Trek-Segafredo, Luca Guercilena sul ciclismo italiano: “Con istituzioni miopi si va verso l’estinzione delle squadre professionistiche”

Luca Guercilena indica la strada per uscire dalla crisi del ciclismo italiano. Qualche giorno fa Ivan Basso aveva parlato della sua Eolo-Kometa come possibile squadra di riferimento per il movimento, pur ammettendo che mancava un ultimo sforzo da fare con tutte le componenti, e allo stesso modo il team manager della Trek-Segafredo ha spiegato cosa non va attualmente nel ciclismo italiano. Guercilena è partito dalla notizia dell’interesse di Repsol (poi smentita) di affiancare Movistar (altra azienda leader del proprio settore nel suo paese) per far continuare a crescere la formazione WorldTour di Eusebio Unzué e ha fatto un paragone con la situazione nel nostro paese.

“Leggere che in Spagna un colosso privato dell’energia potrebbe unirsi all’azienda leader della telecomunicazione per sostenere l’unico World Tour Team è una buona notizia – ha esordito sui social – Significa che entrambi vedono il ciclismo come valido strumento di promozione dell’energia sostenibile, identificandosi con i valori e le aspettative della squadra. Da italiano, è inevitabile il confronto con la nostra situazione nazionale e mi spinge a sperare che la politica (sportiva e non) possa avere la stessa visione. Riconoscere come necessario l’investimento in una squadra World Tour Italiana, con slancio globale, sarebbe il modo più efficace per dare nuova linfa cultura ciclistica del nostro Belpaese”.

Il classe ’73 ha individuato nel disinteresse delle istituzioni la principale causa delle difficoltà del nostro paese: “Qualora le nostre istituzioni restino però miopi e non vedano quanto sta succedendo in altri paesi, come Regno Unito, Francia, UAE, Israele, Kazakistan, Bahrain e Spagna, dove il ciclismo e la bicicletta sono un valore aggiunto alla promozione nazionale, ci ridurremo all’ennesimo gioco al ribasso che punta su un professionismo di medio livello e aumenta il gap sportivo, culturale e commerciale. Il risultato, alla lunga, sarà l’estinzione del ciclismo professionistico, sottoforma di squadre. Le opportunità in Italia non mancano. La professionalità di certe strutture è una realtà affermata e apprezzata. Il nostro problema, come Paese, è difettare di ambizione per emergere al pari, o meglio, degli altri. L’unica via possibile è il gioco di squadra, come accade con successo in altri Paesi”.

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