Pagelle Giro d’Italia 2021: a Egan Bernal serve la lode per superare Damiano Caruso, Vincenzo grazie per il tuo coraggio, ma quanta sfortuna…

Egan Bernal (Ineos-Grenadiers), 10 e lode: Arrivava con qualche dubbio sulla sua condizione fisica, esce dal Giro d’Italia con il secondo Grand Tour in bacheca, a soli 24 anni. Ma soprattutto, con la capacità di correre da leader in una competizione in cui tutti guardavano a lui in ogni tappa. Nelle prime due settimane parte all’attacco ogni volta in cui la strada sembra dargliene l’occasione, prendendosi tappa e maglia rosa a Campo Felice. Si ripete a Cortina d’Ampezzo, mettendo di fatto in ghiaccio la corsa prima ancora dell’inizio della terza settimana. Supportato da un’ottima squadra, controlla con intelligenza sulle ultime salite, salvo quel piccolo fuori giro a Sega di Ala che sembrava costargli caro. Ma da campione intelligente oltre che fenomenale, impara subito dai suoi errori e si limita ad amministrare il grande vantaggio negli ultimi tre giorni. È un campione, niente da aggiungere.

Damiano Caruso (Bahrain Victorious), 10: Il siciliano ci ha fatto emozionare e commuovere con un Giro d’Italia corso in maniera impeccabile. Partito con il compito di scortare Mikel Landa, con il ritiro del basco si ritrova con i gradi di capitano e un’occasione più unica che rara. Fin dalla prima settimana dimostra di essere pronto per ricoprire il ruolo, correndo con intelligenza con i migliori anche sulle salite più dure e sullo sterrato. Ritrovatosi in piena lotta per il podio, prima gestisce le sue forze sugli attacchi di Egan Bernal, poi prova a prendersi ulteriori soddisfazioni personali: la vittoria di tappa sull’Alpe Motta è un gioiello di rara bellezza. Sempre generoso per i compagni in corsa, il ragusano si prende un secondo posto in classifica generale che impreziosisce una carriera di grandissima solidità. Un esempio di professionalità e dedizione, che ci ha fatto emozionare per tre settimane.

Filippo Ganna (Ineos Grenadiers), 9: Oltre ad essere emblema dello straordinario lavoro della corazzata britannica per il proprio capitano, il campione del mondo torna a dominare la crono dopo una breve parentesi, conquistando prima e ultima tappa di un altro Giro vissuto da grandissimo protagonista. Se certe volte è un peccato non vederlo avere maggiori libertà, la sua dedizione e il modo in cui lo svolge sono uno spettacolo per gli occhi, simbolo di un ciclismo altruista e di grande passione di cui fanno parte anche tutti i suoi altri compagni, partendo dall’altro grande uomo per le pianura Salvatore Puccio (8,5).

Simon Yates (Team Bike Exchange), 8,5: Il britannico conferma le sue grandi qualità in salita, ma anche la sua incostanza. Nella prima settimana soffre senza tuttavia perdere troppo terreno, poi a soli due giorni di distanza prima piazza l’attacco sul Monte Zoncolan, poi rischia di naufragare verso Cortina d’Ampezzo. Nella terza settimana vince da campione sull’Alpe di Mera, muovendosi a più di sei chilometri dall’arrivo e dando l’impressione di poter riaprire il Giro. Fuoco fatuo, per uno sforzo che paga il giorno successivo, ma il terzo posto in classifica generale è comunque un bel risultato, non a caso il migliore in carriera sulle strade della corsa rosa.

Daniel Martinez (Ineos Grenadiers), 8,5: Inizialmente poco appariscente, emerge con prepotenza con il passare delle tappe fino a diventare, assieme ad un sempre presente Jonathan Castroviejo (8,5), l’uomo più prezioso al fianco di Bernal in montagna , colui che lo salva dal tracollo nel momento di crisi e che in molte occasioni lo scorta sin quasi al traguardo facendo scompiglio degli altri uomini di classifica. Tanto che alla fine se li mette a sua volta quasi tutti dietro, fino a chiudere con una splendida quinta posizione finale.

Joao Almeida (Deceuninck-QuickStep), 8: Fare meglio dello scorso anno era molto difficile. E se non ci riesce forse non è tutta colpa sua… Sacrificato troppo presto alla causa di Evenepoel in seguito ad una giornata storta, il portoghese emerge con prepotenza tanto da risultare tra i migliori in assoluto nella terza settimana, nella quale compie una straordinaria rimonta che lo vede chiudere sesto, nello stesso tempo del quinto. Meno bene dell’anno scorso, ma nel complesso la sua appare una prestazione più solida.

Caleb Ewan (Lotto Soudal), 8: Il suo Giro dura appena sette tappe, ma di queste ne vince due confermandosi velocista funambolico, all’altezza di una squadra costruita attorno a lui e che con il suo ritiro si sgretola. Il suo ritiro resta forse un po’ avvolto nei dubbi, o quantomeno leggermente prematuro, ma dal suo punto di vista l’assalto alla tripletta stagionale nei GT è iniziata più che bene.

Lorenzo Fortunato (Eolo-Kometa), 8: Se riesci a far commuovere uno come Alberto Contador vuol dire che hai fatto una grande impresa. Il bolognese vive sullo Zoncolan la giornata migliore della sua carriera e si regala uno straordinario successo di tappa. Ma anche nelle altre tappe in salita lo si vede spesso pedalare nel gruppo dei migliori, facendo presagire per lui un importante futuro da uomo di classifica, con il 16° posto finale che appare come antipasto di una carriera che può regalargli altre grandi soddisfazioni.

Alberto Bettiol (EF-Nippo), 8: Si era presentato alla partenza di questo Giro dopo una campagna nelle classiche non esaltante, ma la sua prestazione sulle tre settimane conferma una volta di più il suo grande talento. Vince da protagonista assoluto, in fuga, una tappa difficile da interpretare come quella di Stradella, cogliendo il suo primo successo in carriera in un Grand Tour. Non era scontato, soprattutto perché ha dovuto spendere diverse energie per proteggere il proprio capitano Hugh Carthy, che ha scortato anche su arrivi sulla carta meno adatti alle qualità del toscano, come a Sega di Ala.

Peter Sagan (Bora-hansgrohe), 8: Non è più appariscente come un tempo, ma sa essere molto più concreto. Come l’anno scorso si va a prendere di forza la sua vittoria di tappa e stavolta si porta anche a casa la Maglia Ciclamino, grazie alla sua grande regolarità e una buone dose di calcoli e ragionamenti che gli permettono di tenersi alle spalle rivali molto agguerriti.

Aleksandr Vlasov (Astana-Premier Tech), 7,5: Il russo corre un Giro molto regolare, senza acuti particolarmente intensi ma nemmeno crisi nere. Ha il coraggio di prendersi la responsabilità di far lavorare la squadra verso lo Zoncolan, salvo poi rimbalzare sulle pendenze più dure. Il quarto posto in classifica generale certifica la sua costanza, anche se sembra mancargli ancora qualcosa per competere realmente a pari con i più forti. A 25 anni già compiuti, ha sicuramente il tempo per crescere ulteriormente.

Romain Bardet (Team DSM), 7,5: Arriva senza grandi clamori e finisce per essere tra i migliori in salita, pur senza essere mai molto incisivo, né ripetere gli exploit del passato. Ha comunque il merito di non voler correre sempre di rimessa, dando il via all’azione che incorona Caruso. Non è ancora tornato quel corridore pimpante capace di salire due volte sul podio del Tour correndo anche con coraggio, ma è sicuramente un passo avanti rispetto a quanto visto negli ultimi tempi.

Giacomo Nizzolo (Qhubeka-Assos), 7,5: Dopo tanti piazzamenti che ne ribadiscono ancora una volta di essere tra i migliori al mondo, riesce finalmente a conquistarsi quella vittoria al Giro che accarezzava con amarezza da anni. Stremato, lascia poi la Corsa Rosa per non sovraccaricarsi in vista del resto della stagione.

Tim Merlier (Alpecin-Fenix), 7,5: Continuano le dimostrazioni del velocista belga, che ormai è una realtà affermata anche a livello internazionale. Forse lo splendido successo nella prima tappa in linea poteva far pensare che avrebbe potuto anche raccogliere qualcosa in più, ma sarebbe ingiusto nei confronti di un corridore che ha saputo raggiungere il suo obiettivo senza farsi sconfiggere dalle pressioni.

Alessandro De Marchi (Israel Start-Up Nation), 7,5: Due giorni che valgono come riconoscimento di una carriera. Grazie ad una fuga che è ormai il suo marchio di fabbrica, il Rosso di Buja si colora di Rosa per 48h da sogno. Poi esce di classifica e si vede purtroppo abbastanza poco fino all brutta caduta che lo costringe a vedere il reste del Giro dal letto.

Mauro Schmid (Qhubeka-Assos), 7,5: A Montalcino tutti si aspettavano i big e invece, grazie alla fuga, è il suo nome quello che lo speaker fa risuonare nelle casse all’arrivo. Una giornata perfetta per il neo-pro svizzero, che insieme ad Alessandro Covi, si libera di tutti gli altri attaccanti di giornata e poi nel finale regola l’italiano in volata, regalandosi il primo importante successo di una carriera che si preannuncia scintillante.

Victor Campenaerts (Qhubeka-Assos), 7,5: Dopo numerosi tentativi trova finalmente uno splendido successo in un Giro vissuto sempre all’attacco, per sé stesso o per la squadra. Da cronoman si sta trasformando sempre di più in uomo da fughe, con la capacità anche di giocarsi le sue carte su più tipi di terreno, oltre a rivelarsi molto prezioso peri suoi compagni.

Gino Mäder (Bahrain Victorious), 7,5: Dopo la beffa della Parigi-Nizza, si prende la soddisfazione di ottenere il primo grande successo dopo il passaggio da professionista. E lo fa sulle strade di un grande Giro, in una tappa con arrivo in salita, resistendo stavolta alla grande al ritorno dei big, categoria di cui si appresta a far parte. Si ritira nel corso della dodicesima tappa, sofferente per le cadute dei giorni precedenti, nemmeno lui esente dalla sfortuna che colpisce la Bahrain Victorious nella prima parte di corsa, ma il suo Giro ormai era già un successo.

Edoardo Affini (Jumbo-Visma), 7,5: Non vince, ma convince eccome. A crono è ormai a livello dei migliori, ma anche nelle altre tappe ha dimostrato di poter avere la possibilità di giocarsi le sue carte e quel secondo posto di Verona brucia ancora… Passista straordinario, è anche un corridore che può giocare un ruolo fondamentale per la squadra, compito per il quale non si tira indietro.

Andrea Vendrame (Ag2r Citroën), 7,5: Una vittoria sudata, cercata e ottenuta meritatamente per il veneto, che in passato si è piazzato tante volte senza riuscire a ottenere il colpaccio vincente. La sua giornata di gloria arriva verso Bagno di Romagna, centrando la fuga giusta e muovendosi sempre perfettamente. Che sia davvero il trampolino di lancio per un corridore forse ancora non pienamente consapevole delle sue grandi qualità.

Geoffrey Bouchard (Ag2r Citroën), 7,5: Il francese vive un Giro costantemente all’attacco, strategia che gli permette di conquistare abbastanza presto la maglia azzurra e di mantenerla anche quando le salite si fanno più dure. Come più volte dichiarato nelle interviste, l’obiettivo principale era il successo di tappa, ma anche la classifica scalatori è un risultato di prestigio da aggiungere in bacheca, per il quale nelle ultime tappe si è concentrato e non ha fallito l’obiettivo.

Taco van der Hoorn (Intermarché-Wanty-Gobert), 7,5: Per lui, che a dicembre sembrava dover correre questa stagione con un team Continental, essere al Giro poteva essere già un successo. Ma nella terza tappa centre la fuga giusta e riesce a gestirsi benissimo, beffando i velocisti sul traguardo di Canale e facendo emozionare tutto il pubblico incollato alla tv andandosi a prendere un grandissimo successo di tappa.

Victor Lafay (Cofidis), 7,5: Tra i vincitori di tappa il suo era uno dei nomi meno attesi. Il francese però è bravo ad andare in fuga nella frazione giusta e a partire nel momento giusto, andando a riprendere Carboni, che aveva attaccato in precedenza, e resistendo al ritorno di Gavazzi. Il suo successo, peraltro, salva il Giro della Cofidis, che era venuta per vincere tappe con Viviani,  ma rischiava di rimanere a bocca asciutta.

Attila Valter (Groupama-FDJ), 7: L’ungherese si inserisce nella fuga giusta nella quarta tappa e poi stringe i denti per conquistare la maglia rosa sull’arrivo di Ascoli Piceno. Per tre giorni conserva il simbolo del primato, momento più alto della sua carriera finora, per poi scivolare sempre più giù in classifica generale. Alla fine il piazzamento nella top 15, a 22 anni, è comunque un risultato da cui provare a costruire qualcosa di più importante in futuro.

Remi Cavagna (Deceuninck-QuickStep), 7: Non riesce a vincere, ma non è certo per mancanza di tentativi. Il francese si conferma tra i cronoman migliori al mondo, nonché tra i corridori più generosi e coraggiosi del gruppo, provando ad attaccare ogni volta ne ha l’occasione e i suoi compiti di gregariato glielo consentono. La sfortuna ci mette anche più volte lo zampino…

Giulio Ciccone (Trek-Segafredo), 7: Partito in maniera eccezionale, vive un leggero calo a partire dalla seconda settimana, ma resta nelle posizioni di vertice fino ad una sfortunata caduta che lo costringe al ritiro. Arrivato a questo Giro in cerca di risposte per sé stesso, la squadra e il pubblico italiano, le ha trovate e le ha date: l’abruzzese è uno scalatore tra i migliori in gruppo e nei grandi giri può assolutamente dire la sua. Lo aspettiamo e alla prossima Vuelta.

Joe Dombrowski (UAE Team Emirates), 7: La promessa mai mantenuta fa il suo primo squillo in una carriera che finora stentava a decollare. Lo statunitense corre con grandissima intelligenza nella quarta tappa, facendo lavorare De Marchi, meglio piazzato in classifica generale, per poi staccarlo sulla salita finale e involarsi verso il successo e la maglia azzurra. Non fa in tempo a lottare anche per l’altro sogno, la maglia rosa, fermato prematuramente dalla caduta che mette fine al suo Giro e a quello di Landa. Siamo curiosi di rivederlo in futuro.

Tobias Foss (Jumbo-Visma), 6,5: Settimana molto regolare per il norvegese, partito per supportare George Bennett e poi diventato capitano a seguito del crollo del neozelandese. Terzo nella cronometro d’apertura, nono sull’Alpe di Mera e poi in classifica generale, il classe ’97 conferma di avere il motore giusto per competere sulle tre settimane. Molto bene la costanza, gli manca ancora quella fiammata in più in salita per poter ambire a un piazzamento più importante.

Hugh Carthy (EF Education – Nippo), 6,5: Un Giro in calando per il corridore britannico, partito con l’intenzione di confermare il podio della scorsa Vuelta. Partito bene, con prestazioni solide che sembravano portarlo sulla buona strada, con il passare delle tappe e delle settimane cala e perde posizioni proprio quando le sue ambizioni sembravano centrate. Pur non al meglio si conferma tra i migliori scalatori al mondo, ma il suo è un passo indietro.

Daniel Martin (Israel Start-Up Nation), 6,5: L’irlandese era partito con ambizioni ben diverse dopo il quarto posto alla scorsa Vuelta a España. Già poco brillante sui primi arrivi in salita, esce definitivamente fuori classifica sullo sterrato verso Montalcino. Da quel momento tuttavia il suo Giro cambia tendenza e la sua condizione cresce, fino a permettergli di ottenere un bel successo di tappa con la fuga di Sega di Ala. Proprio andando all’attacco e approfittando di qualche forfait, alla fine porta anche a casa una top ten in classifica generale. Il decimo posto non rispecchia a pieno le sue qualità, ma rimane il miglior risultato in carriera nella corsa rosa.

Davide Cimolai (Israel Start-Up Nation), 6,5: Tanti piazzamenti per il friulano, che viene beffato da Van der Hoorn a Canale in una tappa che altrimenti sarebbe anche potuta essere sua. Nonostante non abbiamo un treno completo a sua disposizione, si butta dentro più volte nella mischia, ottenendo due secondi, un terzo e un quarto posto. Essere marcato da Sagan per la maglia ciclamino è di per sé già una bella soddisfazione.

Remco Evenepoel (Deceuninck-QuickStep), 6: La prima grande sconfitta della sua giovane carriera. A farlo abbandonare la corsa è una caduta in discesa fortunatamente senza conseguenze a lungo termine, ma ormai la sua fase discendente era già iniziata. Tuttavia, aveva voluto continuare la corsa con l’intenzione di puntare almeno ad un successo di tappa, segno di grande determinazione anche nei momenti difficili. Al debutto in un GT, al ritorno dopo nove mesi e costretto a restare completamente fermo questo inverno, il talentino belga sfiora anche la prima maglia rosa in carriera nella prima settimana. Per le premesse con cui si presentava, è impossibile bocciarlo.

Dylan Groenewegen (Jumbo-Visma), 6: Dopo una lunghissima assenza per l’incidente provocato al Giro di Polonia, torna alle corse direttamente in una corsa di altissimo livello. Un cambio di piani importante, che sia mentalmente che fisicamente era tutt’altro che semplice. Riesce a gettarsi comunque nella mischia degli sprint, raccogliendo qualche discreto piazzamento. Pochissimo per il corridore che era, ma un segnale importante per un ritorno a quel livello.

Elia Viviani (Cofidis), 5,5: Partito bene, cala con il passare dei giorni. Nelle prime tappe riesce a ottenere due podi di giornata, resistendo anche in qualche tappa più dura, facendo ben sperare per il prosieguo. Dopo il terzo posto nella quinta tappa, però, praticamente non lo si vede più e anche nella sua Verona sprinta lontano dai giochi per il successo di tappa. Durante il Giro, però, gli arriva la notizia che sarà portabandiera dell’Italia alle Olimpiadi, un grande successo personale e un importante spot per l’intero movimento.

Fernando Gaviria (UAE Team Emirates), 5,5: Il colombiano ancora non trova il colpo di pedale giusto per tornare al successo di tappa, nonostante una squadra compatta al suo fianco. Secondo a Foligno, è forse l’unica occasione in cui dà l’impressione di poter realmente lottare per la vittoria. Si muove troppo tardi anche per provare concretamente a lottare per la maglia ciclamino.

George Bennett (Jumbo-Visma), 5,5: Il neozelandese finisce presto fuori dalla classifica generale, evidentemente in ritardo di condizione, ma diventa poi spesso protagonista nelle fughe. Peccato che, nonostante venga spesso messo nella posizione migliore, non riesca mai a portare a termine il lavoro. Due i rimpianti in particolare: sullo Zoncolan, dove appariva il favorito tra i fuggitivi, e a Bagno di Romagna, dove ha forse sprecato un’occasione importante. Per maggiori informazioni su quest’ultima, citofonare a casa Brambilla.

Davide Formolo (UAE Team Emirates), 5: Si presentava al Giro con l’ambizione di fare classifica generale e capire le sue potenzialità nelle tre settimane, ma ancora una volta incappa in qualche giornata storta di troppo. Finito lontano dai migliori nella tappa di Montalcino, il trentino stavolta non trova neanche la gamba e la giornata giusta per trovare un successo di tappa. Dopo la fuga verso l’arrivo di Cortina d’Ampezzo, scompare totalmente nella terza settimana, rimanendo lontanissimo da un piazzamento nei dieci che era davvero alla sua portata.

Bauke Mollema (Trek-Segafredo), 5: Sembra davvero difficile credere che un corridore con le sue qualità possa presentarsi al Giro d’Italia con l’unico obiettivo di vincere una tappa e non riuscire nell’intento, mai per colpa di eventi sfortunati. Riesce a entrare nei tentativi giusti in alcune giornate, mai a trovare il colpo vincente. Anche lui è uno dei grandi delusi dello Zoncolan, giornata che sembrava perfetta per esaltarlo.

Mikel Landa (Bahrain-Victorious), sv: Sembrava in grande forma, pronto per lottare per quel successo a cui ambisce da anni, ma la sfortuna ci mette lo zampino e il suo Giro finisce sul nascere.

Pavel Sivakov (Ineos Grenadiers), sv: Il suo Giro finisce contro un albero durante la quarta tappa. Era partito come principale alternativa a Bernal, in una Ineos che è comunque riuscita a fare un Giro straordinario, ma la sua corsa finisce prematuramente. L’età è dalla sua parte e sicuramente avrà altre occasioni.

Domenico Pozzovivo (Qhubeka-Assos), sv: Non sembrava certo al meglio delle sue straordinarie abilità, ma impossibile sapere cosa sarebbe potuto riuscire a cogliere in un Giro che per uno scalatore come lui offriva molte possibilità.

Matej Mohoric (Bahrain-Victorious), sv: Apparso grintoso e motivato come al suo solito, vede il suo Giro finire con uno spaventoso volo che fortunatamente ha conseguenze decisamente minori vista la dinamica.

Fausto Masnada (Deceuninck-Quickstep), sv: Colpito da una tendinite, soffre in silenzio ma deve arrendersi ad una forma che non arriva mai.

Jai Hindley (Team DSM), sv: Dolorante fin dai primi giorni, non trova mai il colpo di pedale giusto ed è costretto a lasciare prima ancora che inizino le montagne dure.

Emanuel Buchmann (Bora-Hansgrohe), sv: Il tedesco non è certo un campione nella fortuna. Sesto in classifica generale, viene forzato al ritiro nella maxi caduta della quindicesima tappa, quando sembrava in costante crescita.

Marc Soler (Movistar), sv: Il suo Giro non era dei migliori, ma potenzialmente avrebbe avuto ancora molte occasioni per farsi notare e risalire in classifica o puntare ad un successo di tappa. Purtroppo, una caduta lo costringe ad un ritiro dai mille rimpianti.

Vincenzo Nibali (Trek-Segafredo), menzione speciale: Impossibile giudicare il Giro del siciliano, che ha fatto i salti mortali per essere al via della corsa nonostante l’infortunio al polso rimediato in allenamento e poi per onorarla a seguito della caduta rimediata all’inizio della terza settimana. Quello tra Vincenzo e il Giro è un amore reciproco che ogni anno scrive un capitolo nuovo, anche quando le condizioni non sono le migliori. Grazie comunque, Vincenzo.

Riccardo Minali (Intermarché-Wanty-Gobert), 10: Il voto che tutti meritano per aver anche “solo” portato a termine una corsa così dura quest’anno va al 26 figlio d’arte, che al suo primo GT della carriera non riesce mai a trovare realmente il colpo di pedale per giocarsi le sue carte allo sprint, ma non molla mai, giungendo a Milano con grande determinazione.

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