Miguel Indurain ricorda gli anni dei suoi successi al Tour de France: “Chi attacca tanto alla fine non vince”

In questi giorni è caduto il 25esimo anniversario del quinto e ultimo Tour de France consecutivo vinto da Miguel Indurain. Lo spagnolo è stato un autentico dominatore della scena nei primi anni Novanta e tantissimi rivali hanno dovuto chinare il capo di fronte allo suo strapotere, soprattutto nelle prove contro il tempo. Nella bacheca del navarro ci sono anche due Giri d’Italia e due maglie iridate (a cronometro ovviamente), oltre a un gran numero di vittorie “minori”. Quello di Indurain è stato un modo di correre che forse non ha entusiasmato i tifosi dell’epoca, ma che sicuramente si è rivelato redditizio.

“Il Tour del 1995? Il ricordo più significativo è quello della tappa di Liegi – ricorda Indurain in un’intervista a El Pais – Attaccai a 30 chilometri dall’arrivo e staccai gli altri favoriti di quasi un minuto (la vittoria di giornata andò al belga Johan Bruyneel, compagno di fuga dello spagnolo nell’occasione – ndr). Io sono sempre stato accusato di attaccare poco. Ma l’attacco è solo una parte delle corse. Piace alla gente e serve per lo spettacolo e magari anche per vincere le tappe. Ma per le classifiche generali, chi attacca molto poi non vince“.

Indurain, che all’epoca correva per la Banesto, ricorda la rivalità con la ONCE, che nel Tour del 1995 schierava due dei più fieri avversari, Alex Zülle e Laurent Jalabert: “Avevano una buona squadra e fecero una buona corsa. Lo svizzero perse molto tempo nelle prime tappe, il francese riuscì a vincere parecchio e anche Melchor Mauri fece un buon lavoro. Sapevo che dovevo controllarli e così ho fatto”.

Lo spagnolo parla anche di un aspetto molto dibattuto di questi tempi, ovvero la gestione di più capitani all’interno di una sola squadra: “Se è una cosa difficile? Dipende. Con più leader ha diverse possibilità e sicuramente ti puoi muovere di più. Se hai un solo capitano, la pressione su di lui è maggiore, anche se la gestione è sicuramente più facile”.

Indurain torna su un episodio molto doloroso, la caduta di Fabio Casartelli durante quel Tour: “Ho visto mentre succedevo e mi sono subito reso conto che era una brutta caduta. Ci dissero poi a fine gara che Fabio non ce l’aveva fatta. All’epoca si correva senza casco? Se cadi nella discesa del Tourmalet, il casco può fare poco. Ci sono dei burroni… Quando corri non ci fai caso, te ne rendi conto quando smetti. L’importante è il controllo della bici, perché su quelle montagne se cadi hai bisogno del paracadute”.

Rispondi

Pulsante per tornare all'inizio