Bici Truccate, chiusa per non luogo a procedere l’inchiesta in Francia: Per Jean-Christophe Péraud “al 99% non c’è nessun motore in gruppo”

Il tanto temuto Doping Tecnologico non è stato trovato. Secondo quanto rivela oggi l’Equipe, l’inchiesta che era stata avviata in Francia per determinare se vi era stato un patto di corruzione al più alto livello internazionale, coinvolgendo corridori di primo piano, squadre, aziende e autorità del ciclismo, è stata chiusa con una sentenza di non luogo a procedere. Partita al termine del 2017 dopo che qualche mese prima era stato trovato in Francia un amatore che faceva uso di una bici truccata, un anno dopo quello che resta sinora l’unico caso a livello di corse ufficiali, ovvero quello della giovane u23 belga Femke van der Driessche durante i mondiali di ciclocross di Zolder. Condannata in seguito a sei anni di squalifica, la giovane resta l’unico ciclista ad oggi squalificato per Doping Tecnologico.

Nel frattempo l’UCI si era comunque mossa, specialmente dopo l’insediamento di David Lappartient che aveva fatto del tema uno dei fulcri della propria campagna. Aveva dunque istituito una apposita commissione, presieduta da Jean-Christophe Péraud. Numerosi i sospetti che nel frattempo si sono riversati per alcuni filmati, spesso incompleti, in cui si vedeva la ruota dei corridori muoversi in maniera sospetta, con anche le Iene ad occuparsene in Italia. Da allora sono stati inseriti numerosi controlli tramite scanner portatile, videocamere termiche o tramite dei tablet che hanno visto commissari UCI aggirarsi in partenza e arrivo per verificare le bici dei partecipanti. Malgrado le polemiche e alcune inchieste abbiano nel frattempo portato ad alcuni dubbi riguardo l’efficacia di questi strumenti, anche l’inchiesta dei giudici transalpini – che hanno parlano anche con Stefano Varjas (l’autonominato inventore delle bici a motore) ritenendolo poco affidabile e piuttosto incline al millantare – non ha portato ad alcun sospetto di utilizzo.

Una teoria confermata anche dalle parole dell’ex professionista francese, che in quanto responsabile della commissione dedicata aveva ammesso la perfettibilità dei controlli. Tuttavia, secondo lui, “al 99% non c’è alcun motore in gruppo“. I controlli comunque continueranno in corsa, con i commissari UCI che proseguiranno a verificare tutte le bici degli atleti in gara.

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