Strade Bianche 2025, Mauro Vegni risponde alle critiche su percorso, cadute e assenza dei big: “C’era Pogačar, e questo è tutto ciò di cui avevo bisogno”
"Non è una corsa troppo dura o pericolosa - ha aggiunto il direttore di gara - Almeno, non per i veri corridori. Purtroppo non ce ne sono molti"
La Strade Bianche ha regalato anche quest’anno un bello spettacolo, ma non sono mancate alcune critiche. Molte hanno riguardato il percorso della corsa toscana, già allungato lo scorso anno con l’inserimento di un circuito nel finale e ulteriormente indurito quest’anno con l’aggiunta del lungo settore di sterrato di Serravalle. Modifiche che, secondo molti, hanno reso la gara troppo sbilanciata verso gli scalatori e avrebbero così indotto corridori da classiche come Mathieu Van Der Poel e Wout Van Aert a saltare l’appuntamento, che comunque ha visto la presenza al via del campione del mondo Tadej Pogačar, splendido vincitore nonostante una caduta.
A rispondere alle critiche è stato il direttore del Giro d’Italia e delle altre corse targate RCS Sport Mauro Vegni in un’intervista rilasciata a Het Nieuwsblad: “Chi dice che Wout Van Aert o Mathieu Van Der Poel non saranno di nuovo al via l’anno prossimo? C’era Pogačar, e questo è tutto ciò di cui avevo bisogno. Dal New York Times alla BBC, si è parlato della gara ovunque. E se davvero Wout e Mathieu non parteciperanno perché il percorso è diventato più lungo o più duro, allora ci penserò. Ma tutti sanno che non è questo il motivo”.
“Tutti dimenticano che le strade non appartengono solo ai ciclisti – ha aggiunto il 66enne parlando del cambiamento del tracciato – Con il percorso precedente dovevo chiudere una strada pubblica importante per due ore, bloccando il traffico verso Roma. Introducendo questa strada, sono riuscito a superare il problema”.
C’è anche chi ha rimproverato le troppe cadute avvenute in gara, che hanno tagliato fuori molti dei possibili protagonisti quando mancavano ancora molti chilometri al traguardo e hanno causato infortuni ad alcuni corridori: “Sì, sabato ci sono state più cadute rispetto agli altri anni – ha ammesso Vegni – Questo è dovuto alle condizioni dello sterrato. Questa volta era molto secco e polveroso, e questo ha reso il percorso più pericoloso. Ma la Strade Bianche è proprio questo. Questa corsa non è troppo dura o pericolosa. Almeno, non per i veri corridori. Purtroppo non ce ne sono molti“.
“Ha anche a che fare con la mentalità dei corridori – ha proseguito il direttore di corsa – Il gruppo aveva un codice morale. Quando c’era pericolo, ci si avvisava a vicenda. Ora noto che i corridori non vogliono più preoccuparsi di avvisarsi a vicenda del pericolo imminente. Oggi è come dicevano i romani: mors tua vita mea, la tua morte è la mia vita“.
“I corridori corrono sempre più rischi – riflette il 66enne – Questo fa parte del ciclismo. Ma si possono anche correre rischi eccessivi. Anche l’equipaggiamento è migliorato molto. I progressi fatti con le biciclette significano che la gente va più veloce. I freni a disco, ad esempio, permettono di frenare più tardi. Ma, in un gruppo, questo porta a situazioni pericolose“.
“Siamo uno sport che si basa sulla velocità. La F1 ha forse ridotto la velocità delle auto a duecento chilometri all’ora quando possono andare a trecento? No. Hanno adottato misure che hanno ridotto al minimo il rischio di incidenti mortali. È su questo che il ciclismo deve lavorare“, ha concluso Vegni.
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