Giotti Victoria, Andrea Guardini “Il desiderio è poter dimostrare che Guardini c’è ancora”

Andrea Guardini si racconta tra passato, presente e un futuro in cui domina l’incertezza. Approdato questa stagione alla Giotti Victoria, la continental italo-rumena del team manager Stefano Giuliani, ripercorre la sua carriera a 360 gradi ai microfoni dei nostri amici di  Born To Cycle, raccontando la voglia di rilanciarsi dopo la non riuscita esperienza con la Bardiani – CSF chiusa con un divorzio senza grandi ricordi, gli alti e bassi del passato, lo stallo del presente e la permanente incertezza del futuro prossimo, da cui inevitabilmente dipende anche la possibilità di ottenere un buon contratto per il domani.

Andrea, come stai vivendo questa situazione di stop forzato?
“Personalmente la sto vivendo abbastanza bene perché ho guardato i lati positivi della quarantena, visto che mi sto godendo preziosi momenti in famiglia con moglie e figlia, poi è logico che, dal lato sportivo, non è stato facile, più che altro assimilare la forzatura dell’allenarsi indoor, una delle cose che ho sempre odiato. La situazione però è straordinaria e ce lo impone, richiedendo misure straordinarie”.

Come ti trovi ad allenarti sui rulli?
“Logicamente all’inizio ero molto scettico sull’allenarmi in questo modo, visto che io sono un corridore che preferisce prendersi due ore di pioggia piuttosto che stare sui rulli. La tecnologia di oggi ci permette di simulare molto le condizioni normali e per la testa questo è importante. Senza Swift non stavo più di un’ora e un quarto sui rulli, adesso faccio due ore ogni mattina con i miei lavori specifici. Oggi pomeriggio parteciperò per la prima volta ad un evento virtuale, ed è un modo per fare sforzi che da solo non faresti e soprattutto per tenere allenato il fisico divertendosi allo stesso tempo”.

Torniamo indietro nel tempo, gli esordi con la FarneseVini
“La mia carriera è iniziata col botto, ricordo con piacere la vittoria al Giro davanti a Mark Cavendish. Non mi sarei aspettato nemmeno io di partire così forte, probabilmente tanto fu dovuto alla spensieratezza e ad un clima affiatato. Avevo Stefano Giuliani in qualità di direttore sportivo e questo è il motivo per cui adesso sono passato nella sua formazione a quasi 31 anni. Le soddisfazioni sono state tante e spero di riceverne ancora nella Giotti Victoria, una continental che con Giuliani leader del carroccio può dare tanto”.

Il passaggio all’Astana: velocista di riferimento in una formazione però incentrata al successo finale dei grandi giri con Nibali, Aru, Lopez e Landa. Come hai vissuto questa esperienza?
”Ho passato quattro anni con la squadra kazaka e posso dire che è stato un buon periodo della mia carriera. Nel bene e nel male questo passaggio mi ha fatto crescere. Ho avuto difficoltà al primo anno con loro nel 2013, visto che passavo da un organizzazione di livello famigliare con Scinto e Citracca, ad una grande squadra di fama mondiale non è stato semplice. Poi però sono riuscito a ritagliarmi il mio piccolo spazio. Però i trial per essere selezionati nei GT non erano roba da poco. In quattro anni di Astana sono riuscito a correre solamente una Vuelta, nel 2014, presentandomi al 100% addirittura tre settimane prima dello start della corsa per aggiudicarmi un posto nel roster. Infatti in quel finale di stagione ho vinto in Danimarca, all’Eneco Tour ma poi all’inizio della Vuelta ero già in calo di condizione. Non è sicuramente l’approccio ideale per un GT, anche se questa esperienza mi ha fatto crescere. Molte persone “chiacchierano” ma il corridore va valutato sotto vari aspetti nell’ambito professionale che un appassionato al di fuori non può capire.

Una sola stagione alla UAE Emirates, cosa non ha funzionato?
”Il 2017 è stato l’anno più brutto della mia carriera. L’unica stagione, da quando ho sette anni, in cui non sono riuscito a vincere una sola corsa. Questo mi ha pesato tanto, però ho avuto dei problemi fisici, visto che a giugno mi sono rotto una costola, anche una reciproca mancanza di fiducia sin da aprile e maggio. Il matrimonio è partito male visto che dovevamo essere una squadra cinese e io dovevo essere il corridore di riferimento negli appuntamenti asiatici. Nel mese di dicembre siamo diventati “arabi” con main sponsor UAE. Io avevo firmato il contratto con loro a luglio 2016 con la garanzia di essere l’uomo di punta in Asia e poi solo a gennaio abbiamo saputo che non avremmo corso in Asia. Erano cambiati proprio gli obiettivi della squadra e io sono uscito dai loro piani tecnici ancora prima di iniziare la stagione.

Sei tornato in una professional, la Bardiani-CSF per rilanciarti.
“La mia ultima esperienza non è andata come pensavo anche se il primo anno tutto sommato era stato positivo al di là della delusione più grande del ritiro prematuro al Giro d’Italia che mi ha inflitto un colpo importante moralmente. Però ho sbagliato io a voler forzare per essere al via della ‘Corsa Rosa’ anche se ero stato male dieci giorni prima del via. E questo è stato uno dei motivi per cui non siamo riusciti a dare continuità al progetto proseguendo la collaborazione dopo i due anni di contratto. Lo scorso anno non mi è stato rinnovato il contratto per motivi che non voglio stare qui a discutere perché io i miei risultati li ho sempre fatti ma non si trattava solamente di problemi legati alla mia condizione fisica. Non per fare polemica ma ad un corridore non puoi dire a fine settembre che non gli rinnovi il contratto. Se la tua intenzione è quella devi parlare a carte scoperte molto prima di quanto è stato fatto dai Reverberi. Poi è arrivata la Giotti Victoria con Giuliani e ci siamo dovuti subito fermare per l’epidemia. Ma questa è una cosa che va oltre lo sport e il ciclismo.”

Torniamo al presente, come vedi la stagione in corso?
“Sarà molto corta, uno sprint di tre mesi, se va bene, perché sembrerebbe che si ripartirà da fine agosto per concludere gli appuntamenti a fine ottobre. Nessuno si sta però preoccupando di gare di secondo piano come Coppi e Bartali, Giro di Sicilia e tutte quelle competizioni a cui le squadre Continental come la mia possono partecipare. Logico che se ricollocheranno tutte le corse World Tour e non le 2.1 e Hors Categorie, mi viene da dire come ‘correremo noi’? Al momento cerco di non pensarci perché se lo faccio sto male. Provo a focalizzarmi sulle date che penso saranno prese in considerazione per correre. Ma sono convinto che, con la giusta motivazione, la squadra che mi supporta, posso pensare di agguantarlo. Il desiderio è quello di poter dimostrare a me e a tutto il mondo del ciclismo che Guardini c’è ancora. Spero di cuore che si torni a correre perché questo vorrà dire che la situazione in Italia e nel mondo sarà definitivamente migliorata”.

Pur in questa situazione di incertezza, quale obiettivo hai in testa?
“La Bernocchi è una delle corse a cui sto pensando e che mi sono posto come principale obiettivo della stagione, perché mi è sempre sfuggita per poco, non avendo mai avuto la possibilità di giocarmi le carte allo sprint. Sono tante le corse cancellate, una su tutte la Adriatica Ionica Race, e un corridore in scadenza come me, ma ce ne sono tantissimi, per avere un minimo di potere contrattuale in vista della stagione 2021, deve avere la possibilità di correre, altrimenti ci dobbiamo basare sui test su ftp, sulle gare di zwift, ma spero che non si arrivi a quello.”

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