UAE Team Emirates, Matteo Trentin sempre in prima linea per la sicurezza dei corridori: “I nostri cari non devono stare in pensiero quando gareggiamo”

Matteo Trentin è una delle voci più attente alla sicurezza in gruppo. L’esperto corridore della UAE Team Emirates lotta già da anni per i diritti dei corridori e per avere standard di sicurezza uniformi e adeguati, mettendo sempre l’accento sulle situazione pericolose a cui sono esposti i corridori, anche in allenamento. È sempre tra i primi a far notare le problematiche di questo sport, che resta a tutt’oggi ancora ben lontano da avere standard di sicurezza elevati. Resta quindi ancora molto da fare e una delle sue spalle principali in queste battaglie era Philippe Gilbert, che purtroppo per lui dall’anno prossimo non sarà più in gruppo. In una intervista a CyclingTips spiega perché continuerà a sentirsi in dovere di farsi sentire.

Perché a volte quando è troppo è troppo – afferma – Ho due figli, una moglie, un padre e una madre. Sono un figlio, un padre e un marito. Allora perché queste i miei cari dovrebbero preoccuparsi per me quando gareggio? Si preoccupano abbastanza quando mi alleno. Faccio 70 giorni di gara all’anno, quindi solo un quarto dell’anno corro ma gli altri tre quarti sono fuori allenamento. Quindi è già abbastanza pericoloso quindi non vogliamo che le persone stiano in pensiero quando gareggiamo. Le corse dovrebbero essere l’ambiente più sicuro possibile, ma non lo sono al momento”.

Purtroppo gli incidenti più o meno gravi succederanno sempre, ma si può sempre migliorare: “Voglio dire innanzitutto che non si può davvero andare in bicicletta senza incidenti. È come chiedere al motorsport di non avere incidenti. Fa parte dello sport e dobbiamo affrontarlo in qualche modo. D’altra parte, tutti gli altri sport hanno compiuto sforzi incredibili per rendere tutto più sicuro per gli atleti”. Il ciclismo, correndo su strada, ha peculiarità uniche ma spesso gli organizzatori non sono all’altezza: “Quindi è come un discorso politico: ‘Faremo di tutto per i corridori’, ma alla fine la Cro Race è stato un chiaro esempio del fatto che i commissari non hanno proprio la più pallida idea di quali siano le regole“.

C’è sempre più competizione nella testa del gruppo e questo merita più attenzione da parte di chi pensa i tracciati: “La maggior parte delle volte non abbiamo un traguardo sicuro a causa di quello che popola le città. Ma sta a chi è l’organizzatore, chi vedrà dove arriveremo? Sarebbe bello arrivare nel centro di Milano ma non è possibile, quindi non possiamo. È successo qualche gara fa, rettilineo su strada larga e poi finiamo su una strada lunga 400 metri con dossi, in volata. Non è accettabile“.

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