Giro d’Italia 2023, reazioni contrastanti in gruppo dopo l’accorciamento della tappa alpina: “Se non piace correre si può cambiar lavoro” – “Impensabile fare due discese a zero gradi”

La tappa numero 13 del Giro d’Italia era molto attesa. Dopo aver vissuto giorni complicati già in fase di avvicinamento,  la frazione prevista da Borgofranco d’Ivrea alla località svizzera di Crans Montana non sarà però affrontata com’era nelle intenzioni degli organizzatori della Corsa Rosa. Nel programma di giornata infatti sono rimasti solo 75 chilometri, con al loro interno la salita (e la discesa) della Croix de Coeur e l’ascesa finale verso la località sciistica elvetica. La decisione finale in merito all’accorciamento del percorso è arrivata giusto qualche minuto prima rispetto all’orario originario di partenza, dopo lunghe discussioni fra corridori, squadre e organizzatori.

In gruppo, comunque, non c’è un pensiero unanime sulla vicenda. Il racconto di Carlos Verona, esperto corridore della Movistar: “19 squadre (su 22 – ndr) volevano modificare la tappa, ma la proposta era di quella saltare la Croix de Coeur, in modo da evitare di fare tre grandi salite. Avremmo potuto fare il San Bernardo, scendere a valle e terminare la frazione. RCS però ha fatto la controproposta che poi è stata da noi votata e accettata. Anche noi corridori vogliamo garantire lo spettacolo e non vogliamo fare una guerra. Forse – prosegue lo spagnolo – sarà anche meglio così, visto che verrà fuori una tappa corta ed esigente. Ma fare due ore in sella sotto la pioggia e al freddo è meglio che farne cinque”.

Il nocciolo della questione, quindi, pare non essere il fatto di dover andare oltre i 2mila metri, considerato anche il fatto che il Grand Saint-Bernard era già stato ridotto per via dell’impraticabilità della strada, ma un lungo sforzo da fare sotto pioggia e freddo: “Fare due discese del genere con 0 gradi non è possibile – le parole ai nostri microfoni di Thibaut Pinot – Ci sono troppi fattori in ballo oggi tra freddo e pioggia. Poi siamo tutti già cotti e in questo Giro d’Italia non sono neanche iniziate le salite. Capisco bene gli organizzatori, ma bisogna capire anche i corridori”.

Jack Haig la vede in modo abbastanza diverso: “Non sono granché d’accordo con la decisione presa – le parole dell’australiano della Bahrain Victorious ai nostri microfoni – Non volevamo fare la seconda salita perché la discesa è pericolosa e perché non avremmo avuto il tempo di vestirci adeguatamente. Invece adesso partiamo proprio ai piedi di quella salita: si andrà subito a tutto, saremo vestiti leggeri e poi in discesa quelli rimasti indietro dovranno provare a rientrare senza avere il tempo di vestirsi. È un compromesso che proprio non capisco“.

Netta la posizione di Gianni Moscon, intervistato dalla RAI: “Se si fosse lasciata la tappa com’era, chi voleva continuare continuava e chi voleva fermarsi era libero di farlo  – le parole del portacolori dell’Astana Qazaqstan – Non l’ha ordinato il dottore di correre in bicicletta, se non ci piace possiamo anche cambiare lavoro. Gli organizzatori si sono mossi a vantaggio di noi corridori e vanno ringraziati. Mi dispiace per loro. Queste decisioni all’ultimo momento creano scompiglio, ma è anche vero che questo sport è fatto così”.

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