Trek-Segafredo, Gianluca Brambilla: “Quest’anno corro Giro e Vuelta. Sogno Tokyo, poi una tappa al Tour”

Gianluca Brambilla ha le idee chiare per la stagione e il futuro. Sia a livello di obiettivi, sia nel cassetto dei sogni. Il ciclista lombardo ha firmato un rinnovo di contratto biennale con la Trek-Segafredo, squadra che gli ha dato fiducia sia nella formazione a supporto di Vincenzo Nibali all’ultimo Giro d’Italia, finito anzitempo per i postumi di una caduta, sia per la Tirreno-Adriatico 2020, in cui ha concluso in nona posizione in classifica generale dopo essersi messo a servizio del siciliano. Un piazzamento che conferma la sua affidabilità nelle corse a tappe, in una carriera che lo ha visto conquistare una frazione al Giro d’Italia e una alla Vuelta a España (entrambe nel 2016). La redazione di SpazioCiclismo lo ha intervistato in esclusiva durante il ritiro di inizio stagione.

Come valuti il tuo 2020?

Il Giro non è andato come speravo a causa di una caduta, tra l’altro non causata da me. Mi hanno proprio colpito e tirato giù per terra. La condizione che avevo, in quel momento ottima, è stata rovinata. Sono convinto che avrei potuto dimostrare tante altre cose, come era già avvenuto alla Tirreno-Adriatico. Avevo dimostrato di stare bene e di poter stare lì con i più forti in salita.

Ti manca un po’ la possibilità di avere qualche chance personale in più di lottare per il successo?

Io so qual è il mio lavoro e penso a svolgerlo al meglio. Per questo la squadra mi dà fiducia ogni anno. Quando mi dicono di fare qualcosa lo faccio al 100% e non metto davanti i miei risultati personali. Poi quando il team vede che posso ottenere un risultato, sono loro i primi a darmi via libera. Alla Tirreno-Adriatico è stato così. Al Giro ero in ottima condizione ed era giusto aiutare al 100% Vincenzo, che negli ultimi anni ha dimostrato di saper vincere i grandi giri. L’obiettivo quindi era fare risultato in classifica generale con lui.

Conosci già il tuo programma di questa stagione?

Sperando che sia una stagione normale, dovrei concentrarmi su Giro d’Italia e Vuelta a España. Nella prima parte dovrei fare qualche gara tra Francia e Spagna, poi dovrei tornare in Italia per il Trofeo Laigueglia e le Strade Bianche. In seguito andrò alla Volta a Catalunya, il Tour of the Alps e il Giro d’Italia.

Anche quest’anno quindi al Giro il tuo ruolo principale sarà di appoggiare Nibali, magari cercando qualche soddisfazione negli arrivi adatti a te?

Certo, l’obiettivo rimane essere davanti quando si resta in pochi in salita per poter dare il mio appoggio a Vincenzo e a Ciccone, che si riprenderà dalla stagione sfortunata che ha avuto l’anno scorso. Sarò quindi di supporto a loro.

Alle Strade Bianche 2016 sei arrivato terzo venendo ripreso solo nel finale da Cancellara e Stybar, dopo che avevi fatto un’azione importante. Ricordi quel giorno più per il rimpianto di non aver vinto o per essere stato poi il tuo trampolino di lancio nella stagione migliore della tua carriera, con vittorie di tappa a Giro e Vuelta?

Sicuramente il 2016 è stato il mio anno migliore. Ricordo benissimo quella Strade Bianche, come ho ripetuto più volte sono quelle giornate che ti capitano solo in allenamento, quando stai bene e potresti stare in giro tutto il giorno in bicicletta. Quel giorno lì stavo davvero benissimo e ne avevo, ma ha vinto un grandissimo come Cancellara, che stradominava su quei percorsi. Si è meritato lui la vittoria, non ho nulla da recriminare.

L’attenzione di molti corridori per questa stagione è naturalmente incentrata su Tokyo. È un obiettivo a cui pensi?

Mi piacerebbe tantissimo correre un’Olimpiade dopo dodici anni di carriera. Sarebbe un sogno. Ne abbiamo parlato con Cassani e con Vincenzo. Io sono sempre per la meritocrazia, se sarò all’altezza in quel periodo mi piacerebbe essere preso in considerazione. Ma se non dovessi essere il miglior Brambilla, sarei il primo a tirarmi indietro.

In carriera sei stato compagno di squadra di tanti campioni. Qual è quello che ti ha colpito di più e per quale motivo?

Difficile dirlo. Sia in Quick-Step sia in Trek-Segafredo ho corso con grandi campioni, ma posso solo parlar bene di tutti. Io di mio mi trovo bene con la maggior parte delle persone, quindi mi son trovato bene con Tom Boonen, Cavendish, Uran, Kwiatkowski, adesso Nibali… Penso che tutti abbiano un buon ricordo di me e li sento ancora spesso. Quando li trovo in gruppo si fa ancora una bella chiacchierata insieme, penso di aver lasciato in loro un bel ricordo come loro lo hanno lasciato a me.

Una stima confermata anche dal rinnovo di contratto ricevuto dalla Trek nonostante un 2020 economicamente difficile per tutti. Hai mai temuto di avere difficoltà a trovare un nuovo ingaggio, o anche solo di dover cercare una nuova squadra?

Nelle ultime stagioni ci sono sempre stati anni difficili per motivi economici. Il mercato è strano e le squadre non spendono più i soldi come una volta. Tutto è diventato molto più difficile. Penso sia stata premiata la mia professionalità, mi sono sempre fatto trovare pronto. A ogni corsa rispondo “presente”, che sia per me o per il mio capitano. Anche questo mi ha portato a non cambiare tante squadre: ho fatto tre anni in Colnago, cinque in Quick-Step e ora ho firmato per il quarto e quinto anno con la Trek-Segafredo. In tredici anni ho cambiato tre squadre e questo significa che anche da parte dei team c’è la volontà di tenermi.

Finora in carriera non hai vinto tantissimo ma hai vinto bene. C’è una corsa in particolare che vorresti vincere e aggiungere al tuo palmarès?

A me piacerebbe vincere una tappa al Tour, così da poter dire di aver vinto una tappa in ognuno dei tre grandi giri. E poi mi piacerebbe ottenere un risultato significativo in una classica, magari nelle Ardenne, che a me piacciono tanto. Per il programma che faccio non le corro spesso, ma mi piacerebbe fare bene lì quando ci sarà occasione. Io comunque sono dell’idea che ogni corsa sia quella buona. Se si sta bene, bisogna raccogliere il più possibile.

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