#SpazioTalk, Roberto Damiani (Cofidis): “Viviani che esce bene dal Tour può essere protagonista al Giro. Lui e Martin come Evans e McEwen”

Roberto Damiani ha le idee chiare su ciò che attende la sua Cofidis alla ripresa dell’attività. Ospite della tredicesima puntata di #SpazioTalk, l’esperto direttore sportivo legnanese, con trascorsi tra le altre in Mapei-QuickStep, Fassa Bortolo, Liquigas-Bianchi, Lotto-Silence e Lampre-ISD, ha analizzato la distribuzione dei gruppi di lavoro del team francese in vista dei Grandi Giri. Dopo che nei giorni scorsi il diretto interessato aveva manifestato la sua intenzione di tornare alla Corsa Rosa pur indicando nella Milano-Sanremo il suo obiettivo principale, anche il diesse ha aperto concretamente alla possibilità di vedere Elia Viviani disputare il Giro d’Italia. Per lo sprinter veronese il test decisivo per capire le chance di partecipazione sarà rappresentato dal rendimento sulle strade del Tour de France, dove spartirà i ruoli di capitano con un Guillaume Martin in costante crescita e pronto ad ambire alla top ten della classifica generale.

Avete già ragionato sulle selezioni per i tre Grandi Giri? Anche voi lavorerete sul calendario per blocchi di corridori, quindi con un calendario creato ad hoc per ciascun gruppo?
Sì, più o meno sì. Proprio questo pomeriggio (ieri, ndr) abbiamo una riunione abbastanza importante in cui dovremmo mettere meglio a fuoco il discorso dei Grandi Giri. Sicuramente il primo blocco sarà quello della Milano-Sanremo, per il quale stavamo aspettando la data definitiva. Si passava dall’8, al 15 al 22 agosto, e 15 giorni di preparazione in un appuntamento unico come quello sono importantissimi. Si rischia di andare in sovrallenamento oppure di non arrivare come si dovrebbe. Per cui era importante capire e quel primo blocco con Elia Viviani sarà a Sanremo. La parte più “montagnosa” della squadra punterà invece al Lombardia, che sarà esattamente quindici giorni prima del Tour de France e sarà il primo grande blocco. Poi, di conseguenza, con quella concentrazione incredibile che ci sara, Giro, Vuelta e Classiche.

Viviani ha dichiarato che la Sanremo resta l’obiettivo primario ma che vorrebbe anche tornare al Giro d’Italia. Inoltre la sua presenza al Tour de France è scontata: per voi è uno scenario realistico?
Possibilistico sì, sicuramente. Ne abbiamo parlato tranquillamente, anche se per adesso è ancora inutile sovrapporre tutto. É una possibilità che valuteremo in corso d’opera, dopo la Sanremo e durante il Tour de France saranno la strada, le condizioni e quello che succederà a dirci se farà o non farà il Giro. Elia è un leader della nostra squadra e ci sono delle priorità anche per lui.

Lui ha dimostrato anche in passato, soprattutto due anni fa, di essere in grado di mantenere una gran condizione per più settimane. Due mesi sono tanti o, in considerazione di una stagione così anomala, è qualcosa su cui si può ragionare?
Bisognerà gestire tutto benissimo, dal punto di vista fisico, dei carichi di lavoro e psicologicamente. Ho detto che bisogna avere la forza di prendersi la responsabilità delle decisioni e anche l’agilità di variare, in corso d’opera, in base alle situazioni che si presenteranno. Un Viviani che esce bene dal Tour de France, in questa situazione di calendario, può pensare serenamente di partire ed essere tra i protagonisti del Giro d’Italia.

Qualora, invece, non dovesse essere al via della corsa Rosa, Consonni è l’alternativa per gli sprint o c’è anche un’ipotesi Laporte?
Sicuramente ci sono i corridori di Cofidis, la nazionalità non conta ma le caratteristiche e la loro storia sì. Laporte è uno dei punti fermi della squadra, potrà crescere tantissimo correndo vicino ad Elia. Consonni ha avuto un ruolo importante e lo abbiamo già visto ad inizio anno, quando Elia è caduto è stato lui ad andare a cercare di fare risultato in Australia. Ci sono dei buonissimi corridori che possono fare bene. Cofidis non è solo Elia, anche se lui rimane ovviamente uno dei leader assoluti della squadra.

Anche in ragione di quello che abbiamo detto prima, come si prepara un solo picco? Quanto cambia la preparazione rispetto alle scorse stagioni?
É un’esperienza che nessuno ha, perché sostanzialmente ci stiamo preparando ad uscire dall’inverno con 30°C di temperatura. Già questo è differente rispetto a fare le prime corse tra gennaio e febbraio, anche se è vero che ci sono Australia e Oman in quel periodo. Bisognerà essere agili mentalmente a capire cosa sta succedendo. Anche gli allenatori avranno la responsabilità di proporre carichi di lavoro adeguati, perché si rischia molto facilmente di andare in overtraining. Devo dire che sarà molto importante quello che è stato fatto nel periodi di rulli e home trainer, perché c’è gente che si è massacrata con ore di rulli. Noi abbiamo cercato di gestire e controllare con grande attenzione anche quel periodo cosa facessero gli atleti. I nostri allenatori hanno proposto inizialmente un lavoro di continuità per mantenere un buon livello, senza accelerare molto, mentre ultimamente sono cresciuti anche i carichi di lavoro.

Rulli e non solo, visto che ultimamente si è letto da più parti di allenamenti su distanze esagerate. Da direttore sportivo che idea si è fatto di queste sessioni monstre?
Valutiamo bene lo show, la comunicazione e l’allenamento. Secondo me alcuni allenamenti sulle lunghe distanze servono assolutamente, almeno dal punto di vista fisico, metabolico e mentale. Però i 300/400 chilometri mi lasciano un po’ perplesso.

Se un suo corridore le segnala che si è allenato per 300 chilometri, da ds come gli risponde?
Bravo se sei contento, ma adesso riprendiamo ad allenarci oltre che a fare le passeggiatone.

Al Tour de France andrete a caccia di tappe, soprattutto con Viviani, ma con un occhio vigile sulla classifica: come ci costruisce una squadra che riesca a soddisfare entrambe le esigenze?
Si costruisce gestendo di tappa in tappa. Sono importantissimi i corridori intermedi, ce ne saranno 2-3 dedicati a Viviani, in particolare per il finale. Poi ce ne saranno un paio, più bravi in montagna. La nostra punta sarà Guillaume Martin, che potrà essere supportato da almeno due corridori con le sue caratteristiche. Per corridori intermedi intendiamo quei passisti o passisti-scalatori che possono essere utili sia per controllare una tappa dedicata ai velocisti che per difendere o mettere in posizione gli scalatori sotto a una salita. Quelli saranno corridori importantissimi intorno a due leader che hanno caratteristiche e obiettivi differenti. Per me è un po’ come ritornare ai tempi di Cadel Evans e Robbie McEwen alla Lotto, in cui avevano questa condizione. Direi che all’epoca proprio male non era andata…

Guillaume Martin è al primo banco di prova in un Grande Giro in una formazione World Tour. L’anno scorso ha confermato buoni progressi e il percorso, con soli 36 chilometri a cronometro, lo aiuta. In più è un corridore imparato a cavarsela da solo: partirà con l’obiettivo top ten per poi, eventualmente, dedicarsi alle tappe?
Guillaume è veramente un ottimo corridore e lo sta dimostrando anche come persona. Noi vogliamo partire mettendo nessunissima pressione. Sicuramente quando arriveranno le sue tappe avrà il supporto di tutta la squadra. Ho sempre detto che quando curi una classifica, soprattutto in un Grande Giro, devi avere la pazienza che venga da te. In base alla sua posizione in classifica, alle situazioni e alle condizioni, di giorno in giorno si deciderà cosa fare. Può dirsi ci sia un giorno in cui si decida di giocarci tutto per vincere una tappa, e lo spero, o una condizione in cui ci interesserà di più stare sulle ruote perché magari avremo perso due-tre possibili avversari della classifica e potrebbe andarci bene così. Quando parlo di agilità mentale mi riferisco anche alla singola corsa: partire con obiettivi chiari ma avere la capacità di cambiare in corso d’opera, in base alle situazioni che vengono a crearsi.

Per la Vuelta a Espana il riferimento sarà Herrada?
Sì, sicuramente. Il nostro blocco spagnolo ha grande interesse e motivazioni per la Vuelta. Sono due anni che andiamo lì e ci dicono che abbiamo una “squadrettina così”, ma sono due anni che indossiamo la maglia di leader e vinciamo delle tappe. A noi la Vuelta interessa tantissimo, tanto quanto il Giro. É più difficile costruire la squadra per il Giro perché è cacciato lì tra tra Tour e Vuelta, però è il nostro lavoro tirare fuori il meglio dagli atleti in base alle condizioni che ci sono.

Che ciclismo si immagina alla ripresa? La vostra squadra è stata una che ha subito più di tutte la quarantena all’UAE Tour
Più che il ciclismo è la vita. Stiamo riprendendo a vivere e lo sport è parte della vita. Sicuramente il nostro staff medico, già prima di quello dell’UCI, aveva già studiato tutto un protocollo interno di rispetto della salute dei lavoratori. In Cofidis c’è una grandissima cultura in tal senso. Noi siamo a tutti gli effetti dei salariati Cofidis e loro ci tengono tantissimo. Per me il ciclismo a porte chiuse non esiste, è forse una delle nostre caratteristiche migliori. É certo che, confrontando uno stadio a porte chiuse al pubblico sul Mont Ventoux, c’è una differenza importante. Dobbiamo iniziare a pensare che, così come Sars, polmonite e vaiolo, ci sarà anche il Covid-19 e qualcuno magari potrà anche prenderlo. Certamente noi faremo di tutto per lavorarci, stiamo lavorando da subito. I nostri medici e anche i tecnici dell’azienda Cofidis hanno proposto strutture e protocolli per minimizzare il rischio.

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