Coronavirus, Davide Cassani propone la sua ricetta per aiutare i giovani: “Congeliamo tutte le categorie”

Davide Cassani propone alcune misure per aiutare i giovani. Gli atleti delle varie categorie infatti sostanzialmente perderanno un prezioso anno di formazione, che nel loro percorso verso il professionismo (ma anche umano) può rivelarsi fondamentale. Per questo il commissario tecnico della nazionale strada élite e coordinatore delle squadre nazionali azzurre, riflette sulla possibilità di congelare le attuali categorie in modo da poter concedere un ulteriore anno a tutti gli atleti coinvolti. In particolare le figure più colpite sarebbero tutti coloro che quest’anno dovrebbe passare in quella superiore: un discorso che risulta particolarmente ostico se si pensa agli Under23 che dovrebbero così passare al professionismo con un anno in meno di esperienza. Ancor più complesso il caso per coloro che non passerebbero, ritrovandosi incolpevolmente fuori categoria, senza la possibilità di aver dimostrato il proprio valore in una stagione per loro fondamentale.

Lo sport, il ciclismo sono fermi. Lo so, ora ci sono problemi molto più grandi da risolvere ma io, in questo ambito, non posso fare molto, anzi, non posso fare proprio nulla se non starmene in casa ed aspettare.
Sono il CT della nazionale di ciclismo ma soprattutto questo sport ce l’ho nel sangue, nel cuore, perfino nel profondo della mia anima. Lo scorso anno ho avuto la gioia di dirigere una nazionale che ha dominato (grazie a nostri azzurri) il campionato europeo e l’emozione di guidare un manipolo di corridori italiani forti, uniti, coraggiosi, alla conquista di una maglia iridata. Quel mondiale non siamo riusciti a conquistarlo ma l’ Italia, i nostri azzurri, hanno dato una lezione di grande ciclismo e se non abbiamo vinto è perché abbiamo trovato sulla nostra strada un giovane danese più forte di noi. Il mio sogno resta quello di vincere un Mondiale ma ora non sto pensando a quello. No, ora tra le mura di casa mia, ho altri pensieri.
Penso ai miei ragazzi, a quando potrò rivederli pedalare, correre, vincere. Non penso solo a loro. Penso ai giovanissimi, a chi ha appena cominciato a giocare e divertirsi in bicicletta. Penso ai ragazzini di 13 e 14 anni, gli esordienti. Le prime gare in linea, le prime corse nazionali. Penso agli Allievi, ragazzi di 15 e 16 anni. Io ho cominciato a fare gare proprio in questa categoria. Per la prima volta si toccano i 100 km, le salite un po’ più lunghe, il gioco che è già diventato sport. Mi viene in mente quel viaggio in treno fino a Napoli, con altri 14 ragazzi emiliani romagnoli. La mia prima trasferta da corridore per disputare il campionato italiano a Secondigliano. I cinque giorni più belli di quel 1977, arrivai settimo ma vinse un mio corregionale quindi un mio compagno di squadra. Fu una festa per tutti noi e non solo per Mauro Valli.
Penso agli juniores, promesse di 17 e 18 anni. La speranza di una convocazioni in nazionale, i primi mondiali, i primi confronti internazionali. Vinsi 9 gare nel 1979, da juniores, niente nazionale, niente mondiali ma la consapevolezza di essere sulla strada giusta.
E poi gli Under 23, ragazzi di 19/22 anni. Al primo anno nella categoria le giornate sono divise tra libri e bicicletta. La mattina a scuola, il pomeriggio fuori in allenamento. Finalmente l’esame di maturità a spianarti la strada per un dilettantismo a tempo pieno. Si, sono ragioniere ma voglio fare altro nella vita. Voglio correre in bicicletta. Sono gli anni più importanti, anzi fondamentali. Finalmente posso dedicare tutto il mio tempo e la mia passione allo sport che mi ha rapito, che trasforma la fatica in emozione, i sogni in obbiettivi. Ho ancora tre anni per farmi vedere, convincere i direttori sportivi del mondo professionistico, andare a far parte di quel mondo che per ora ammiro solo in televisione.
E adesso? Che sta succedendo? Ed i miei programmi? Le mie corse? Come faccio?
Io voglio correre cavolo. Amo il ciclismo, adoro mettermi un numero sulla schiena, allenarmi con i miei compagni di squadra, cercare di battere i miei avversari, arrivare un giorno a correre il Giro d’Italia, un campionato del mondo.
Tu non puoi, maledetto virus, portarmi via i miei sogni. Non puoi costringermi a rimanere rinchiuso in casa, ho un obbiettivo da raggiungere, una strada da percorrere, e se non posso neanche uscire in bici come faccio?
Se non corro da esordiente cosa succederà il giorno che sarò allievo? Se sono allievo mi spieghi come cavolo faccio il prossimo anno a gareggiare tra gli juniores? E se sono Juniores di secondo anno perché sono obbligato a passare Under 23 senza neanche aver messo in pratica l’esperienza dello scorso anno? Ed io cosa devo dire allora? Sono al quarto anno tra gli Under 23, è l’anno decisivo, ultimo anno in questa categoria. O passo quest’anno oppure sarà molto più complicato arrivare al professionismo. E dire che a dicembre avevo cominciato ad allenarmi gasato più che mai. Lo sentivo, era l’anno buono. Aiutato anche da un inverno che non è mai stato severo, anzi, le temperature meno rigide del solito ed il sole mi avevano dato la possibilità di allenarmi di più rispetto agli anni scorsi. Mi sono allenato tutti giorni, poi le prime corse a febbraio con l’entusiasmo di sempre, anche di più e con l’attenzione proiettata a giugno, al prossimo giro d’Italia giovani, la corsa più importante dell’anno.
Invece no. Niente di tutto questo. Sono chiuso in casa. Si, in ansia per tutto quello che sta succedendo ma anche preoccupato del mio futuro. Sono ormai 4 settimane che non esco di casa e l’unico mio sfogo è una sudata sui rulli. Ho paura. Paura del mio domani. Perché il mio domani è la bicicletta, la mia passione.

Non è un problema italiano, è una questione mondiale. Non può, un Under 23 di quarto anno vedere svanire le proprie ambizioni per colpa di un maledetto virus. Il 2020, bene che vada, avrà un calendario ciclistico di qualche mese. Per un under 23 nessuna possibilità di poter dimostrare il proprio valore e allora credo che bisogna cambiare qualcosa. Non possiamo rubare ai nostri giovani una delle poche cose che ancora si possono permettere. Dobbiamo cercare di garantire loro un futuro concreto, dove ancora ci si possa mettere in gioco anche quando le cose sembrano andare maledettamente storte, cioè creargli una via d’uscita per tornare a fare quello che hanno fatto e vogliono continuare a fare.
Questa la mia idea:
Congeliamo tutte le categorie inserendo i G7 dopo i G6.
Il prossimo anno?
Gli esordienti (nati nel 2006/07) restano esordienti
Gli allievi (nati nel 2004/05) restano allievi
Gli juniores (nati nel 2002/03) restano juniores
La categoria Under 23 sarà, come quest’anno , per ragazzi nati negli anni 98/99/00/01
E’ un’idea, un forma di rispetto per i nostri giovani corridori che hanno trascorso un intera annata senza poter crescere e senza poter misurare i propri progressi. Questo provvedimento potrebbe restituire loro una annata che non è trascorsa invano perché non è trascorsa.
Voi cosa ne pensate?

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