Pagelle Tour de France 2019: Egan Bernal storico, Julian Alaphilippe stoico, Viviani generoso, Nibali caparbio. Flop Greipel, Porte e A.Yates

Egan Bernal (Team Ineos), 10: Il colombiano corre in maniera diligente per tutta la corsa, sfruttando al meglio le situazioni tattiche che gli presentano. In salita emerge con il passare dei giorni, fino al dominio quando arrivano i grandi passi alpini, ad alture che agli altri tolgono il fiato ma a lui ricordano casa. Nella crono l’unica giornata non proprio brillante di una Grande Boucle altrimenti corsa alla perfezione, abbinando calma e serenità alla sua giovane tempra. Da grande promessa a splendida realtà!

Julian Alaphilippe (Deceuninck-QuickStep), 9: Merito se questo Tour de France è stato così incerto sino alla fine è in gran parte suo, della sua eccezionale prima settimana e della straordinaria seconda, quando regge i migliori in salita per poi anche ulteriormente guadagnare a cronometro. Negli ultimi giorni inizia a soffrire, cede e poi si schianta, ma con grande dignità e coraggio resta aggrappato ad un quinto posto che gli potrebbe cambiare completamente una carriera già da numero uno.

Caleb Ewan (Lotto Soudal), 9: Forse non era il velocista più forte, ma di sicuro è stato il più abile a sfruttare ogni situazione. Con una buona squadra al suo fianco, pur non di altissimo livello come quella del suo predecessore, l’australiano riesce a muoversi alla perfezione nei concitati finali di corsa, sfruttando anche il suo fisico minuto per infilarsi dove altri forse non riuscirebbero. Tre vittorie di tappa (con la suggestiva ciliegina sulla torta di quella di Parigi), dopo quelle al Giro, che ne ribadiscono ovviamente lo status di velocista di livello mondiale.

Geraint Thomas (Team Ineos), 8,5: Il campione uscente forse non era quello dello scorso anno, ma tutto sommato con il secondo posto dimostra che tutte le critiche degli ultimi dodici mesi erano ingiustificate. La vittoria dello scorso anno non è stato un caso né un exploit isolato, lui lo sapeva e ora lo sanno tutti, anche i suoi detrattori. Purtroppo per lui è proprio in casa che trova l’unico in grado di fare meglio di lui, favorito da una situazione tattica che gli permette di sovrastarlo.

Steven Kruijwijk (Jumbo-Visma), 8,5: Viene per il podio e centra l’obiettivo con una corsa di grande regolarità e attenzione. Pochissimi passaggi a vuoto, giusto qualche piccola e comprensibile sofferenza nell’arco delle tre settimane, che non intaccano l’ottima prestazione. Dopo averlo più volte sfiorato, il primo podio in un GT arriva nella corsa più importante, per rilanciarlo ora verso obiettivi ancora più grandi.

Emanuel Buchmann (Bora-hansgrohe), 8: Tra gli uomini di alta classifica, la grande sorpresa di questa edizione. La sua non è una corsa molto appariscente, ma quando scoppia la bagarre lui è sempre presente nelle posizioni che contano, riuscendo anche ad attaccare, o perlomeno seguire gli attacchi, in alcune circostanze importanti. Ottimamente supportato da un Gregor Muhlberger (7,5) che chiude in crescendo conferma una grande crescita e si candida ad un ruolo primario nei prossimi anni.

Thibaut Pinot (Groupama-FDJ), 8: Per lunghi tratti sembra essere il più forte in salita, sicuramente è l’altro grande motivo per cui la corsa è interessante grazie ai suoi costanti attacchi appena gli è possibile. Una corsa generosa che sembra poterlo premiare, almeno fino al mesto ritiro proprio nel momento più bello, con quel trittico alpino tanto atteso in cui invece arriva senza forze per un problema muscolare che poi lo costringe al ritiro in lacrime. Se inizialmente poteva sembrare che avesse chiesto troppo al proprio corpo (come già successo in passato), emerge che la spiegazione è una brutta botta subita in pieno sforzo, per evitare una caduta verso Gap.

Elia Viviani (Deceuninck-QuickStep), 8: Non sempre tutto fila alla perfezione, ma oltre allo splendido successo di tappa è da applausi la dedizione alla causa di Julian Alaphilippe, per il quale è pronto a sacrificarsi e spendere molte energie anche nelle tappe di montagna. Un grande campione e un grande uomo.

Thomas De Gendt (Lotto Soudal), 8: Quando non attacca è perché deve lavorare i testa al gruppo. Il coriaceo belga non solo è tra i più generosi nel lanciare le fughe, ma riesce anche a concretizzare al termine di una straordinaria azione in solitaria che ancora una volta ne dimostra tutto il talento. Uno dei massimi esponenti di quell’antica arte dei baroudeur.

Simon Yates (Mitchelton-Scott), 8: Arrivato per supportare il gemello, il corridore britannico inizia con molta calma, sempre in coda al gruppo, senza alcuna intenzione di spendere energie superflue. Quando il fratello dimostra di non essere all’altezza delle proprie ambizioni, è lui a salire in cattedra a caccia di tappe. Torna a casa con un bottino di due vittorie e forse, se le tappe si fossero corse interamente, avrebbe potuto averne anche un’altra e una maglia a pois a fare da contorno.

Matteo Trentin (Mitchelton-Scott), 8: Una serie quasi infinita di piazzamenti fino alla straordinaria vittoria a Gap, dove dimostra di essere un corridore completo, di testa, gambe e cuore, riscattando la sconfitta di Bagneres-de-Bigorre, dove era stato superato dal compagno Simon Yates. Mai una parola fuori posto, dà appuntamento a Gap e lì si invola da solo, facendo la differenza da attaccante, malgrado con il suo spunto veloce avrebbe potuto aspettare e battere tutti in volata.

Peter Sagan (Bora-hansgrohe), 7,5: Meno appariscente rispetto ad altri anni, lo slovacco è sempre lì, con la sua impressionante serie di piazzamenti che rapidamente lo portano in vetta alla classifica a punti. Indossata la Maglia Verde non la molla più, vincendo anche la sua consueta tappa e portandosi a casa l’ambito record. Anche quando non è al meglio, ottiene quel che vuole.

David Gaudu (Groupama-FDJ), 7,5: Tra i migliori gregari in salita, il giovane corridore francese dimostra di essere pronto per i grandi appuntamenti, continuando il suo percorso di crescita che in questi ultimi anni lo ha visto regolarmente, assieme all’ottimo Sebastien Reichenbach (7,5) tra gli uomini di Pinot. Il 13° posto finale è per lui ottimo trampolino di lancio.

George Bennett (Jumbo-Visma), 7,5: Partito come seconda punta del team, inizia molto bene il suo Tour, fino a quando non sbaglia movimento nella tappa dei ventagli, chiudendo a quel punto lontanissimo. Successivamente è una caduta a farlo nuovamente soffrire, ma una volta ripreso è tra i migliori gregari in salita assieme al compagno Laurens De Plus (7,5), con il quale nelle tappe alpine forma una coppia micidiale, che screma il gruppo a pochissime unità.

Kasper Asgreen (Deceuninck-QuickStep), 7,5: Simbolo del gregario infaticabile, il danese è regolarmente in testa al gruppo, che sia una giornata da volata o di montagna. Si esalta soprattutto nelle prime, tenendo praticamente da solo a bada i fuggitivi per tutto il giorno, permettendo ai compagni di conservare energie in vista del finale. Nell’unica occasione libera che ha sfiora il successo. L’uomo che tutti vorrebbero al proprio fianco.

Mike Teunissen (Jumbo-Visma), 7,5: Prima Maglia Gialla di questa edizione, il corridore neerlandese conquista a sorpresa lo sprint di Bruxelles, correndo per due giorni con il simbolo del primato sulle spalle, anche grazie all’ottimo lavoro nella cronosquadre vinta. Prima del ritiro si rimette poi al servizio dei capitani, scortandoli verso due vittorie parziali.

Mikel Landa (Movistar), 7,5: Pesantemente condizionato dalla sfortuna, sembra tra i più pimpanti in salita provando ad attaccare anche dalla distanza. Quando sembra ad un passo dal rimettersi in lotta, le fatiche accumulate anche al Giro sembrano riemergere e sulle Alpi non può fare più che restare con i migliori, che comunque non è poco. Chiude sesto, ma senza la caduta del giorno dei ventagli sarebbe decisamente più su.

Wout van Aert (Jumbo-Visma), 7,5: Al primo Tour corre sin da subito col piglio del campione che è. Oltre a lavorare per la squadra, contribuendo in maniera importante al successo nella cronosquadra, rapidamente trova anche il suo primo successo e chissà che senza quella terribile caduta nella crono individuale non sarebbero diventati due.

Giulio Ciccone (Trek-Segafredo), 7,5: Arrivato per supportare il suo capitano, da subito corre con lo stesso piglio del Giro, quella voglia di scoprirsi e di stupire che lo portano ad indossare la Maglia Gialla alla Planche des Belles Filles. Perso il primato con la straordinaria azione di Alaphilippe, anche lui nei ventagli si perde per strada e poi è una caduta a comprometterne il rendimento sino alla fine. Con coraggio e determinazione continua a lottare come può, preferendo soffrire che mollare. Non sapremo mai come sarebbe andata senza quella caduta, ma comunque il suo Tour è di ottimo auspicio.

Marc Soler (Movistar), 7,5: Il talento spagnolo è il simbolo del grande lavoro di squadra della formazione iberica, uno dei faticatori scelti per scortare il trittico di capitani versi risultati ben migliori di quelli che poi raggiungono. Spesso all’attacco, come anche Andrey Amador (7), oppure pronto a lanciare i propri leader, il suo sacrificio è raramente concretizzato, ma è decisamente più che notato.

Dylan Groenewegen (Jumbo-Visma), 7: Forse era il velocista più forte di questa edizione, grazie anche ad un’ottima squadra, ma non concretizza quanto ci si sarebbe aspettato pur conquistando per il terzo anno consecutivo almeno una tappa. Gli altri anni correva con un altro status, con anche la considerazione del gruppo che era diversa, dovrà abituarsi alla nuova etichetta e alle tattiche che vanno insieme.

Alejandro Valverde (Movistar), 7: Il murciano arriva al pieno servizio dei due capitani litigiosi. Alla fine la strada si prende un po’ beffe della squadra, non permettendo mai realmente di comprendere chi lo sia e lui resta nel mezzo, pronto a lavorare per chi ne ha bisogno in quel momento (è fondamentale ad esempio nella tappa dei ventagli al fianco di Quintana). Malgrado le tante energie spese, soprattutto inizialmente, e il tempo perso di conseguenza, chiude comunque la corsa nei dieci.

Warren Barguil (Arkéa-Samsic), 7: Ringalluzzito dalla maglia di campione nazionale appena conquistata, il francese corre un bel Tour, cercando di rimanere il più possibile con i migliori. Ne esce fuori la seconda top ten della sua carriera alla Grande Boucle, rilanciandolo dopo quasi due anni senza acuti e con tante difficoltà.

Lennard Kamna (Team Sunweb), 7: Il 22enne tedesco arriva al servizio dei capitani e per fare esperienza. Nelle prime tappe corre senza obiettivi, ma con il passare dei giorni cresce moltissimo, riuscendo a trovare spazio per andare in fuga, ma anche per cercare il confronto con i big in salita. Le ottime prestazioni nella terza settimana sono sicuramente di grande auspicio.

Vincenzo Nibali (Bahrain-Merida), 7: Dopo il Giro vorrebbe passare il mese di luglio da tutt’altra parte, ma la squadra lo convoca, dandogli anche l’obiettivo e lui garibaldianamente obbedisce. Difficile però chiedere un certo tipo di sforzi quando fisico e mente non sono pronti. Una volta fuori di classifica, si prende il suo tempo per incassare il colpo, rifiatare e riprendere la lotta a modo suo. I primi tentativi sono macchinosi, ma le gambe iniziano a scioglersi e con il passare dei giorni va sempre meglio, fino al bel successo a Val Thorens, all’ultima occasione utile.

Daryl Impey (Mitchelton-Scott), 7: Il sudafricano coglie l’occasione della vita verso Brioude, dove riporta l’Africa in cima al Tour dopo una lunga assenza. Oltre al successo parziale anche tanto lavoro per il team, per un corridore che si conferma consistente e generoso, uno di quegli uomini che in squadra vorresti sempre avere.

Dylan Teuns (Bahrain-Merida), 7: Il belga era venuto per scoprirsi e praticamente subito coglie il successo più prestigioso della carriera con la bella vittoria a Planche des Belles Filles. In seguito continua a provarci, con meno fortuna, eventualmente sacrificandosi anche per i compagni quando serve. Ha meno fortuna, ma il suo Tour era già un successo dopo sei giorni.

Tim Wellens (Lotto Soudal), 6,5: Grande protagonista nelle salite e nelle fughe delle prime due settimane, il belga sa di non essere uno scalatore puro, ma ci mette l’anima, combattendo con coraggio anche quando arriva il terreno a lui meno adatto. Se le tante energie spese lo portano a non trovare altro modo di lasciare il segno, spesso staccandosi nel finale, di certo non si può dire che non ci abbia messo anima e corpo.

Roman Kreuziger (Dimension Data), 6,5: Si vede poco e nelle tappe conclusive cede alla fatica, ma il suo Tour è di grande regolarità, mettendo a frutto tutta la sua esperienza, in lotta per un piazzamento. Alla fine chiude 16°, che per la formazione sudafricana è comunque un risultato importante visto il periodo difficile.

Fabio Aru (UAE Team Emirates), 6,5: Partito senza alcuna pretesa, se non quella di mettersi alla prova, il sardo mostra tutto il suo carattere ogni volta che la strada sale. Con il passare dei giorni dimostra anche che la condizione migliora, di pari passo con la sua posizione di classifica. Lontano dalla lotta con i migliori, risale comunque la china giorno dopo giorno, salita dopo salita e chilometro dopo chilometro, fino a chiudere con una discreta 14ª posizione. Per uno come lui non un risultato eccezionale, ma viste le premesse dopo l’operazione continuano ad essere un segnale molto interessante.

Guillaume Martin (Wanty-Gobert), 6,5: Il piccolo scalatore filosofo (definizione che giustamente gli sta stretta) si conquista il suo spazio sulla strada. Chiude il suo terzo Tour in dodicesima posizione, miglior risultato della sua carriera, al termine di tre settimane non appariscenti, ma molto diligenti e puntuali, nelle quali non ha rifuggito il confronto diretto, per misurare sé stesso contro i grandi nomi. C’è ancora strada da fare, ma per uno scalatore puro, senza grandi mezzi di sostegno, il risultato è interessante.

Damiano Caruso (Bahrain-Merida), 6,5: Corridore dalla grande generosità, prova a ritagliarsi uno spazio da protagonista visto che la squadra non ha punti di riferimenti fissi. Si fa notare all’attacco in più di una occasione, provando anche a lottare per una maglia a pois che avrebbe anche potuto fare sua senza quell’imprevedibile taglio finale.

Enric Mas (Deceuninck-QuickStep), 6,5: Lo spagnolo era venuto con ben altre ambizioni, fallendo i suoi obiettivi a livello personale, ma nella terza settimana torna a buon livello, in tempo per scortare Julian Alaphilippe nei suoi momenti più difficili e parte del quinto posto finale ottenuto dal francese è anche merito suo.

Michael Woods (EF Education First), 6,5: Arriva a caccia di tappe e ci prova come può, pur con due costole rotte. L’obiettivo sfuma, con un solo piazzamento che ovviamente non basta, ma la grinta dimostrata non è da tutti.

Niccolò Bonifazio (Total Direct Energie), 6: Tra i pochi che si salvano della spedizione del team francese. Nelle prime uscite fa fatica, ma con il passare dei giorni trova il suo ruolo (un po’ meno il suo spazio) nelle impegnative volate che è costretto a fare praticamente da solo.

Rigoberto Uran (EF Education First), 6: Non è stato il suo miglior Tour, ma nel naufragio di molti grandi nomi, il colombiano chiude comunque con un piazzamento. Soprattutto pensando alle difficoltà vissute sin dall’inizio della stagione, di attenuanti ce ne sono.

Michael Matthews (Team Sunweb), 6: Arrivato come l’uomo per tenere in piedi una Sunweb frastornata quanto lui per l’assenza di Dumoulin, fa quel che può, ma la preparazione per farne un perfetto gregario tuttofare non giova alle sue ambizioni. Si getta nella mischia ogni volta che può, più di testa che di gambe e, a conti fatti, non può ottenere più che qualche piazzamento.

Nairo Quintana (Movistar), 6: Con quella vittoria salva il suo Tour dall’anonimato, ma è chiaro che da lui ci si aspetta sempre molto più di questo. Primo colombiano a vincere un GT, ha perso il treno per essere il primo a conquistare anche il Tour. Da capire ora se riuscirà mai anche solo a vincerlo…

Sonny Colbrelli (Bahrain-Merida), 6: Parte bene, con molti piazzamenti e molta grinta. Con il passare dei giorni fa fatica, ma non molla, cercando di resistere alla stanchezza e ai problemi fisici. Si trascina come può sino a Parigi, con grande determinazione.

Jasper Stuyven (Trek-Segafredo), 6: Tanta determinazione, ma nel concreto il belga raccoglie poco o nulla. Corridore polivalente, ha molte occasioni per mettersi in mostra e non è certo per mancanza di tentativi che non riesce. A volte ci vuole anche più fortuna e a lui quest’anno è mancata.

Wout Poels (Ineos), 6: Assieme a un generoso Dylan Van Baarle (6,5) sono gli unici a salvarsi della disastrosa campagna del team britannico. Se anche quest’anno il Tour se lo portano a casa, il merito non sembra proprio di una squadra che con il cambio di nome è sembrata proprio un’altra, a partire da due corridori che invece erano stati in passato l’asso nella manica come Michal Kwiatkowski (4,5) e Gianni Moscon (4,5).

Tiesj Benoot (Lotto Soudal), 5,5: Ci prova spesso e volentieri, ma la gamba non è dei giorni migliori. Corridore dal talento eclettico, il belga quest’anno arriva forse senza sapere ben cosa vuole, dopo un buon Giro di Svizzera. Cerca di capirsi, ma la strada non gli consente di farlo e si perde.

Patrick Konrad (Bora-hansgrohe), 5,5: Parte bene, poi con il passare dei giorni sparisce fino ad essere costretto ad una corsa decisamente più anonima. Era lui la pedina più attesa della squadra, ma in vetrina ci finisce il suo compagno, che comunque in un certo qual senso così ne attutisce anche la controprestazione.

Romain Bardet (Ag2r La Mondiale), 5,5: Arrivato con grandi ambizioni, da subito dimostra di non essere assolutamente al livello sperato. Pur non capendone le cause, non molla e stringe i denti, cercando di reinventarsi. Aiutato anche dalla fortuna che toglie alcune salite fondamentali, si porta a casa una insperata Maglia a Pois.

Jesus Herrada (Cofidis), 5,5: In grande forma a giugno, viene convocato proprio sfruttare la scia del grande momento, ma il suo Tour non è poi così brillante. In una squadra tra le più aggressive, con il compagno Pierre-Luc Périchon (6,5) come il più in vista, ha il merito di provarci spesso anche lui, ma le sue azioni non trovano mai la giusta fortuna.

Richie Porte (Trek-Segafredo), 5: Ancora una delusione per il tasmaniano, che tuttavia stavolta non sembra poter imputare niente alla sfortuna. Superata la maledizione della nona tappa che da due anni lo colpiva, l’australiano appare sempre lontano dai migliori e l’illusione di Pau dura solo quei pochi chilometri a cronometro, poi riprende la sua sofferenza fino a chiudere anche fuori dai primi dieci, con un crollo, anche mentale, all’ultimo giorno.

Alexander Kristoff (UAE Team Emirates), 5: A Nancy sfiora un successo che ovviamente porterebbe ad un bilancio ben diverso, ma tutti gli altri giorni è sempre lontanissimo dai migliori, con due noni posti che molto dicono del suo Tour anonimo.

Ilnur Zakarin (Katusha-Alpecin), 5: La grinta c’è, le gambe molto meno. Dopo un Giro non proprio entusiasmante, ma in cui comunque aveva lasciato il segno, prova a ripetersi in Francia, ma il risultato è decisamente meno positivo. Miglior risultato un 17° posto, mentre la classifica lo vede 51°. Non c’è molto da dire.

Lilian Calmejane (Total Direct Energie), 5: Corsa anonima del francese al quale praticamente non riesce mai niente, se non qualche fuga disperata in giornate in cui uno come lui solitamente dovrebbe riposare. Nei giorni più adatti è invece nelle retrovie, segno di una condizione mai arrivata.

Rohan Dennis (Bahrain-Merida), 5: Uno dei grandi misteri di questo Tour de France 2019 è il suo ritiro. Ancora non del tutto chiarito, che sembra dover portare ad una separazione, è tuttavia forse solo la punta dell’iceberg di una prestazione che da subito è sembrata non all’altezza delle aspettative, sopratutto dopo l’ottimo secondo posto in Svizzera. D’altro canto, chissà, forse il giorno dopo avrebbe potuto vincere e zittire tutti. Ma non lo sapremo mai.

Dan Martin (UAE Team Emirates), 4,5: L’irlandese sembrava arrivare in grande forma, ma non è mai al suo livello, scomparendo ben presto dalle prime posizioni. Arranca per tutto il Tour, provando qualche azione, ma come gli altri big della squadra Sergio Henao (4) e Rui Costa (5), provare non basta. Ci si aspetta di più.

Adam Yates (Mitchelton-Scott), 4: Mai in partita, il corridore britannico fallisce su tutta la linea, non riuscendo poi neanche a riciclarsi per una vittoria di tappa, a conferma di una condizione decisamente troppo deficitaria.

André Greipel (Arkéa-Samsic), 4: Non sappiamo se è la stagione di troppo, ma questo Tour non doveva correrlo. Arriva in condizioni precarie, sperando di riprendersi, ma questo non succede mai e le sue tre settimane sono di costante sofferenza e attesa di un miglioramento che non arriva mai.

Tony Martin (Jumbo-Visma) e Luke Rowe (Ineos), 2: Decisione severa? Forse. Il gesto era consentito? No. Punto.

Giacomo Nizzolo (Dimension Data), sv: Parte bene, ma poi una brutta caduta lo costringe al ritiro. Il suo primo Tour finisce malamente, ma l’inizio era piuttosto promettente.

Jakob Fuglsang (Astana), sv: Non era quello della primavera, si è visto, eppure fino al momento del ritiro era ancora in lotta per uno dei suoi migliori risultati al Tour, malgrado una caduta precedente. Sarà per un altro anno.

Alessandro De Marchi (CCC), sv: Era la carta migliore del team per la montagna e ci prova a farsi vedere quando la strada si complica. Almeno sino a quando una rovinosa caduta non lo costringe al ritiro.

Wilco Kelderman (Team Sunweb), sv: Non si presenta nelle condizioni migliori, dopo mesi a cercare di ritrovare la forma, e si vede da subito. La speranza è che con il passare dei giorni possa riuscire almeno a trovare spazio per una fuga e un successo parziale, ma deve rinunciarvi, ancora una volta colpito dalla sfortuna.

Sebastian Langeveld (EF Education First), 10: Anche solo finire il Tour de France è impresa titanica. L’esperto corridore neerlandese non solo ci riesce, ma nelle ultime tappe riesce anche a superare il coriaceo Yoann Offredo (9,5) nella classifica inversa.

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