I Volti Nuovi del Gruppo, Moreno Marchetti: “Mi ispiro a Cavendish, voglio far bene anche su pista”

L’appuntamento odierno per la rubrica dei Volti Nuovi del Gruppo ci permette di conoscere meglio Moreno Marchetti. Vincitore di diverse corse importanti da dilettante, il classe ’98 ha firmato il suo primo contratto da professionista con la Neri Sottoli-Selle Italia-KTM, formazione Continental Pro italiana con la quale ha già corso nel finale della scorsa stagione in qualità di stagista. Schierato al fianco di Jakub Mareczko nei due Tour of China e nel successivo Tour of Qinghai Lake, il ciclista veneto ha messo in mostra le sue doti e si prepara ad affrontare la sua prima stagione tra i professionisti del ciclismo.

Come ti sei avvicinato al ciclismo?

Quando avevo sei anni è venuta nella nostra scuola una squadra di ciclismo di un paese vicino a dove abito perché cercava degli atleti da inserire dei giovanissimi. Allora ho detto: “Vado a provare”. Nella mia famiglia non c’era nessuno che correva, ma ho deciso di fare un tentativo. I miei genitori mi hanno accompagnato e mi sono divertito molto. Ci allenavamo nei velodromi dell’atletica, ho fatto un po’ di prove con le bici, mi sono divertito e ho iniziato a frequentare il posto. Mi sono iscritto e con il passare degli anni sono arrivato qua.

Quindi si può dire che sia nata subito la passione per il ciclismo?

Sì, è nata subito ma per caso, senza un motivo particolare.

Che tipo di corridore sei?

Mi definisco un velocista, però negli ultimi due anni da dilettante sono riuscito a vincere corse anche un po’ più dure, con salite impegnative. Lavorando un po’ di più su quest’aspetto della salita e sul ritmo, avendo fatto lo stage in Cina ho visto che è tutto diverso nei ritmi quando la strada sale, e bisogna essere in grado di rimanere in gruppo per poi sprintare. Devo dire che sono riuscito a tenere bene anche sugli strappi. Mi definisco un velocista, però nelle gare miste di media difficoltà da dilettante ho saputo dire la mia. Ora bisogna vedere qui tra i professionisti, perché comunque cambia il ritmo. Bisogna allenarsi soprattutto su quest’aspetto.

Com’è stato il tuo impatto con il professionismo?

È stata una bellissima esperienza. Sono andato a correre in Cina, e nonostante il livello non fosse altissimo c’erano squadre importanti e corridori importanti. Quando ho avuto la possibilità di fare le mie volate insieme a Mareczko mi sono reso conto un attimo di come muovermi e i compiti di un velocista. Comunque è tutto un altro mondo rispetto ai dilettanti. Quando passi di qua tra i professionisti non dico che devi essere già pronto ma quasi. Non è stato facile. Ormai devi essere preparato subito, in ogni sport i ragazzi vengono presi in età sempre più giovani, il fatto che ho solo vent’anni non è una scusa per non riuscire a fare bene.

Noti qualche differenza tra il periodo di stage e i tuoi primi mesi da professionista?

L’unica differenza che ho notato è che essendo una squadra Professional, e dunque legata agli inviti, non ho ancora un calendario definito. Quando ho iniziato lo stage sapevo di dover correre in Cina, e quindi quali corse affrontare. Adesso invece non ho ancora un mio calendario, bisogna allenarsi e farsi trovare pronti per quando arriva la convocazione.

Sai già quando debutterai?

Al momento no. Ho parlato con la squadra e vogliono farmi debuttare su una corsa che sia adatta alle mie caratteristiche. Andare a fare una corsa a tappe troppo dura per me non avrebbe senso, andrò dove avrò qualche possibilità di raccogliere un risultato. Sto aspettando che arrivi qualche invito in qualche corsa che loro ritengono adatta alle mie caratteristiche. Da ciò che ho capito dovrei iniziare a correre all’inizio di marzo, ma non ne sono certo. Mi hanno solo detto di tenermi allenato e di farmi trovare pronto.

Qual è il tuo ricordo più bello della tua carriera da dilettante?

Il mio ricordo più bello è la vittoria alla Due Giorni Marchigiana. Avevo lavorato tanto per arrivare in forma a quella gara, che è nazionale. L’altra gara che mi è rimasta nel cuore è la Pistoia-Fiorano. Anche lì mi ero preparato bene prima con la squadra. Avevo già firmato con la Wilier, però volevo far vedere che potevo competere anche in corse non piatte. Quando ho vinto la Pistoia-Fiorano ho capito che posso dire la mia anche su percorsi difficile. Per me era una prova e l’ho vinta, la soddisfazione è stata doppia.

Qualche rammarico?

L’unico è che ho lasciato la pista alla fine del secondo anno junior. Avevo fatto due anni ad alti livelli con la nazionale junior, tra Europei e Mondiali. Poi quando sono passato dilettante l’ho lasciata per concentrarmi sulla strada. Ora aspetto di iniziare la stagione su strada e di raccogliere qualche risultato lì, ma più avanti mi piacerebbe tornare su pista, magari partecipare a qualche prova di Coppa del Mondo o a una sei giorni. Vorrei tornare anche perché ti dà un buon allenamento anche per la strada e ti permette di fare lavori importanti.

Secondo te dunque è possibile conciliare il binomio strada-pista?

Naturalmente sì. Di Elia Viviani ce n’è uno, corridori come lui e Cavendish, che vincono sia su strada sia su pista, sono davvero rari. Però secondo me è possibile, anche se non è facile. Devi essere bravo a tenere le due cose separate, se ti alleni per una non perdi una corsa dell’altra. Ma ci sono gli esempi virtuosi di chi riesce a fare entrambe. Comunque sia, anche se riprendessi la pista sarebbe un obiettivo secondario rispetto alla strada. Ma la pista mi è rimasta nel cuore e spero di poterci tornare.

Qual è il tuo obiettivo per il 2019?

Per quest’anno l’obiettivo, e anche un po’ il sogno, è conquistare una corsa, o una tappa.

Quali sono invece le tue corse preferite?

Quella che mi appassiona di più è la Parigi-Roubaix. Sarebbe un sogno anche solo partecipare, perché vincere sarebbe più di un sogno. Anche il Giro delle Fiandre mi piace molto. Ho avuto la fortuna di fare la Parigi-Roubaix con gli under e mi sono subito innamorato. Come corsa è spettacolare, mi viene voglia di guardarla tutta ogni anno, davanti alla televisione. È la più bella di tutte, per il pubblico, per l’emozione, per la sua storia.

Preferiresti vincere un oro olimpico su pista o una tappa in un Grand Tour su strada?

Secondo me l’oro olimpico ti fa ricordare per sempre. È rarissimo, capita una volta ogni quattro anni. L’Olimpiade è sempre imprevedibile, l’oro olimpico è il raggiungimento della vittoria totale. Se lo vinci hai raggiunto il livello massimo.

C’è un corridore a cui ti ispiri?

Ho iniziato a fare le volate perché mi piaceva Mark Cavendish nella HTC, nel 2010-2011, l’anno dopo poi ha anche vinto il mondiale. Io ero ancora esordiente, vedevo le sue volate e volevo copiarlo. Cercavo di fare di tutto per imitarlo, anche partire il più in avanti possibile in volata come posizione, come lui all’epoca. Mi emozionava molto. Personalmente però sarebbe perfetto diventare competitivo come Peter Sagan e Greg Van Avermaet, che sono corridori completi, in grado di vincere e di andare forte in volata, ma anche in gruppetti ristretti e su percorsi più mossi. Poi entrambi fanno forte da gennaio a ottobre.

Quest’anno potresti incontrare Cavendish da avversario…

La prima cosa che gli chiederò sarà una foto, sicuramente. E anche un autografo.

Con chi ti sei trovato meglio nel gruppo della Neri Sottoli-Selle Italia-KTM?

Io conoscevo già Simone Bevilacqua, è un ragazzo che abita vicino alle mie zone. Ha corso con me da junior e dilettante. Anche gli altri ragazzi mi hanno accolto già come uno di loro, quindi ho trovato un bell’ambiente con tutte le persone positive, quindi l’ambiente è sereno. Ho trovato persone che mi hanno accolto subito, l’ambiente è molto bello.

Come commenti la decisione di RCS di non invitare la vostra squadra al Giro d’Italia?

Preferisco non dire niente e non espormi. Da corridore della Neri Sottoli-Selle Italia-KTM mi dispiace, sarebbe bello che ogni anno venissero invitate tutte le italiane.

Sentendo le dichiarazioni dei tuoi compagni di squadra, l’impressione è che comunque la notizia abbia dato un’ulteriore motivazione al gruppo.

Certo, l’unica cosa da fare è rimboccarsi le maniche e cercare di far risultato per far vedere che se ci fossimo stati avremmo potuto dire la nostra. Ora bisogna pedalare e far parlare i fatti.

L’anno scorso in Cina sei sempre stato al fianco di Mareczko. Quanto è stato importante per la tua crescita? Ora che ha scelto di cambiare squadra, vuoi prendere il suo posto nelle gerarchie del team?

Per quanto riguarda Kuba, mi sono trovato subito bene con lui. Fin da quando sono arrivato mi ha detto: “Tu segui me, ti insegno un po’ come muoverti”. Anche fuori dalla corsa è un ragazzo molto simpatico, gli piace scherzare e stare in compagnia. A livello di squadra era davvero un leader, parlo al passato perché ovviamente non so come sia ora in CCC. Quando il team mi ha preso un paio di anni fa la mia specialità erano le volate, è innegabile. Ora non dico che voglio prendere il suo posto perché lui con la Wilier ha vinto tantissimo, però il mio obiettivo è cercare di fare il meglio possibile.

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