#SpazioTalk, Enrico Gasparotto: “La vittoria dell’Amstel 2016 il momento più emozionante. Ora vorrei fare il talent scout ed aiutare i giovani”
Enrico Gasparotto ha raccontato il suo addio al ciclismo professionistico. Il 38enne, che ha corso le ultime due stagioni con la NTT Pro Cycling (che nel 2019 era Dimension Data), pochi giorni fa ha annunciato ufficialmente il suo addio alle corse. Una decisione che era già nell’aria da tempo, anche se questo anomalo 2020 gli aveva quasi fatto cambiare idea. Dopo 16 anni passati in mezzo al gruppo, ora si potrebbe aprire per lui una nuova avventura, sempre nell’ambiente del ciclismo dove vorrebbe occuparsi di giovani, così come sempre ha fatto, soprattutto negli ultimi anni di carriera, dispensando preziosi consigli alle nuove leve del gruppo. La redazione di SpazioCiclismo lo ha contattato per un’intervista esclusiva, andata in onda nella puntata settimanale di SpazioTalk.
Il friulano, anche se da un anno con nazionalità svizzera, ha spiegato ai nostri microfoni i retroscena del suo ritiro, soffermandosi anche sulle difficoltà incontrate dai corridori più esperti in questa strana stagione: “Quando ho iniziato a fare il ciclista professionista a 23 anni, dissi a mio papà che a 38 anni avrei smesso di correre in qualsiasi modo fosse andata la mia carriera e questa è una cosa che mio papà mi ha ricordato quando gli ho comunicato la mia decisione di smettere. Ero convinto di smettere a fine 2020 con una stagione normale, senza Covid, quindi con le Olimpiadi a metà anno e con i Mondiali in casa per la Svizzera a Martigny. Era un processo mentale che avevo già affrontato lo scorso inverno e che avevo iniziato a pensare eventualmente di posticipare al 2021 visto che quest’anno è stato così particolare. Per noi corridori esperti è stata difficile da interpretare perchè, per chi ha più anni sulle spalle, è più difficile entrare in condizione, hai bisogno di molte più gare, di allenamenti e gare in maniera precisa e programmata. Questo è testimoniato anche dalle difficoltà che ha avuto un campione assoluto come Vincenzo Nibali. Ai giovani serve molto meno per entrare in forma rispetto a noi e il fatto di avere un calendario in continuo cambiamento e poco tempo per raggiungere il picco di forma, li ha favoriti. Sono convinto che l’anno prossimo Vincenzo darà filo da torcere a tutti come ha sempre fatto”.
Anche se la sua ultima formazione, nonostante le difficoltà finanziarie che avevano fatto temere un abbandono, sia poi riuscita a garantirsi la sopravvivenza e sarà al via nel 2021 con il nome di Qhubeka Assos, la scelta del ritiro è dipesa anche dalla mancanza di valide opportunità per continuare a correre ad alti livelli: “Io ho cercato di capire se c’erano opportunità valide per essere ancora in bici nel 2021 e, alla fine, non le ho trovate e, quindi, la giusta decisione per me sia quella di terminare la mia carriera quest’anno. Per diverse problematiche hanno preferito concentrarsi su ragazzi più giovani e quindi la mia decisione è stata anche la conseguenza della mancanza di opportunità in questo senso”.
È quindi tempo di bilanci col momento più emozionante della sua lunga carriera: “La vittoria dell’Amstel nel 2016 ha rappresentato per me il momento più emozionante e più forte di questi sedici anni. Anche perchè ero in una squadra Professional (la Wanty-Groupe Gobert, ndr), arrivavo da un anno difficile nel 2015 e vincere una gara di alto livello come l’Amstel, anche se non è una classica Monumento, non è una cosa semplice. È stato un lungo processo personale sia da un punto di vista fisico che soprattutto mentale. E in più il grave lutto che la mia squadra all’epoca subì con la perdita di un nostro compagno in gara (Antoine Demoitie, deceduto durante la Gand-Wevelgem, ndr), è un qualcosa che ancora adesso fa venire i brividi pensando a quanto abbiamo sofferto e a quanto poi è stato bello vincere e dedicargli la vittoria. E anche a quanto bello sia oggi avere un bellissimo rapporto con sua moglie, ci sentiamo sempre e ancora ieri mi ha scritto un bellissimo messaggio. Io sono una persona molto emotiva e sensibile e queste cose sono quelle che mi rimangono dentro, che segnano il mio percorso e sono orgoglio di quello che sono riuscito ad ottenere quel giorno. Per questo credo che non abbia paragoni con nessun altra vittoria”.
Tra i tanti messaggi ricevuti dopo la notizia del suo addio alle corse, quelli che lo hanno reso più orgoglioso sono stati quelli ricevuti dai colleghi più giovani per i quali è stato una vera e propria guida: “Mi hanno riempito di orgoglio e reso una persona davvero felice tutti i messaggi che ho ricevuto in queste ultime 48 ore, soprattutto dai miei compagni ed ex compagni più giovani e giovanissimi. Tutti mi hanno ringraziato e detto che speravano che potessi continuare un altro anno e che avessi potuto coronare il sogno di partecipare a un’Olimpiade. Quindi vuol dire che i miei consigli li hanno assorbiti. Il fatto che molti corridori, anche con cui ho scambiato due parole in gruppo, giovani e di altri team mi abbiano mandato dei messaggi privati mi rende assolutamente felice”.
Lo scorso anno ha preso la nazionalità svizzera, con la quale ha disputato i Mondiali di Imola, mentre in carriera non ha mai avuto occasione di vestire la maglia azzurra: “A tutti è balzato all’occhio che ho cambiato la nazionalità l’anno scorso, anche se in realtà il processo per cambiare nazionalità è iniziato dal primo momento in cui ne ho avuto diritto in Svizzera. Non è un percorso breve, in realtà questa decisione risale a quattro anni fa. Poi si è creata l’opportunità di partecipare al Mondiale quest’anno e sono stato molto contento di questo e sono stato felice che, anche in un anno così strano, sono riuscito a vivere delle emozioni così uniche che solo una corsa come il Mondiale ti dà ed anche che un mio giovane compagno (Marc Hirschi, ndr) abbia raggiunto il podio. Invece, sul perchè io non abbia mai partecipato ai Mondiali con l’Italia è una domanda che andrebbe fatta a chi era Commissario Tecnico all’epoca. Io mi concentro su me stesso, ho sempre cercato di dare il meglio come corridore, l’anno del Mondiale a Valkenburg era l’anno in cui vinsi l’Amstel ma poi mi ruppi una clavicola alla Vuelta e quindi c’è stata anche un pizzico di sfortuna come anche nel 2010 quando ho partecipato come riserva al Mondiale in Australia ma Paolo Bettini (il commissario tecnico di allora, ndr) mi avrebbe fatto correre ma mi ruppi la clavicola in estate mentre mi allenavo a Livigno, quindi spesso al momento meno opportuno c’è stata un po’ di sfortuna“.
Infine spazio ai progetti e ai suoi desideri per il futuro: “Ad oggi non ho un’offerta di lavoro concreta per il 2021. Sto aspettando delle risposte, mi piacerebbe rimanere nel mondo del ciclismo. Soprattutto la cosa che mi fa pensare questo sono proprio gli attestati di stima e di fiducia da parte dei ragazzi più giovani che ho avuto negli ultimi anni. Credo che questo sia indice del fatto che posso fare un buon lavoro con loro, perchè se c’è un rapporto di fiducia poi le dinamiche all’interno del team sono quello che contano. Mi piacerebbe rimanere nell’ambiente, ho tanti amici e penso che potrei fare qualcosa di utile, solo che, ad oggi, sono disoccupato e vediamo se riuscirò a trovare la strada migliore per me. Se ci fosse la possibilità mi piacerebbe iniziare la mia carriera post agonistica come direttore sportivo però mi piacerebbe ricoprire un ruolo nuovo all’interno dei team WorldTour, ovvero quello di talent scout per una squadra. È diverso rispetto al ruolo di procuratore ma è una figura interna del team che valuta quali talenti sono adatti alla struttura. Per esempio alla Deceuninck – QuickStep ha funzionato benissimo in passato perchè hanno un sacco di corridori giovani e validi. E siccome il ciclismo sta andando verso una nuova direzione nella quale ormai i giovani passano al professionismo già pronti perchè affrontano il dilettantismo in maniera molto più professionale rispetto a quello che accadeva prima. Diventa quindi molto molto più importante la figura di talent scout all’interno di un team che aiuto a non commettere errori coi giovani”.
E proprio ai giovani è dedicato il suo messaggio di chiusura della nostra intervista: “La cosa che ripeto sempre a tutti è quella di viverla in maniera più serena. Perchè tendenzialmente molti di noi sono in over training, si allenano tantissimo in questo periodo e hanno il timore di non essere pronti per le corse quando in realtà ci sono esempi di ragazzi che hanno subito infortuni durante l’anno e sono arrivati freschi, per esempio, a un Giro d’Italia e hanno fatto una grande corsa. Questo è un segnale del fatto che bisognerebbe dare un po’ più di importanza al riposo rispetto a quello che succede normalmente”.
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