Donne, Sicot e Turblin raccontano gli abusi subiti dai ds: “Dovevo mandare foto in mutande”

Le donne dicono basta agli abusi e ai maltrattamenti nel ciclismo femminile. Un argomento estremamente complesso e delicato è stato portato alla luce da recenti testimonianze di alcune atlete, che hanno raccontato i terribili gesti subiti da parte dei loro direttori sportivi. Insulti, offese, ma anche ricatti su foto esplicite per poter rimanere in squadra. Un argomento che non deve essere sottovalutato né dall’Uci né dalle autorità competenti, che hanno portato alla formazione di una cellula psicologica da parte dell’associazione francese per i ciclisti. Un passo importante, ma che deve essere supportato da tutto il movimento. Intanto proseguono i racconti choc delle cicliste, che invitano le loro colleghe a parlare e a non vergognarsi degli atti subiti.

Marion Sicot ha presentato una denuncia nei confronti del suo ex direttore sportivo, ai tempi della sua permanenza nella Doltcini-Van Eyck Sport, per molestie sessuali: “Ogni lunedì mattina dovevo mandargli foto di me in mutande, davanti e dietro. Poi voleva foto ancora più intime, in perizoma. Ho rifiutato. È stato difficile e imbarazzante per me mandargli queste immagini. La sua giustificazione era che doveva controllare il mio peso”. La belga è stata vittima di pressione psicologica, molestie e insulti, fino al punto di decidere di prendere l’Epo per essere all’altezza delle aspettative del direttore sportivo ed essere lasciata in pace. Ora ha trasmesso 450 pagine di prove incriminanti agli investigatori, tra cui numerosi messaggi.

Anche Chloë Turblin ha condiviso la propria traumatica esperienza. L’anno scorso, una sua denuncia di molestie morali e diffamazione nei confronti del suo ex direttore sportivo aveva portato un’altra dozzina di sue compagne di squadra a sporgere a loro volta denuncia: “Il ciclismo era la mia vita, il mio sport. Sono cresciuta in bicicletta, superando me stessa ogni giorno per tre anni. Ho fatto grandi sacrifici e aver visto cosa può succedere ad alto livello mi ha disgustato. Era un circolo vizioso terribile, piangevo. Ancora oggi, mi piacerebbe amare il mio sport come prima, avere la stessa passione e motivazione. Ma non l’ho più“.

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