Slovenia, Janez Brajkovic vuole tornare a correre dopo i gravi problemi alimentari e la squalifica per doping

Janez Brajkovic si confessa in una lunga lettera pubblicata sul suo sito. Il corridore sloveno, vincitore nel 2010 del Giro del Delfinato, era stato squalificato lo scorso gennaio dopo essere risultato positivo alla metilesaneamina al Giro di Croazia 2018, positività causata da un integratore alimentare contaminato acquistato online. Dal momento che il corridore era riuscito a provare la contaminazione, l’UCI aveva deciso di punirlo solamente per 10 mesi (invece dei canonici due anni), con la data di inizio della squalifica retroattivamente fissata ad agosto 2018. La sanzione è terminata il primo di giugno e da allora Brajkovic è alla ricerca di un team che possa ingaggiarlo. Con questa lettera, nella quale spiega i gravi problemi che l’hanno afflitto durante gli anni della sua carriera, il 35enne spera ora che una squadra possa dargli una nuova opportunità.

“Questo mio problema – esordisce Brajkovic – spiegherà molto di me, delle mie azioni, reazioni e soprattutto del perché sono determinato a correre di nuovo. Si tratta di ciò con cui ho dovuto far fronte durante la mia carriera, a intermittenza, ma che non è mai sparito completamente. Si tratta di un difficile rapporto col cibo, un’alimentazione disordinata che è diventata un disordine alimentare, la bulimia“. Lo sloveno spiega quindi come questa malattia abbia presto preso il controllo della sua vita, di come lui non potesse confessare a nessuno di questo problema, e di come questo abbia influenzato la sua carriera. Soprattutto, rivela che si tratta di un problema molto più diffuso tra i ciclisti di quanto si pensi.

“Non è un problema minore come qualcuno vorrebbe farci credere. E di certo non è un problema solo delle donne. In ogni team in cui sono stato, da Continental a Professional fino al World Tour, ho avuto compagni di squadra in difficoltà. Ce n’erano almeno cinque o sei con un disordine alimentare, e molti di più con comportamenti da alimentazioni disordinate”. Brajkovic continua poi denunciando anche il comportamento delle squadre, che ignorano deliberatamente il problema: “I dottori normalmente non lo notano, perché diventi molto efficiente nel nasconderlo. Solo coloro che sono nella tua stessa posizione se ne accorgeranno. E anche se la dirigenza lo notasse, lo ignorerebbe. È molto più facile cacciare a fine stagione colui che non rende. Ma se pedala bene, allora va bene uguale”.

Successivamente, per il corridore sloveno è arrivata la positività, per colpa di quell’integratore che, confessa l’ex Astana, “era l’unica cosa che riuscivo a ingerire […] Sapevo che dovevo dare al mio corpo almeno qualcosa, per funzionare. E questo è stato quell’integratore, avena, proteine animali, aromi naturali… e metilesaneamina non segnalata, purtroppo. L’UCI aveva promesso che il loro dipartimento medico mi avrebbe contattato. Non è mai accaduto. Sapevano che avevo un problema, il problema che sta rovinando la vita e le carriera delle persone, ma non vogliono fare niente in proposito. Beh, l’altezza dei calzini sembra più importante, giusto?”. Una forte denuncia quella di Brajkovic che, dopo aver confessato la cosa all’UCI, concordando con loro 10 mesi di sospensione, l’ha detto anche alla sua squadra. Squadra che, dopo avergli promesso un’altra occasione, l’ha poi tradito, non rinnovandogli il contratto e lasciandolo solo.

Ora però, anche grazie all’aiuto di alcune persone, lo sloveno ha ritrovato fiducia in se stesso e vuole tornare a correre perché “il ciclismo è me, siamo inseparabili. Sono consapevole che ci sarà un tempo per ritirarsi e ho progetti per il futuro, ma questo non è ancora il momento. Negli ultimi sette anni non avevo mai pedalato così bene, da gennaio ho percorso oltre 26 mila km. Pedalare mi dà libertà”. Da qui, l’appello per trovare una squadra con cui correre: “Sarò onesto, ho provato a correre il Tour of Slovenia con la nazionale ma non ho ricevuto risposte da loro. Ho anche scritto mail a tutti i team iscritti al Tour of Utah, disposto a coprire tutte le spese in prima persona. Non è semplice e non so se ci sarà una possibilità, ma fino all’ultimo io continuerò su questa strada. Potrebbe non essere il Tour of Utah, ma alla fine qualcuno dirà di sì”.

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