Coronavirus, i problemi dei corridori australiani che devono venire in Europa: possono lasciare il loro Paese solo per viaggi essenziali

La ripresa del calendario ufficiale UCI si avvicina, visto che, a scanso di ulteriori colpi di scena, fra fine luglio e inizio agosto si correrà un po’ dappertutto in Europa. Le squadre stanno organizzando periodi di allenamento collettivi e, soprattutto, stanno già lavorando ai vari spostamenti che dovranno affrontare, spostamenti che sono per forza di cose più complicati rispetto al solito per via della pandemia da Covid-19 in corso. Ci sono poi i problemi degli atleti “extracomunitari”, ovvero quelli che dovranno raggiungere l’Europa da altri Continenti. È il caso dei corridori australiani che non sono rimasti in Europa dopo il blocco delle gare dello scorso marzo.

Se in Colombia si sono organizzati per far arrivare i corridori con un volo privato, in Australia al momento la situazione è nebulosa. Al momento le norme prevedono l’uscita dal Paese solo per “viaggi essenziali alla gestione di industrie e affari di grande importanza”. Inoltre, il locale Dipartimento degli Affari Interni richiede una certificazione del datore di lavoro in merito alla “necessarietà del viaggio” e al fatto che il lavoro da svolgere sia “fondamentale”. E, quando sarà il momento di rientrare in Australia, servirà un’ulteriore dichiarazione o una prova di quanto sopra.

I requisiti di cui sopra sembrano sposarsi difficilmente con la pratica del ciclismo, seppur a livello professionistico. Inoltre, la richiesta per poter lasciare l’Australia va presentata almeno un mese prima rispetto al momento della partenza. Chiaro che se c’è qualche corridore che vuole prendere parte, ad esempio, alla Strade Bianche (1 agosto), questo avrà già dovuto muoversi, o quantomeno sperare in un’analisi della sua pratica particolarmente veloce.

Al momento, invece, in Europa non ci sono particolari restrizioni nei confronti di persone provenienti dall’Australia. Stando a quanto riporta SBSin termini numerici il problema più ampio riguarderebbe le cicliste, mentre un buon numero di professionisti sarebbe già in Europa, dove abitualmente risiede. La speranza per coloro che vorranno raggiungere il Vecchio Continente per gareggiare è quella di non seguire le orme di Ian Garrison, corridore statunitense cui il “permesso di viaggio” è stato respinto nei giorni scorsi.

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