano essere messi in atto da politica e società civile.

  • Ricordatevi: in allenamento non si è in gara

“In una rotatoria o incrocio, rallentate per vedere il pericolo. Io ho avuto due incidenti, e in tutte e due le volte la macchina non mi ha visto. Io avevo la precedenza e sono stato preso. Dobbiamo pensare a quello che fa l’automobilista. Non tiro dritto anche se ho la precedenza”.

  •  Rispettare sempre le regole del Codice della Strada

“Vuol dire essere noi ciclisti per primi a comportarci bene. Se le rispetto, posso arrabbiarmi se qualcun altro non lo fa. Altrimenti non siamo credibili”.

  • Montare le luci sulla bici e anche il radar anti-auto

“Luci anteriori e posteriori, insegniamo ai bambini a montarle. Dobbiamo essere educatori prima che direttori sportivi. Mi fa rabbia vedere che i bambini non ce l’hanno. Facciamoci vedere. E non mi stacco più dal radar che mi annuncia con un bip l’arrivo di un’auto alle spalle. Costa qualche centinaio di euro e incorpora anche la luce”.

  • In bici sempre con casco e indumenti molto visibili

“Sul casco c’è poco da aggiungere. Sugli indumenti, scegliete sempre colori fluo, come fanno le squadre professionistiche in allenamento. Io vedo sempre tanti corridori tutti neri”.

  • Non tagliare mai le curve, fermarsi al semaforo rosso

“Che senso ha correre così? Stiamo sempre a destra. La bici è un gioco bellissimo, ma quando siamo in strada non è più un gioco. Al semaforo ci si ferma. Che cos’è un minuto in più rispetto alla vita?”.

  • Non usare mai i cellulari, togliersi le cuffiette

“Sembra ovvio, ma non lo è. No, no, no. Bisogna pedalare concentrati e sentire quello che avviene sulla strada”.

  • Nelle gare cicloamatoriali, se siete staccati pedalate con la massima prudenza

“Bisogna essere consapevoli che non sono tante le Granfondo con il traffico chiuso dal primo all’ultimo corridore. Ci potrebbero essere delle auto”.

  • Serve una campagna di sensibilizzazione per tutti gli utenti della strada

“Nel Codice della Strada la bici è ancora chiamata velocipede. La politica deve sforzarsi per trovare il sistema di renderla uguale agli altri mezzi di trasporto. A livello globale serve una grossa campagna di sensibilizzazione, ogni giorno muoiono 10 persone sulle strade, non è accettabile. Non è un problema solo dei ciclisti, ma di tutti quelli con cui dividiamo le strade. Per non parlare della loro condizione: buche e altro”.

  • L’educazione stradale alla bici deve iniziare già ai quiz per la patente

“C’è molta ignoranza su come comportarsi quando si vede un ciclista. Non si sa come superarlo, si ignorano le distanze. Serve un’educazione stradale quando si va alla scuola guida per fare la patente”.

  • MANTENERE LA CALMA: SULLA STRADA SERVE DIALOGO 

“Se l’automobilista suona il clacson, io alzo la mano come per dirgli che l’ho sentito, so che lui c’è e appena posso lo faccio passare. C’è bisogno di dialogo sulla strada, arrabbiandoci non risolviamo nulla. Tanti incidenti sono causati da chi ci vede pedalare in gruppo e ci odia. Ci vuole dialogo e tempo, serve sensibilizzazione reciproca e tolleranza. Servirà tempo. Capiranno che ci siamo pure noi”.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Pulsante per tornare all'inizio