Trek-Segafredo, i fratelli Nibali si raccontano: “Siamo molto diretti tra di noi, ci intendiamo con un’occhiata”
Vincenzo e Antonio Nibali saranno ancora compagni di squadra. Il passaggio alla Trek-Segafredo dalla Bahrain-Merida è stato seguito anche dal fratello minore, che per il quarto anno consecutivo rimarrà tra i professionisti con il vincitore di quattro Grand Tour. Il classe ’92 ha già dimostrato di poter stare tranquillamente in una formazione World Tour, andando a vincere una tappa del Giro d’Austria 2018, finora unico successo in una carriera da pro’ segnata da un lungo ruolo di gregariato. Da quest’anno, ed è una novità, i due non saranno l’unica coppia di fratelli italiani nel circuito, con l’approdo di Attilio Viviani nella stessa squadra di Elia, la Cofidis. Vincenzo e Antonio Nibali sono stati protagonisti di un’intervista doppia, di cui riportiamo le domande in grassetto e le iniziali prima delle risposte per distinguere l’interlocutore.
La famiglia è importante per tutti, ma per gli italiani è quasi sacra. Come convivete con il fatto di essere fratelli, all’interno del team?
VN: Con gran naturalezza. Dalla prima volta in cui abbiamo corso insieme, prima come avversari e poi come compagni, il senso di fratellanza è prevalso. È impossibile separare i due ruoli, ma quando corriamo sappiamo come essere professionali. Essere fratelli ha aiutato in molte situazioni: ci capiamo solo con uno scambio di occhiate.
AN: Parliamo molto; c’è un intenso scambio di opinioni e punti di vista. Siamo molto diretti l’uno con l’altro, e questo è molto utile quando parliamo di corse. Rispetto agli altri compagni, lo capisco, anche nei momenti di tensione. Ma la nostra relazione è anche basata sul rispetto dei rispettivi ruoli.
Avete quasi otto anni di differenza. Che tipo di relazione avete fuori dal ciclismo?
VN: Otto anni potrebbero essere molti, ma non è il nostro caso. Sono il maggiore, quindi sono felici di dargli consigli quando me li chiede. Ma lo faccio soltanto perché a volte mi sono già trovato nella stessa situazione. Lo aiuto, ma non mi sento protettivo. Penso che debba vivere la vita dal suo punto di vista, anche se questo comprende fare errori.
AN: Quando eravamo giovani, passavamo molto tempo insieme. Siamo cresciuti insieme. Abbiamo caratteri e abitudini diversi, prima di tutto perché siamo di generazioni differenti. Abbiamo anche lo stesso lavoro, per cui so quanto può essere stressante. Passiamo molto tempo insieme durante le corse, e quando siamo a casa ognuno rispetta la privacy dell’altro.
Descrivetevi a vicenda: chi è tuo fratello?
VN: Antonio è sornione come un gatto. È sempre molto calmo. Ha un approccio sensibile, sia nella vita sia nel ciclismo. Ma quando è chiamato all’azione è molto reattivo!
AN: Vincenzo è la persona più meticolosa che conosco. Quando si concentra su qualcosa, va all-in. È un ragazzo semplice e vero: non ha fronzoli e non rinuncia mai. Questa è sempre stata la chiave per il suo successo.
L’anno scorso avete corso il primo Giro d’Italia insieme. Vi ricordate un aneddoto particolare?
VN: Il momento che mi ricordo in modo più vivo è stato la ventesima tappa, il giorno più duro del Giro. Quel giorno c’è stata una partenza a tutta velocità e in un momento chiave della prima salita ho forato. Anche se stava faticando, Antonio era vicino a me. Senza nemmeno pensare, è sceso dalla bici e mi ha dato la sua ruota. È un’azione naturale per un gregario, ma mai scontata. Sapeva che non sarebbe mai riuscito a rientrare nel gruppo di testa e avrebbe potuto aspettare qualcun altro per darmi la ruota, ma non lo ha fatto. L’ho apprezzato molto.
AN: Conservo due ricordi in particolare: il primo è il passaggio del Giro da Mastromarco, il paesino toscano in cui io e Vincenzo abbiamo corso da giovani. Abbiamo corso l’uno a fianco all’altro, con le persone e gli amici che ci acclamavano. Il secondo è l’azione combinata sul Mortirolo, in cui ho tirato a tutta per lui. È stato uno dei giorni più duri in bicicletta per me, ma è stata anche l’essenza della nostra fratellanza e del rispetto che ho per lui come leader.
Vincenzo, cosa hai provato a trasmettergli come corridore? E c’è qualcosa di lui che invidi?
VN: Ho sempre voluto dargli l’esempio, sopratutto dargli l’attenzione che serve per essere un ciclista professionista. Niente dev’essere lasciato al caso: bisogna essere seri e fare il massimo sforzo in bicicletta ogni giorno, perché il lavoro quotidiano è la base del successo. Gli invidio la capacità di reggere la pressione che gli viene dal cognome, soprattutto quando correva nelle categorie giovanili.
Antonio, cosa hai imparato soprattutto da Vincenzo e cosa pensi di aver migliorato in lui?
AN: Mi ha sempre detto di credere in me stesso e nelle mie capacità. Per me è stato un mantra, mai rinunciare e combattere sempre per i miei obiettivi. Onestamente è difficile migliorare il corridore Vincenzo. Ma di certo, quando siamo insieme, grazie a me è molto più attento alla puntualità!
Domande a fuoco: chi è il miglior meccanico?
VN: Io, ovviamente.
AN: Sì, Vincenzo.
Chi è il più goloso di dolci?
VN: Entrambi.
AN: Io mi sento il più goloso.
Sei superstizioso?
VN: Sì, un po’.
AN: Non tanto.
Chi è il più puntuale?
VN: Diciamo che entrambi proviamo a essere puntuali…
AN: Io, senza dubbio!
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