I Volti Nuovi del Gruppo, Giulio Pellizzari: “Non do peso alle polemiche, sogno di vincere il Tour”

Tocca a Giulio Pellizzari aprire la nostra rubrica annuale dei Volti Nuovi del Gruppo. Il classe 2003 ha firmato un contratto triennale con la Bardiani-CSF-Faizanè, che gli permetterà di essere il più giovane professionista in assoluto per questa stagione, avendo compiuto 18 anni poco più di un mese prima dell’approdo nella categoria. La formazione italiana ha deciso di aprire un vivaio all’interno della formazione, accogliendo diversi under 23. Come ricordato anche da Roberto Reverberi ai nostri microfoni, i più giovani seguiranno comunque un calendario diverso dagli altri. È il caso appunto anche da Giulio Pellizzari, che tra gli juniores si è già messo in mostra e ora vuole confermare le sue doti con una crescita graduale anche tra i professionisti. Di seguito riportiamo l’intervista esclusiva ai nostri microfoni, di cui potete ascoltarne un estratto nell’ultima puntata di SpazioTalk.

Descriviti ai nostri lettori. Che tipo di corridore sei?
Sono un passista scalatore. Il mio campo è la salita. A cronometro mi difendo, il mio punto debole è la volata.

A che età hai iniziato ad andare in bicicletta?
A 7 anni, da G2.

Com’è stato il tuo passaggio da professionista?
Sulla carta sarò professionista, ma i primi anni io e Pinarello faremo solo gare under 23. Appena ho saputo del nuovo progetto, tramite Carera, mi è subito piaciuto. Ora siamo in ritiro e i più esperti ci danno consigli. Il progetto mi piace, vediamo come andranno le gare.

Che effetto fa essere in ritiro con corridori che hai visto correre fin da quando eri bambino?
Fa un bell’effetto. Sei mesi fa non mi sarei mai aspettato di pranzare al fianco di Visconti, Fiorelli, Zana, che ho visto in televisione.

Qual è stato il momento in cui hai capito di poter fare il salto di qualità?
Ho fatto tutto passo per passo. Ho iniziato ad andare forte nel 2021. Sono sempre stato prematuro rispetto agli altri. Da piccolo facevo più fatica, ma crescendo sono andato sempre più veloce. All’inizio non mi aspettavo di arrivare fino a qua. Solo quando mi ha chiamato Carera, a metà stagione, ho capito che avrei potuto fare qualcosa.

Il contatto con la Bardiani quando è arrivato?
Il progetto è stato presentato verso luglio. Ci ho un po’ pensato e poi ho firmato.

Il tuo calendario sarà pensato per farti crescere gradualmente. Quanto è importante poter crescere senza troppa pressione in questi primi anni?
Secondo me, molto. Stando qui in ritiro, vedo che loro fanno tanti chilometri di allenamento. Per me è presto farne così tanti, ci arriverò con calma. Ho tre anni di contratto, c’è tempo.

Il tuo passaggio da professionista può anche dare una possibilità di rilancio al ciclismo marchigiano, che dopo la scomparsa di Scarponi ha perso un po’ il suo riferimento tra i professionisti.
Scarponi era davvero il riferimento, un idolo per tutti i marchigiani. Con la sua perdita abbiamo un po’ perso questa cosa, ma ci sono ancora buoni ciclisti e speriamo di tenere alto l’onore della nostra Regione e di fare bene.

Tu e Alessandro sentite un po’ di pressione, o siete stati infastiditi, per quanto si è parlato del vostro passaggio da professionisti?
All’inizio un po’, ma mai tanto. Ho letto i giornali e visto gli articoli, però sinceramente non ci ho mai dato tanto peso. Ho sempre detto che sono un atleta e penso a pedalare, parlerò con le gare. Non mi interessa quello che scrivono su di me. L’importante è che sia arrivato l’accordo e ora sono qua.

Chi era il tuo idolo da ragazzo?
Froome. All’inizio non mi stava troppo simpatico, ma dopo l’impresa del Colle delle Finestre mi è entrato nel cuore.

Un po’ ti ispiri a lui?
Sì. Nessuna gara dà l’emozione che regalano i Grand Tour. Sono felice di avere queste caratteristiche. Il mio sogno è quindi andare forte nelle corse da tre settimane.

E c’è una corsa che sogni di vincere più di altre?
Il Tour de France.

Ti piacerebbe poter correre un GT già in questi tre anni?
Sì, sarebbe bello. Ma credo che se vai a un Grand Tour devi stare bene. Se vai senza essere al 100%, sono tre settimane che fanno più danni che altro.

Senti anche un po’ l’importanza di essere il più giovane di questo nuovo progetto giovani?
Io e Alessandro ci abbiamo messo la faccia, ma secondo me negli anni a venire ci saranno sempre più passaggi di corridori giovani. Penso che il ciclismo sarà questo. Non so se sia un bene o un male, ma più andremo avanti e più sarà così.

La squadra vi sta anche facendo da chioccia, immagino.
Esatto. Ci dicono sempre di stare tranquilli, di non leggere i giornali, non ci fanno sentire la pressione. Dicono che sanno quanto valiamo e che lavorando bene otterremo risultati, in futuro.

Ti ha colpito qualcosa in particolare dell’ambiente Bardiani?
Il fatto che qua siamo trattati benissimo. Di mio sono un po’ timido, mi vergogno a chiedere le cose. Ma qui mi dicono di stare tranquillo, di riposarmi, che sono un atleta. E questa cosa mi suona un po’ assurda.

C’è un messaggio che vuoi lanciare ai giovani ciclisti?
Andate in bicicletta per divertirvi. Se uno si diverte i risultati arrivano da sé. Non serve esasperare il risultato. Io non vincevo mai quando ero più piccolo, ho iniziato da juniores. In un anno è successo tutto, non me lo aspettavo neanche io. Ma nel profondo ci credevo, e ora sono qui anche io.

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