Lance Armstrong, il suo documentario non convince Tyler Hamilton: “Ci sono troppe mezze verità”

Tyler Hamilton è stato di tutto per Lance Armstrong. Statunitense come lui, l’ora 49enne di Marblehead è stato prima compagno di squadra, poi rivale e infine uno degli accusatori del texano. Hamilton, vincitore della Liegi-Bastogne-Liegi 2003, è incappato in due squalifiche per doping: una nel 2004, dopo aver vinto anche l’oro olimpico a cronometro ad Atene 2004, e l’altra nel 2009. La seconda squalifica (8 anni) lo ha poi portato al ritiro. Lui è stato sicuramente uno degli spettatori interessati della prima parte del documentario dedicato ad Armstrong, appena diffusa da ESPN. E quello che ha visto non lo ha convinto del tutto.

“Mi piacerebbe che si dicesse più verità – le parole di Hamilton raccolte da CyclingNews – I fatti, i perché, i come… Tutto questo. Non ho niente di personale contro Armstrong, ma credo sia giusto per le generazioni più giovani legate a questo sport. Non credo che sia stato detto abbastanza del passato, né da lui né da altre persone. Lance ha detto tante snervanti mezze verità, come ‘mi sono dopato dal quel giorno a quel giorno’. Ma non farsi avanti con i segreti nella loro interezza può fare una grande differenza”.

Hamilton, che ha corso per Us Postal Service, CSC, Phonak e Tinkoff, ribadisce: “C’è bisogno di più dettagli. Non solo da parte di Armstrong, ma anche da altre persone. Io spero di non vedere mai più niente del genere nel mondo del ciclismo. Ma se non si sa con chiarezza cosa sia successo nel passato, e come, questo finirà per accadere di nuovo”.

Lo statunitense rimarca inoltre che anche altre squadre, oltre a quella di Armstrong, faceva ricorso a pratiche scorrette, ma “noi abbiamo pagato per tutta quella generazione di corridori. Io però voglio essere sicuro di non essere passato in mezzo a tutto quello che ho passato per niente. Di tanto in tanto beccano ancora qualcuno, ma ho la sensazione che la situazione sia migliorata. Ma sarebbe meglio conoscere altre verità sul passato. Così, forse, potremmo sbarazzarci di alcune persone che non sono buone per il ciclismo, ma che in questo sport sono ancora coinvolte”.

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