Dan Martin: “Le corse moderne sono noiose, ai pro non serve avere un cervello. Pogacar unica scheggia impazzita”

Daniel Martin critica le corse moderne. Il corridore irlandese, che si è ritirato al termine della stagione 2021, ha spiegato le differenza tra il ciclismo attuale e quello dei suoi primi anni da professionisti, spiegando che un corridore come lui probabilmente non avrebbe fatto strada nel ciclismo attuale. Il classe ’86 ha rivelato di non gradire il fatto che tutto venga studiato al dettaglio, dalla nutrizione all’allenamento, fino ad arrivare alle corse, dove, con l’unica eccezione di Tadej Pogacar, è sempre più difficile vedere corridori che si inventano azioni fuori dagli schemi.

“Quando ho iniziato c’era più liberta di espressione, la libertà di attaccare – ha spiegato al GuardianLe corse sono noiose da guardare perché nessuno commette più errori. Tutto è così studiato al dettaglio che non si vedono più corridori avere brutte giornate. Tutto è perfetto dal punto di vista della nutrizione e dell’allenamento e manca l’elemento umano”.

Non hai bisogno di avere un cervello ora per essere un pro – ha poi rincarato la dose ai microfoni dell’Irish IndependentTutti dicono che ora ci sono le corse migliori di sempre, ma tutto si riduce a Pogacar. Lui è la scheggia impazzita che attacca quando gli va, mentre il resto della corsa è studiata e controllata. Ricordo perché non sono mai voluto entrare nel team Sky, perché mi piace lo stile offensivo. Ho sempre riportato la mia filosofia al motivo per cui corro, per divertirmi. Se devo vivere come un frate per essere un buon corridore, allora non voglio. Magari se fossi andato a Tenerife e avessi vissuto in un vulcano in altura per tre settimane prima del Tour ogni anno sarei andato un po’ meglio, Ma forse non mi piacerebbe più il ciclismo”.

Prendendo spunto dai ritiri a suo dire precoci di Tom Dumoulin e Fabio Aru, l’ex Israel ha parlato anche dei possibili problemi che dovrà affrontare la prossima generazione: “Ho sentito storie di sedicenni che si allenano trenta ore a settimana. Si allenano già come dei pro. Corridori come me avevano un stile sostenibile che ti permetteva di restare competitivo per molti anni, ma quei giorni sono finiti. Nel ciclismo moderno non sarei mai riuscito a fare la carriera che ho fatto, perché non avrei avuto tempo di crescere. Quanti corridori talentuosi perderemo ora?”.

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