Movistar, Valverde pronto ad un grande 2018: “Niente TDF, ma Classiche, Giro, Vuelta e Mondiale. Non ho più paura”

Alejandro Valverde ha le idee chiare per il 2018. Ancora fermo per l’infortunio patito a luglio, che lo terrà fuori sino alla prossima stagione, il murciano scalpita per tornare alle corse e si immagina già il suo calendario, con gli obiettivi sostanzialmente già prefissati. Classe 1980, il prossimo aprile compirà 38 anni, ma non rinuncia a pensare in grande. Certo, il suo realismo gli fa dire addio al Tour de France, ma non per questo abbassa l’asticella di una carriera già straordinaria. Pur non escludendo completamente la sua partecipazione alla Grande Boucle, nella quale preferirebbe comunque lasciare il posto a Mikel Landa e Nairo Quintana, lo storico capitano della Movistar ha nelle Classiche delle Ardenne e nel Mondiale di Innsbruck 2018 i suoi due obiettivi primari.

Non rinuncia comunque neanche ai grandi giri, tanto che nel suo spirito di correre ad alti livelli per l’intera stagione include anche Giro d’Italia e Vuelta a España nel suo già ricco calendario. Nulla di deciso, ma la sua priorità è ben chiara. “Non voglio il Tour – spiega a El Pais – Credo che l’anno prossimo farò meglio a dedicarmi a Giro, Vuelta e Mondiale. Se Eusebio Unzué mi dovesse dire di farmi il mio calendario io gli risponderei Classiche, Giro, Vuelta e Mondiale“.

La ragione è molto chiara. Il percorso della rassegna iridata in programma in Austria strizza assolutamente l’occhio agli scalatori in grado di fare bene nelle classiche come lui e l’Embatido non vuole perdere quella che potrebbe essere la sua ultima occasione per conquistare un oro che da troppo insegue invano. “L’anno che viene il mondiale è molto duro, davvero molto duro – spiega – Non ho molte altre possibilità per vincere il mondiale. Ho sei medaglie, ma nessuna d’oro. In un mondiale così duro, se tutto va bene…”

D’altro canto, per quanto le sensazioni sono buone in questo momento, Valverde sa bene che finché non torna a correre è difficile valutare realmente le sue possibilità. Nessun proclama dunque, anche se non nasconde ottimismo. “Vedremo come andrà il recupero del ginocchio – ammette – Per il momento va tutto bene, ma finché uno non inizia a correr non si può sapere”. Mai pensato invece all’ipotesi di ritirarsi, anzi, ha più volte chiesto di poter tornare alle corse già in questo 2017 (l’ultimo tentativo è stato in vista della Milano – Torino) dovendo poi arrendersi alle parole dei medici e del suo Team Manager.

Nella lunga intervista concesso al quotidiano spagnolo, una riflessione infine sul suo stile di corsa, sempre più aggressivo con il passare degli anni. Considerato a lungo un attendista, che malgrado abbia vinto tanto avrebbe potuto vincere anche di più, l’Embatido sorprende tutti ammettendo di aver sofferto di un senso di inferiorità nei primi anni della sua carriera. “Ho sofferto molto per questo – confessa – Quando son passato professionista c’erano mostri sacri come Armstrong e Bettini, rispetto ai quali ti sentivi inferiore. A volte vincevo, ma era difficile e quando ti senti inferiore diventa ancora più difficile“.

Un cambiamento emerso con il passare degli anni, non solo grazie alla fiducia in sé stesso, ma anche considerando il suo percorso ormai sostanzialmente in buona parte già compiuto, non avendo più niente da perdere. “È la differenza fra prima e ora – prosegue – Ora ho realizzato quasi tutto quel che volevo nel ciclismo ed è quasi finita. Corro senza paura o pressioni, godendomela molto di più. Quando mi sento bene fisicamente e non ho paura di perdere corro dei rischi che prima non avrei osato. Me la gioco e spesso mi va bene. Mentre prima mi chiedevo se ce l’avrei fatta, a cosa sarebbe potuto succedere e mi limitavo. Quest’anno mi è andato tutto bene sino alla caduta”.

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