Trek-Segafredo, l’investitura di Francesco Moser per Giulio Ciccone: “Ha potenzialità e ha già fatto grandi cose”

Francesco Moser è una delle istituzioni del ciclismo italiano. La sua bacheca parla da sola: tre Parigi-Roubaix, due Lombardia, una Milano-Sanremo, un Campionato del Mondo e un Giro d’Italia, fra le altre – tantissime – cose. Il trentino, che è stato anche detentore del Record dell’ora, ha segnato un’epoca dello sport azzurro e le sue gesta sono state raccontate anche da Federico Buffa nel documentario “Moser: scacco al tempo”, in onda sui canali di Sky. L’occasione è stata propizia anche per raccogliere qualche pensiero dell’iridato 1977, che ha parlato di ciclismo passato e di quello attuale.

Moser si è infatti concesso un’investitura non da poco nei confronti di un talento della scena italiana: “Giulio Ciccone ha dimostrato di avere potenzialità, però deve ancora crescere nei prossimi 2-3 anni – le parole del trentino, ora 68enne, raccolte da Sky –   Ha già fatto grandi cose al Giro e al Tour, deve anche essere supportato dalla squadra. Il mio corridore preferito però è Alejandro Valverde: mi piace, lotta in tutte le corse. Ha ancora voglia ora che ha 40 anni, forse anche troppo. Ci siamo anche sfidati una volta in una Gran Fondo, ha vinto lui ma io ero in fuga…”.

Il punto di vista sul ciclismo attuale: “È ricco di tecnologia. Ma è giusto evolversi e ce ne dobbiamo fare una ragione. Con la tecnologia puoi allenarti al meglio, ti aiuta a trovare la miglior condizione. Bisogna però saperla utilizzare nel modo migliore. Una volta c’erano le cabine del telefono e poi sono arrivati i cellulari: è l’evoluzione. La stagione 2020? C’è un’emergenza e bisogna adattarsi. Speriamo che riescano a fare un po’ di corse. La sovrapposizione di alcune di queste era necessaria, altrimenti qualcuna avrebbe dovuto essere eliminata”.

Moser torna con la memoria alla sua carriera agonistica: “Il Tour de France l’ho fatto solo una volta nel 1975. Ho sempre avuto sponsor italiani e ho sempre scelto il Giro. Comunque, non amavo molto le corse a tappe. Le tre Roubaix? È una corsa speciale, ne ho vinta una da campione del mondo e una da campione italiano”. Rimane il rimpianto per il Mondiale del 1978 (vinto dal neerlandese Gerrie Knetemann): “L’ho perso io, pioveva e ho sottovalutato l’avversario”.

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