Coronavirus, la distanza di sicurezza aumenta quando si fa attività sportiva (fino a superare i 20 metri nel ciclismo)

Perché jogging e ciclismo possono essere particolarmente pericolosi per la diffusione del coronavirus? Il dibattito si è aperto sin dalle prime necessarie restrizioni, amplificato da scelte diverse avvenute fra le varie nazioni europee. È giusto consentire gli allenamenti all’esterno visto che la pratica sportiva è comunque, di per sé, utile per migliorare la salute e combattere di conseguenza il virus, oppure è maggiore il rischio di contagio (senza contare eventuali problemi in caso di infortuni)? Nella situazione attuale alcuni stati hanno deciso di fermare completamente le attività all’esterno, anche ai professionisti, oppure limitarli a piccole attività in prossimità di casa, mentre altri consentono ancora uscite, più o meno solitarie e più o meno su distanze ridotte. Ma anche per il dopo quarantena, quando il virus non sarà completamente debellato seppur fortemente ridotto e dovremo conviverci in qualche modo, è necessario comprendere quali potranno essere le misure più giuste per poter attuare sistemi di prevenzione, anche a livello dei singoli.

Se finora c’era mancanza di dati scientifici per poter comprendere meglio la questione, è una ricerca del Dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università di Leuven a cercare di fare chiarezza. Guidata dal professor Bert Blocken, che già aveva svolto ricerche in ambito ciclistico studiando la posizione in gruppo o quella da assumere in discesa, l’equipe scientifica ha voluto misurare la distanza che le goccioline possono raggiungere quando ci si trova nella scia di qualcuno che pratica attività motorie o sportive come camminare, correre o pedalare. Le conclusioni sono che 1,5 metri sono sufficienti ed efficaci per persone ferme, indoor o outdoor, ma per coloro in movimento la situazione è ben diversa.

Simulazione della distanza alla velocità di 4km/h

“Se qualcuno respira, tossisce o starnutisce mentre si muove, molte goccioline entrano nella scia creata dalla persona – spiega il professore – Una persona che segue, a piedi o in bicicletta, a quel punto si trova ad attraversare quella nuvola di goccioline”. La ricerca ha simulato innanzitutto due persone in movimento a 4 km/h, quindi impegnate in una camminata leggera. Le simulazioni sono state fatte con queste due persone poste fianco a fianco, diagonalmente o in scia. Si vede dunque che anche una persona che respira normalmente può emanare queste goccioline (in rosso le particelle più grandi, considerate anche le più contagiose e che, fortunatamente, cadono più velocemente). Ovviamente, si vede che la distanza conta in maniera importante per permettere alle particelle di cadere senza che vengano respirate o che vi si entri in contatto con altre parti del corpo (come le mani, ad esempio).

La simulazione mostra come la distanza sociale è meno rilevante se si corre affiancati o in diagonale, ma chiaramente si parla di condizioni senza vento (che può ovviamente apportare modifiche in base alla velocità e alla direzione). Il rischio maggiore è dunque quando le persone corrono o pedalano in scia, anche non proprio ravvicinata, come si vede dalla seconda parte dello studio, che ha simulato le conseguenze con una velocità di 14,4 km/h, testando nuovamente le stesse combinazioni di posizione (affiancati, diagonali e in scia).

Simulazione delle conseguenze ad una velocità di 14,4 km/h

Basandosi sui risultati ottenuti, Blocken suggerisce di mantenere una distanza di almeno 4-5 metri da colui che ci precede nella camminata se ci si ritrova nella sua scia, 10 metri se si corre o si pedala lentamente, mentre i metri salgono almeno a venti quando si pedala con più intensità. “Se volete superare qualcuno, è raccomandato uscire dalla stessa linea in maniera preventiva da una distanza abbastanza elevata, almeno venti metri in bicicletta in modo da poter superare in sicurezza e a una distanza appropriata prima di tornare allineati”, aggiunge il professore che ha deciso di rendere pubblici questi dati ancor prima di avere una pubblicazione scientifica di riferimento per cercare di contribuire il più velocemente possibile al dibattito sulla sicurezza.

Se nella maggior parte degli stati in cui è ancora concesso fare queste attività, è possibile farlo in solitaria, appare francamente difficile poter essere certi di garantire alle persone che incrociamo un livello di sicurezza di questo tipo. Soprattutto se tutta la popolazione è autorizzata potenzialmente ad uscire per fare sport, anche se solo singolarmente. In questo periodo di pandemia sarebbe un potenziale disastro. Limitare l’attività ai professionisti limita sicuramente i rischi, anche se chiaramente non risolverebbe completamente il problema, pur limitandolo in maniera decisamente importante visto l’esiguo numero percentuale che rappresentano.

Sarà tuttavia importante tenere conto di questa ricerca, anche solo a livello di responsabilità e consapevolezza personale, in quella che sarà la fase 2 annunciata dal governo italiano per le prossime settimane, così come nelle fasi successive finché questo virus non sarà debellato. Ovviamente, si tratta di studi basati sulla volatilità delle produzioni salivali umane a livello generale, quindi non strettamente legate alla persistenza del COVID-19 nell’aria, argomento ancora fortemente dibattuto dai virologi a livello mondiale. Si tratta di ragionamenti dunque basati sulla normale vita media di un virus.

 

Simulazione delle conseguenze alla velocità di 14,4km/h. The Brussels Time / Bert Blocken, Università di Leuven

Da segnalare che il metodo scelto nel rendere pubblico l’articolo prima che fosse pubblicato su riviste scientifiche è stato contestato da Stephen Ferguson, ingegnere in fluidodinamica computazionale per la Siemens, in quanto l’articolo non è stato rivisto e valutato da altri esperti. “Si tratta di una tesi e non qualcosa che debba essere così lanciato in pasto al pubblico in un periodo di crisi”, ha commentato in un proprio post su LinkedIn, al quale ha risposto lo stesso Blocken, invitandolo a valutarne il lavoro quando sarà pubblicato a breve nella sua versione completa.

Nel frattempo, la questione di come gestire il flusso di movimento delle persone è di grande attualità e alcuni studiosi suggeriscono di realizzare delle vere e proprie corse direzionali per gli spostamenti a piedi. Secondo Bernando Mello, del dipartimento di Fisica dell’Università di Brasilia, bisogna infatti organizzare il traffico dei pedoni per poter contenere drasticamente il numero di persone che si incrociano fino a un settimo (evitando così al massimo i contatti entro i 150 centimetri). In questo caso, in cui si ragiona sul traffico pedonale, tuttavia sarebbe quasi inevitabile creare delle scie… Il dibattito è dunque anche qui piuttosto aperto su quali possano essere le scelte giusto, specialmente nel graduale ritorno alla normalità.

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