Giro d’Italia 2018, Vegni chiama Froome: “Con la tripletta entra nella storia”

Può essere il Giro d’Italia 2018 l’edizione giusta per vedere Chris Froome al via? Il percorso ancora non si conosce e difficilmente il Keniano Bianco si sbilancerà prima di avere il quadro completo della situazione sottomano (quindi anche dopo aver conosciuto Tour de France e Vuelta a España probabilmente), ma è chiaro che in molti ci stanno pensando. Tra questi, ovviamente, anche Mauro Vegni, patron della Corsa Rosa, che spera di avere gli argomenti giusti per convincere il capitano del Team Sky a prendere il via da Gerusalemme nel maggio prossimo. Una piccola-grande impresa ardua, ma non impossibile. Anche facendo leva sulla possibile impresa che il britannico potrebbe compiere trionfando anche al Giro 101.

L’accordo con la capitale d’Israele potrebbe portare nelle casse di RCS Sport (si parla di 12 milioni di euro) una somma interessante da offrire come bonus di partecipazione al Keniano Bianco, anche se non sembra questo un criterio primario nel caso specifico. “Ne stiamo parlando – ammette il dirigente romano a Cyclingnews – Ma non è un fattore economico, malgrado quello che alcuni possono credere. Per un corridore come lui, i soldi non fanno la differenza. Deve avere un progetto in mente e stiamo lavorando per motivarlo. Ha vinto il Tour e la Vuelta, ora potrebbe essere il primo a vincere Tour, Vuelta e Giro di seguito. Questo potrebbe motivarlo, lo spero”.

Un primo incontro è previsto in questi giorni, a margine dei Mondiali di Bergen 2017. Vegni proverà a portare le sue ragioni, magari dando anche qualche indicazione su quello che potrebbe essere il percorso o ascoltando le possibili richieste dal clan Sky, ma anche in questo caso il percorso, seppur importante, non sembra essere decisivo. Si tratta prima di tutto di un aspetto mentale. E se Froome ha già detto che il Tour sarà la sua priorità anche nel 2018, come si può conciliare questa esigenza con la presenza al Giro, soprattutto sapendo che nel passato recente altri campioni come Alberto Contador e Nairo Quintana hanno fallito l’assalto alla doppietta?

Secondo Vegni, la doppietta non è una priorità sulla quale Froome dovrebbe concentrarsi. A livello storico la tripletta, che sarebbe impresa unica, sarebbe più importante. “Non gli serve la doppietta – aggiunge – Ha già vinto quattro Tour, quindi a che gli serve la doppietta? No, deve fare tripletta. Ha vinto Tour e Vuelta, ora deve vincere il Giro per fare la storia vincendoli tutti e tre di fila“. D’altro canto, coloro che hanno tentato la doppietta in questi anni non hanno mai potuto contare su una squadra così palesemente superiore alle altre, in grado di scortare il suo capitano al ritmo desiderato praticamente sino all’arrivo, stremando gli avversari.

Da sottolineare inoltre che il prossimo anno tra Giro e Tour passeranno sei settimane, contro le cinque tradizionali. ASO ha infatti ritardato il proprio Grand Départ di una settimana per non avere troppa concorrenza con la Coppa del Mondo di calcio, ‘regalando’ così una ulteriore settimana di riposo a chi vorrà tentare di correrle entrambe. Una nuova situazione che, in realtà, non sembra piacere particolarmente a Vegni, che ha già manifestato il suo interesse per ritardare di una settimana il Giro, riducendo, di norma, a quattro le settimane tra le due prove. Così facendo (oltre ad un vantaggio dal punto di vista metereologico), i corridori potrebbero cercare di prolungare il loro picco di forma, cercando di farlo perdurare da una corsa all’altra, come successo per Froome alla Vuelta (contrariamente ad alcuni suoi rivali, da Romain Bardet a Fabio Aru, andati invece in calando).

Intanto, sulle cronometro, Vegni non sembra voler pensare in anticipo alla presenza di Froome, che potrebbe essere favorito da un chilometraggio più elevato, accumulando nelle prove contro il tempo un vantaggio tale da restare più coperto in salita, con un dispendio di energie ridotto. Un ‘conservatorivismo’ che potrebbe permettergli di valutare anche la doppietta. Ma il ragionamento del dirigente RCS non sembra favorirlo in questo caso, anche perché Vegni parte dal pensiero di “non disegnare mai un GT per un corridore in particolare, visto che potrebbe anche non presentarsi”.

Con questo assunto, visto anche quanto successo nella passata edizione, con tanta crono che si è rivelata decisiva, il numero uno della Corsa Rosa pensa piuttosto a diminuire i chilometri di sforzo cronometrato. “Oggi i margini sono così ridotti che non servono tanti chilometri a crono per fare una grande differenza – analizza Vegni – Quando il livello è così alto e in salita non si crea selezione come prima tra i favoriti, la crono può pesare in maniera troppo pesante sul risultato finale. Quindi bisogna saper dosare il chilometraggio in maniera molto accorta”.

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