UAE Tour 2020, l’atmosfera negli alberghi della carovana: “Sguardi sospettosi, ma nessun tipo di psicosi”

Il UAE Tour 2020 passerà alla storia come il primo evento sportivo di rilevanza mondiale interrotto, e non ripreso, per un virus. Per la precisione, il COVID-19, che avrebbe contagiato due persone all’interno della carovana, inducendo così le autorità locali emiratine a cancellare le ultime due tappe previste dal programma. Corridori, direttori sportivi, persone di ogni ruolo nei vari staff, giornalisti, e anche gli organizzatori, sono stati quindi confinati negli alberghi in cui si trovavano al momento della sospensione. E queste sono ore unicamente di attesa dei risultati delle varie analisi (alcuni sono già arrivati, peraltro).

“Ci hanno avvisato nella notte fra giovedì e venerdì che tutte le squadre avrebbero dovuto essere testate – racconta Remy Mertz, corridore della Lotto-Soudal, a Rtbf – I controlli hanno avuto luogo alle 6 del mattino e sono stati tutti fatti nello stesso secondo posto, in un corridoio al secondo piano dell’albergo. C’erano medici che prelevavano campioni di muco dalle narici e che misuravano la temperatura corporea all’orecchio. ”

E se nell’albergo in cui alloggiano i corridori pare esserci maggiore libertà di movimento, nell’altro c’è un maggior controllo: “A colazione, venerdì, ci hanno chiesto di non lasciare l’albergo – racconta Serge Seynaeve, ex corridore e ora motociclista al seguito delle corse per un’agenzia fotografica –   Quando i test saranno completati, sapremo se possiamo lasciare l’albergo oppure no. Siamo stati insieme per otto giorni, inevitabilmente ci devono essere altre persone infette. E potremmo dover rimanere in hotel per 14 giorni. Prima di essere testati, abbiamo scherzato tra noi dicendo che qualcuno di noi avrebbe potuto essere contagiato. Ne abbiamo riso, ma da quel momento si sente anche una certa tensione. Non ci stringiamo più la mano. Tutti si guardano con rispetto, ma con sospetto. Non c’è panico, tuttavia, e tantomeno alcuna psicosi “.

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