Groupama-FDJ, Thibaut Pinot attende il via libera per preparare il Tour de France: “Non sono né preoccupato né pessimista. Dall’11 maggio prenderò tutto sul serio”

Thibaut Pinot torna a parlare. Il capitano della Groupama-FDJ, tra i grandi protagonisti della Parigi-Nizza 2020, ultima corsa del calendario arrivata a compimento, prova anche lui a guardare al futuro. Aveva affermato nel corso delle scorse settimane di non trovarsi a proprio agio ad allenarsi al chiuso e che quindi avrebbe affrontato questo periodo di stop facendo il minimo indispensabile per non prendere troppo peso in attesa di potersi tornare ad allenare su strada, godendosi la sua campagna e non pensando agli impegni agonistici: “È bello respirare un po’, probabilmente non mi succedeva da quando avevo 15 anni” dice in merito. Nel frattempo è stata trovata una nuova collocazione al Tour de France, suo grande obiettivo stagionale, il che dovrebbe aiutarlo a focalizzarsi a meglio.

Speravo solo che potesse aver luogo prima della fine della stagione, tutto qui – ammette in un’intervista sul sito ufficiale della sua squadra – Onestamente, per noi corridori, queste nuove date non cambiano molto. I più penalizzati sono gli spettatori, i bambini, che sarebbero dovuti venire a trovarci ai lati delle strade”. In ogni caso, la prudenza è ancora d’obbligo: “Sappiamo molto bene che le prossime settimane saranno decisive. Alla fine di maggio, penso che sapremo sicuramente se il Tour avrà luogo o meno. Non sono né preoccupato né pessimista, ma vedremo semplicemente come va”. Comunque non pensa che “il Tour sarà rimandato di nuovo. Se non potrà essere organizzato in queste date, sarà semplicemente cancellato, probabilmente come il resto della stagione, poiché ciò significherebbe che la crisi non è passata”. Il suo pensiero è quindi realista sulla possibile cancellazione di tutto il calendario: “Siamo consapevoli di questa possibilità, è in fondo alle nostre menti, ma cerchiamo di non considerarla troppo”.

Nel caso di conferma del Tour a fine agosto, non crede che cambierà molto per i corridori: “Non so se sarà duro come sarebbe stato a luglio. Dipenderà da come tutti gestiranno questa crisi. Forse alcuni corridori avranno trovato difficile gestire la loro energia o la loro freschezza mentale durante la quarantena”. Pinot non ritiene quindi che la preparazione sarà un problema: “Alla fine sarà un po’ come prepararsi per la Vuelta. Personalmente, posso basarmi sulla mia esperienza del 2018. Dopo la mia lunga assenza dopo il Giro, ho fatto il Giro di Polonia alla fine di luglio e poi la Vuelta, che non era andata troppo male. Tutto dipenderà dal programma realizzabile a monte. Aspettiamo tutti con impazienza di poter tornare ad allenarci sulla strada“.

A tal proposito, ribadisce la sua “allergia” ai rulli: “Non hanno nulla a che fare con le sensazioni che normalmente abbiamo sulla bici. Lo faccio per dire che sto ancora pedalando, ma questo non si adatta alla mia preparazione per il futuro. Le piattaforme virtuali mi hanno divertito per 15 giorni ma ora basta. Ora guardo serie tv o qualcosa per tenermi occupato”. Aggiunge poi: “So che dall’11 maggio prenderò tutto sul serio e farò del mio meglio per partecipare al Tour al 100%. Sarà abbastanza? Non lo so, non si può garantirlo. Il fisico darà risposte che non ho ancora. Ma lo spero”.

Nel frattempo, questo mese a casa è stato molto complicato anche dal punto di vista personale: “Entrambi i miei genitori si sono presi il virus e mio padre lo ha ancora, 25 giorni dopo che è risultato positivo. Ci sono stati alti e bassi. Non è facile, ero abituato a ricevere notizie ogni giorno, ma è un virus molto violento, più di quanto si dicesse in origine”.

Nella sfortuna, Pinot non si lamenta di vivere in aperta campagna nella sua Alta Saona: “Mi piace dove vivo. Ci sono sicuramente vantaggi e svantaggi nel vivere qui, e mi è stato spesso detto ‘vivi in ​​una regione sperduta, questa, quella …’. Oggi, tutti vorrebbero senza dubbio essere in questa regione sperduta, dove si può godere dell’aria fresca e del sole – rilancia – È vero che sono a un’ora e mezza da un aeroporto e a un’ora dalla stazione del TGV. Questi sono vincoli, ma è qui che ho costruito il mio piccolo paradiso. Sto bene qui e forse dopo la mia carriera la mia vita sarà finalmente come un isolamento. Non mi vedo muovermi molto. Sono abbastanza un pantofolaio. Ognuno fa le proprie scelte di vita e la mia è questa. Ho sempre pensato di vivere qui, non ho mai avuto il minimo desiderio di trasferirmi altrove. Ho già alcuni piani per il mio dopo-carriera e sto iniziando a mettere le cose a posto in questo periodo”.

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