La ciclista francese, che prima di raccontare questa storia aveva negato l’assunzione di EPO giustificando i valori anomali con il ciclo mestruale, ha poi preso il coraggio a due mani e ha spiegato di aver preso l’EPO per essere all’altezza delle aspettative del direttore sportivo e per essere lasciata in pace. Tenuto conto di tutto ciò, provato anche da alcune chat whatsapp, l’agenza antidoping francese ha deciso di attribuire alla ragazza una squalifica di due anni a partire dal luglio 2019, momento in cui è stata riscontrata la prima positività e da cui era comunque già stata provvisoriamente sospesa. In alcuni passaggi della sentenza, riportati dall’Equipe, si evince che il contesto è stato giudicato fondamentale: “Bracke ha imposto a questa sportiva di 26 anni, in maniera reiterata, un comportamento umiliante a connotazione sessuali che non ha alcuna giustificazione sportiva […] Marion Sicot ha cercato di perfezionarsi e realizzare delle performance sportive per cercare di sfuggire a questo rapporto malsano. Non può essere ignorato il fatto che la signorina Sicot abbia deciso di doparsi in questo contesto difficile. […] Questa decisione dimostra che l’AFLD (agenzia francese anti-doping) sanziona gli atleti che sbagliano considerando comunque il contesto in cui la pratica dopante è avvenuta”.