Numerosi casi covid a pochi giorni dal Giro d’Italia 2023: i contagi avvenuti in un hotel delle Ardenne?
Il covid torna prepotentemente a far parlare di sé in gruppo prima del Giro d’Italia 2023. Se nelle scorse settimane c’erano stati alcuni sporadici casi come quelli di Michael Matthews (Team Jayco-AlUla) e Simon Clarke (Israel-PremierTech), nonché Elisa Longo Borghini (Trek-Segafredo) fra le donne, negli ultimi cinque giorni i casi si sono moltiplicati. Partendo da Sam Oomen e Tosh Van Der Sande, entrambi della Jumbo-Visma, che hanno dovuto già saltare la Liegi-Bastogne-Liegi, sono numerosi i corridori che si trovano a dover fare i conti con il virus. Giulio Ciccone e Warren Barguil sembrano al momento le vittime più illustri, non solamente per la loro caratura, ma anche perché averlo contratto in questo momento rischia seriamente di compromettere calendario e obiettivi visto che entrambi puntavano molto sulla Corsa Rosa. Come loro Henri Vandenabeele, già escluso dalla selezione del Team DSM per la sua positività.
Ma a doversi fermare (perlomeno tra coloro per i quali la ragione è stata ufficializzata in maniera chiara dal team, al netto di malattie o malesseri non specificati) sono stati anche Alexey Lutsenko (Astana Qazaqstan), nonché la coppia Cofidis composta da Ion Izagirre e Anthony Perez, che oggi non saranno al via della crono del Giro di Romandia perché a loro volta risultati positivi dopo qualche giorno di incubazione. Il che ovviamente desta preoccupazione tra i corridori attualmente impegnati nella corsa elvetica, visto che anche il kazako era della spedizione in Svizzera. Se il resto del team transalpino è risultato negativo, corridori e staff, ovviamente non è detto che non ci siano altri corridori coinvolti e potremmo scoprirlo nei prossimi giorni.
Tuttavia, questa nuova serie di casi potrebbe avere un’altra origine. Il tratto comune di tutti questi corridori, ad eccezione di Vandenabeele fermo dal Giro dei Paesi Baschi, è infatti la partecipazione alla Freccia Vallone, il che implica ovviamente, oltre all’essersi fiancheggiati in gara, una presenza di più giorni nello stesso territorio e spesso nelle stesse strutture alberghiere. Ed è proprio su una di queste che sembra porre l’accento Nino Daniele, medico sociale della Trek – Segafredo, che in una intervista per Het Nieuwsblad commenta la situazione.
Precisando “che non sapremo mai come il virus si è diffuso”, il dottore del team statunitense si mostra abbastanza convinto che molto possa essersi svolto in uno specifico hotel in cui “la maggior parte dei corridori coinvolti” ha alloggiato nel corso della campagna delle classiche. Una struttura “molto grande, con tante stanze ma solo due ascensori”, come ha sottolineato.
Ad ogni modo, non c’è preoccupazione né allarmismo riguardo la salute dei corridori perché, secondo Daniele, il virus si è evoluto e i sintomi ormai sono simili a quelli di “una normale influenza”, anche grazie al fatto che un gran numero di persone si sono sottoposte a tre iniezioni di vaccino. “Il virus non può più essere paragonato a quella variante aggressiva e pericolosa con cui eravamo abituati a confrontarci al momento del picco pandemico”, aggiunge il dottor Daniele.
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