Pagellone 2018, A-G: Aru, Bernal, Dennis, Dumoulin, Cunego, Froome e tanti altri

Il 2018 è ormai agli sgoccioli ed è tempo per tutti i corridori di tirare le somme sui risultati conseguiti. Dalla A alla Z, la redazione di SpazioCiclismo assegna un voto ai principali protagonisti dell’annata, tenendo conto dei risultati conseguiti rispetto alle aspettative e del lavoro svolto per i compagni di squadra. Dalle grandi sorprese alle grosse delusioni (che abbiamo già approfondito con i relativi approfondimenti), il Pagellone 2018 permette di tracciare una linea di quanto è accaduto nei dieci mesi ricchi di emozioni e colpi di scena, dal Tour Down Under alla Japan Cup.

LETTERA A

Pascal Ackermann (Bora-Hansgrohe), 7: Il secondo anno tra i professionisti dello sprinter tedesco è quello della consacrazione. Ottiene nove vittorie conquistando il titolo nazionale in linea e festeggiando sei volte in corse World Tour. Impiega tre mesi per sbloccarsi, ma quello che ottiene da aprile in avanti (tappe al Giro di Romandia, Criterium del Delfinato, Giro di Polonia e Tour of Guangxi abbinate alla Prudential RideLondon, alla Brussel Classic e al GP de Fourmies) vale come un’ipoteca importante su un futuro luminoso. Il 2019 sarà l’anno giusto per misurarsi nei Grandi Giri.

Julian Alaphilippe (Quick-Step Floors), 8: Il Mondiale e una Monumento avrebbero reso la sua stagione memorabile. Il francese conferma tutti i suoi progressi con 12 successi, tra cui due classiche (la Freccia Vallone interrompendo l’egemonia di Alejandro Valverde e la Classica di San Sébastian) e prendendosi due tappe e la Maglia a Pois al Tour de France, evidenziando incoraggianti miglioramenti anche sulle tre settimane. Rimane a corto di energie nel giorno più importante dell’anno, ma a soli 26 anni avrà ancora diverse chance per tentare l’assalto alla maglia iridata.

Vincenzo Albanese (Bardiani-CSF), 5,5: Corre meno rispetto al 2017, complice l’esclusione dalla squadra schierata al Giro d’Italia, e si perde spesso nell’anonimato. La seconda annata tra i professionisti sembra così far segnare un passo indietro. Ottiene solo quattro piazzamenti nella top 10 (tappe del Giro di Croazia, Giro della Repubblica Ceca, Tour of Britain e Coppa Bernocchi) e nessuno nei primi cinque, appiattendosi su livelli non eccelsi. Vive la giornata migliore alla Coppa Sabatini, ma una scivolata in curva a 500 metri dal traguardo ne mortifica i sogni di gloria.

Igor Anton (Dimension Data), 6: L’ultima stagione di una carriera tra i professionisti durata 14 anni lo vede votato alla causa dei compagni e con poca licenza, e capacità, di offendere. Vive il picco nella Vuelta a Burgos, dove sfiora il podio della classifica generale, e fa calare il sipario dopo una Vuelta a España anonima. Proprio il GT di casa, senza una tremenda caduta nell’edizione del 2010 in Maglia Rossa, gli avrebbe potuto regalare un palmarès più nobile.

Nikias Arndt (Sunweb), 6,5: Per la prima volta dopo cinque stagioni il 27enne tedesco taglia il traguardo di fine anno senza vittorie. Trasformatosi progressivamente in prezioso uomo squadra, fa parte della spedizione al servizio di Tom Dumoulin sulle strade del Tour de France e proprio Oltralpe ottiene due dignitosi piazzamenti nei primi 10, ripetendosi con un buon 8° qualche settimana più tardi nella Classica di Amburgo.

Fabio Aru (UAE Team Emirates), 4: Contorni disastrosi per la prima stagione del sardo dopo la separazione da Alexandre Vinokourov. Si attacca il dorsale per più di 80 volte, ma non è praticamente mai competitivo per la vittoria finale. Dopo un discreto segnale lanciato verso Sarnano Sassotetto alla Tirreno-Adriatico e dopo un Tour of the Alps in cui si colloca stabilmente tra le seconde linee, stecca fragorosamente l’appuntamento col Giro d’Italia e da lì in avanti sprofonda in un deserto di equivoci e delusioni. Torna in corsa a fine luglio, ma il nuovo flop alla Vuelta gli suggerisce di rinunciare anche alla convocazione per i Mondiali di Innsbruck dove, nelle intenzioni di inizio anno, avrebbe dovuto fungere da vice-capitano. Inspiegabilmente viene fatto correre anche ad ottobre in Cina. Al 2019 il compito di far chiarezza sulla dispersione del talento.

Darwin Atapuma (UAE Team Emirates), 4,5: Anche lo scalatore colombiano finisce risucchiato nel vortice della stagione no della pattuglia emiratina e conclude pure la sua seconda annata alla corte di Beppe Saronni senza vittorie all’attivo. Appena una volta nei primi 10 in 74 giorni di gara, partecipa sia al Giro d’Italia che al Tour de France somigliando a un parente lontanissimo del corridore che in passato sapeva entrare, spesso con profitto, nelle azioni da lontano in buona parte delle tappe di montagna. Offre un rendimento modesto sia quando è al servizio dei capitani di turno che quando gli viene concesso di mettersi in proprio.

LETTERA B

Nicola Bagioli (Nippo-Vini Fantini-Europa Ovini), 7: Si mette in mostra in diverse occasioni, correndo spesso all’attacco. Al secondo anno da professionista riesce a lottare anche in corse importanti, in cui gli manca solo l’acuto per mettere la ciliegina sulla torta in una stagione comunque positiva. La vittoria della classifica riservata agli scalatori nella Tirreno Adriatico ne conferma le qualità fisiche e caratteriali, in una settimana corsa spesso davanti al plotone. Si avvicina al colpaccio in volata alla Vuelta a Burgos e al Tour du Limousin, dove ottiene un terzo e un quarto posto di tappa.

Jan Bakelants (AG2R La Mondiale), 6: Altra stagione difficile a livello personale per il belga, che non riesce più a incidere come qualche anno fa. Decide allora di mettersi a servizio dei leader della sua squadra, a cui la sua esperienza in corsa può essere molto utile. A 32 anni, la sua trasformazione da capitano per le classiche a gregario affidabile sembra imminente, se non è già avvenuta.

Davide Ballerini (Androni Giocattoli-Sidermec), 7,5: Il suo secondo anno da professionista gli porta grandi soddisfazioni, insieme alle prime vittorie. Attaccante nato ma anche generoso compagno di squadra in appoggio ai capitani, il canturino si sblocca nel prologo del Sibiu Cycling Tour prima di vivere due giorni magici a settembre nelle classiche italiane, con l’uno-due micidiale al Memorial Marco Pantani e Trofeo Matteotti, dove dimostra di avere un ottimo spunto in volata all’interno di un gruppo selezionato dalle difficoltà di giornata. Passista affidabile, con il tempo sta migliorando anche sulle salite brevi. Il suo passaggio in una World Tour è il giusto premio a un’annata costante e ricca di soddisfazioni, personali e di squadra.

Romain Bardet (AG2R La Mondiale), 7,5: La sua stagione si apre con un successo a febbraio nella Classic de l’Ardèche, prima di una campagna di classiche decisamente sopra le aspettative. Il transalpino partecipa alle Strade Bianche cogliendo un’inaspettata seconda posizione in una corsa poco adatta alle sue caratteristiche, poi coglie il suo primo podio in carriera in una classica monumento con il terzo posto alla Liegi Bastogne Liegi. L’argento ai mondiali di Innsbruck è un’ulteriore dimostrazione del suo salto di qualità nelle corse da un giorno, in cui ormai è da considerare tra i big. L’unico piccolo passaggio a vuoto è al Tour de France, suo principale obiettivo, dove chiude comunque in sesta posizione. Una piccola macchia in una stagione corsa ad altissimo livello, per la prima volta da febbraio a settembre.

Warren Barguil (Fortuneo-Samsic), 5: Presentatosi dopo una partecipazione brillante al Tour de France 2017, il francese stecca completamente la sua avventura con la formazione Continental. Nella Grande Boucle non riesce mai a trovare la fuga vincente, pur muovendosi spesso per conquistare punti (in)utili per la maglia a pois, poi stravinta da Alaphilippe. Il suo miglior risultato dell’anno è il terzo posto al GP de Wallonie: troppo poco per un corridore attorno a cui sembrava girare il progetto di un’intera squadra.

Enrico Battaglin (LottoNL-Jumbo), 6,5: Dopo qualche stagione opaca, torna grande protagonista nelle prime due settimane del Giro d’Italia. A Caltagirone parte un po’ troppo lungo, ma a Santa Ninfa porta a casa un successo di tappa che vale l’intera annata. Nelle giornate successive ottiene altri due buoni piazzamenti, chiudendo quarto. Nel resto della stagione si mette a servizio dei propri capitani in una formazione attrezzatissima per la classifica generale, cogliendo qualche risultato in top ten tra Giro di Svizzera e Giro di Polonia, nelle poche occasioni in cui gli viene lasciata carta bianca. Bentornato.

Phil Bauhaus (Sunweb), 6,5: Pur in un’annata non sempre fortunata, riesce a conquistare un successo prezioso in una tappa dell’Abu Dhabi Tour e a piazzarsi in qualche occasione, con il quarto posto nell’unica volata della Parigi Nizza che riesce a disputare e un secondo posto al Down Under. A luglio ottiene anche un buon risultato alla Prudential Ride of London, che chiude sesto. Nel complesso mostra qualche segnale di crescita, pur in una squadra che raramente gli concede il ruolo di capitano.

Manuel Belletti (Androni-Sidermec), 7: Protagonista al Tour de Langkawi con una vittoria di tappa, si mette in mostra anche al Giro d’Italia, riuscendo più volte a gettarsi nella mischia tra i migliori velocisti per portare a casa un piazzamento in top ten. Il quinto posto a Roma è il suo piazzamento migliore, con l’impressione che in futuro possa essere migliorato. Vince una tappa, classifica generale e classifica a punti nel Giro d’Ungheria, dove è sempre protagonista, prima di concludere con un altro successo di giornata al Tour of Hainan. Per poco non trova l’acuto anche alla Coppa Bernocchi e al GP Beghelli, chiusi rispettivamente secondo e primo. Anche per alcune classiche sarà da tenere in considerazione.

Marco Benfatto (Androni-Sidermec), 7: Nelle corse da una settimana in Sudamerica e in Asia è ormai una certezza. Vince a luglio in Venezuela, poi si conferma specialista delle competizioni cinesi conquistando due tappe al Tour of China I e una al Tour of Hainan a fine ottobre. Il suo feeling con le gare lontano dall’Europa è ormai sempre più consolidato, e in volata sa dire la sua anche a cospetto di nomi interessanti.

George Bennett (LottoNL-Jumbo), 7: Sempre costante, per il primo anno riesce a essere competitivo in quasi ogni corsa a tappe a cui prende parte. Il neozelandese chiude in top ten Tirreno Adriatico e Vuelta Ciclistica a Catalunya prima del quinto posto al Tour of The Alps, che fa da preludio all’ottavo posto al Giro d’Italia. Dopo un po’ di meritato riposo, arriva quarto da protagonista al Giro di Polonia, prima di mettersi a servizio di Steven Kruijswijk alla Vuelta a España. Il decimo posto a Il Lombardia certifica un buon potenziale anche nelle classiche più dure, in una stagione in cui è mancato solo l’acuto, non certo determinazione e costanza.

Sam Bennett (Bora-Hansgrohe), 7,5: La sua consacrazione arriva al Giro d’Italia, in cui ottiene tre vittorie di tappa al cospetto di rivali di altissimo livello. La più preziosa viene conquistata a Roma, a impreziosire tre settimane che lo lanciano tra i grandi sprinter attuali. Dopo la vittoria alla Rund um Köln si prende un periodo di calma e non riesce a brillare nelle classiche, prima di tornare grande protagonista al Giro di Turchia, in cui vince tre volte. Il suo capolavoro a Istanbul gli permette di pensare a qualcosa di più per il suo futuro, come ciclista da tenere d’occhio nelle corse da un giorno.

Tiesj Benoot (Lotto Soudal), 7: Nelle menti dei grandi appassionati di ciclismo è impressa la sua splendida azione alle Strade Bianche, che gli ha portato la sua prima (e finora unica) vittoria da professionista. Il quarto posto alla Tirreno Adriatico ne conferma il potenziale nelle corse da una settimana, mentre nelle classiche rimane una certezza, con la top ten a E3 Harelbeke, Dwars door Vlaanderen, Giro delle Fiandre e Freccia Brabante. Una caduta ne compromette i risultati al Tour de France e nel resto della stagione, compresa una Vuelta a España piuttosto anonima.

Egan Bernal (Team Sky), 8: La sua prima stagione in una squadra World Tour è da urlo. Il colombiano vince il campionato nazionale a cronometro, conquista la Colombia Oro y Paz e sfiora due volte il successo in una corsa WT da una settimana, cadendo all’ultima tappa della Vuelta a Catalunya e chiudendo secondo il Giro di Romandia. L’appuntamento è solo rimandato al Tour of California, dove domina le due tappe in salita dimostrando di essere nettamente il più forte. Poi si mette a servizio di Thomas e Froome dimostrando di avere tenuta sulle tre settimane al Tour de France, impressionando tutti per le sue qualità di scalatore e per l’intelligenza tattica.

Carlos Betancur (Movistar), 4,5: Un’altra annata da dimenticare per il colombiano, che spreca forse la sua ultima opportunità da capitano in una corsa da tre settimane. Mai tra i protagonisti al Giro d’Italia, non riesce nemmeno a rendersi particolarmente utile per il proprio compagno di squadra Carapaz, chiudendo quindicesimo senza neanche tentare di ottenere qualche risultato personale. Da incognita ormai sembra ufficialmente una meteora, promessa mai completamente mantenuta del ciclismo.

Alberto Bettiol (BMC), 6: Si mette a disposizione di Greg Van Avermaet nelle classiche, nonostante qualche caduta di troppo ne condizioni il rendimento. Come gregario si rivela prezioso, per quanto non riesca a ritagliarsi spazio personale nelle corse da un giorno. Il ritorno all’Education First può fargli bene.

Patrick Bevin (BMC), 6: Fondamentale in tutte le cronosquadre vinte dalla squadra, riesce a mettersi in mostra con il secondo posto nelle prova contro il tempo individuale del Giro dei Paesi Baschi e quello in California. Si toglie anche la soddisfazione di conquistare la classifica a punti del Tour of Britain, in cui entra in top ten sette volte in otto giorni.

Sam Bewley (Mitchelton-Scott), 6,5: Passista sempre prezioso per i risultati dei capitani nelle corse a tappe, si fa notare con un lavoro egregio al Giro d’Italia, in cui conduce il plotone per decine di chilometri in pianura a protezione di Simon Yates.

Pello Bilbao (Astana), 7: Il sesto posto al Giro d’Italia è un risultato che gli può cambiare la carriera. Pur non riuscendo mai a lottare per la vittoria di tappa, rimane sempre lì per perdere meno terreno possibile e sfruttando le sue capacità a cronometro porta a casa un bel piazzamento. Al Giro del Delfinato riesce a vincere una tappa con una splendida fuga, gestendo al meglio le energie per resistere al ritorno degli uomini di classifica. Il salto di qualità sembra a un passo.

Manuele Boaro (Bahrain-Merida), 6,5: Passista (ma non solo) fondamentale per i propri compagni di squadra, si toglie la soddisfazione di conquistare una vittoria di tappa al Giro di Croazia. Per il resto corre per Pozzovivo e Bonifazio il Giro d’Italia, facendo valere la sua esperienza e la sua capacità di leggere le corse. Lavora tantissimo per gli altri, su tutti i terreni.

Niccolò Bonifazio (Bahrain-Merida), 5: La prima frazione del Giro di Croazia e qualche piazzamento qua e là in un Giro d’Italia corso da capitano per le volate non bastano a salvare una stagione in cui ancora una volta non rispecchia pienamente le aspettative. Da tempo grande promessa del ciclismo ligure e italiano, gli manca il salto di qualità che gli permetta di esplodere e vincere con più continuità.

Nacer Bouhanni (Cofidis), 6: Quattro successi in Francia e uno in Belgio non convincono la sua squadra a portarlo al Tour, che nei suoi piani doveva essere il grande obiettivo della stagione. Il velocista non si perde d’animo e si presenta alla Vuelta a España con le migliori motivazioni, riuscendo a cogliere un successo che salva la sua stagione, anche perché ottenuto di fronte a corridori del calibro di Viviani, Trentin e Sagan. Può essere soddisfatto a metà, tra il rimpianto per la mancata partecipazione alla Grande Boucle e l’acuto in Spagna.

Gianluca Brambilla (Trek-Segafredo), 5,5: Problemi fisici, cadute e tante sfortuna condizionano una stagione su cui puntava molto. Non può giocarsi al meglio la propria possibilità di essere capitano al Giro d’Italia, in cui prova allora a conquistare un successo di tappa che non arriva. In un 2018 passato alla disperata ricerca di una condizione mai arrivata, il quinto posto al Memorial Marco Pantani lascia qualche speranza per il futuro.

Matti Breschel (EF-Drapac), 5: Il dodicesimo posto alla Milano Sanremo è l’unico risultato degno di nota nelle classiche, il vero obiettivo dell’intera stagione. Basta questo a fotografare un 2018 lontano dalle aspettative, in cui il terzo posto alla Japan Cup, ultima corsa, ha il solo effetto di accrescere il rimpianto per le potenzialità inespresse dal danese. A 34 anni, il timore è che sia in un calo ormai irreversibile.

Emmanuel Buchmann (Bora-Hansgrohe), 6: Complici alcuni problemi e un percorso poco adatto a lui, decide di non partecipare al Tour e concentrarsi sulle corse da una settimana. La scelta sembra pagare, con piazzamenti in top ten ad Abu Dhabi, al Giro dei Paesi Baschi (dove chiude quarto), al Giro di Romandia, al Giro del Delfinato (sesto) e al Giro di Polonia (settimo), confermando una grande continuità e delle qualità non indifferenti in salita. Non riesce a confermarsi alla Vuelta, che termina in dodicesima posizione senza mai lottare per una vittoria di tappa. La sua costanza lo tiene spesso tra i piazzati, mai tra i migliori. Dovrà lavorare su questo in futuro, se vorrà lasciare il segno su qualche corsa. A 26 anni, avere come unico successo un campionato nazionale tedesco è un peccato per uno come lui.

Marcus Burghardt (Bora-Hansgrohe), 6,5: Pedina indispensabile per Peter Sagan nelle classiche sul pavé, trascina il gruppo e chiude i buchi al Giro delle Fiandre (finché può) e alla Parigi-Roubaix, permettendo allo slovacco di avere campo libero al momento di lanciare la propria azione decisiva. Il tedesco rimane uno dei luogotenenti che ogni corridore vorrebbe avere nel periodo tra febbraio e aprile. Come passista si mette a servizio del campione del mondo anche al Tour e alla Vuelta, risultando sempre un appoggio molto utile.

Matteo Busato (Wilier-Selle Italia), 5,5: Il terzo posto al Trofeo Laigueglia sembrava il preludio a una stagione da protagonista, ma uno degli uomini più rappresentativi della Continental Pro italiana non riesce mai a essere davvero protagonista. L’unico piazzamento successivo è il terzo posto in una tappa e nella classifica generale del Tour de Korea, pochino per le sue potenzialità.

LETTERA C

Victor Campenaerts (Lotto-Soudal), 7,5: Per il 27enne belga è stata la stagione delle seconde volte. Se la seconda laurea nel campionato nazionale a cronometro ha un peso specifico modesto, ben più importante è il bis continentale nella specialità. Una conferma, per pochi decimi di secondo, che apre le porte anche al primo metallo iridato, col terzo posto ottenuto a Innsbruck. Consacrato tra i migliori interpreti nell’esercizio, gli manca ancora il successo in un GT anche nella stagione in cui, per la prima volta in carriera, ne corre due, cercando sempre di farsi notare. Ora è atteso all’assalto del Record dell’Ora.

Marco Canola (Nippo-Vini Fantini-Europa Ovini), 6: Trasforma le sei vittorie del 2017 in altrettanti secondi posti, chiudendo a stecchetto una stagione che lo avrebbe potuto consacrare definitivamente. Dimostra buona regolarità durante l’intero anno, pur pagando la mancata WildCard per il Giro d’Italia, ma non è mai all’altezza dei migliori nelle poche Classiche a cui partecipa, ad eccezione di una Milano-Sanremo chiusa nel gruppo all’inseguimento di Nibali. A settembre si piazza spesso, ma non brilla nel calendario italiano, restando così fuori dai convocati per Innsbruck dopo aver ottimamente figurato agli Europei di Glasgow tirando il gruppo nella prima metà del percorso.

Richard Carapaz (Movistar), 7,5: È col botto la seconda stagione tra i professionisti del venticinquenne ecuadoriano. Soprattutto nella prima metà dell’anno fa vedere cose sensazionali, preparando il terreno tra Parigi-Nizza (11°) e Coppi&Bartali (3°) per passare al raccolto tra Vuelta Asturias (tappa e classifica generale) e, soprattutto, Giro d’Italia. Nella Corsa Rosa mette in mostra un talento a prova di conferma, vincendo in solitaria da outsider a Montevergine e restando in lotta con Miguel Angel Lopez per la Maglia Bianca e il podio di Roma. Chiuderà quarto e con una serie di piazzamenti che ne suggeriscono promozioni immediate in seno alla formazione iberica, dopo essere stato sacrificato sull’altare dei capitani Valverde e Quintana alla Vuelta.

Damiano Caruso (BMC Racing Team), 7: Una stagione che fotografa alla perfezione la sua carriera: molto più di un semplice gregario, con possibilità da battitore libero. Quando gli viene concessa licenza il siciliano ribadisce una indiscutibile regolarità che, sebbene favorita dalla forza del collettivo nelle cronosquadre, lo porta a sfiorare il successo finale alla Tirreno-Adriatico (2°) e a completare la top five del Delfinato. Al Tour de France si ritrova battitore libero dopo il forfait di Porte e rivela una condizione egregia, centrando spesso la fuga di giornata ma mancando il risultato pieno. La costanza gli vale una meritata maglia azzurra per Innsbruck, che onora muovendosi dalla distanza e risultando prezioso anche nelle ultime due tornate.

Dario Cataldo (Astana), 6,5: Rendimento in linea con le aspettative per l’abruzzese, sempre più uomo squadra nella pattuglia Vinokourov. Come nel 2016 prende parte a un solo GT, venendo destinato alla Vuelta in supporto di Miguel Angel Lopez, dove ha pochissime occasioni per mettersi in proprio. Durante la stagione dà bella mostra di sé al Giro d’Austria, chiudendo terzo, mentre nel calendario World Tour si prende la Maglia a Pois al Delfinato e sfiora la classifica riservata agli scalatori anche alla Tirreno-Adriatico. Proprio in Francia subisce però la beffa atroce del mancato successo verso Lans-en-Vercors, con Alaphilippe e soci che lo riacciuffano a meno di 200 metri da una gloria che non assapora ormai da oltre quattro anni.

Mattia Cattaneo (Androni-Sidermec), 6,5: Dopo un avvio di stagione non proprio esaltante e condito da più bassi che alti, si guadagna una sufficienza piena grazie alle buone prestazioni offerte sulle strade del Giro d’Italia, dove con il terzo posto di Prato Nevoso mette a referto il suo miglior risultato assoluto alla quinta partecipazione in un GT, e soprattutto a un autunno altamente positivo. Spesso tra i primi nelle prove del calendario italiano, chiude alla grande tra Milano-Torino (4°) e Il Lombardia (19°) risultando in entrambe le gare il miglior piazzato tra i corridori Professional.

Mark Cavendish (Dimension Data), sv: Bissa la pessima performance della passata stagione tagliando il traguardo di fine anno con una sola vittoria all’attivo, quella ottenuta nella terza tappa del Dubai Tour al terzo giorno assoluto in gara. Le attenuanti, però, non gli mancano. Perseguitato dalla sfortuna tra febbraio e marzo, con cadute rovinose che lo tagliano fuori da Abu Dhabi Tour, Tirreno-Adriatico e Milano-Sanremo, non ritrova mai il giusto colpo di pedale e buca anche l’appuntamento del Tour de France terminando fuori tempo massimo nell’undicesima tappa. Un mese più tardi scoprirà la causa del nuovo flop: un nuovo focolaio di quella mononucleosi già emersa un anno fa.

Sylvain Chavanel (Direct Energie), 6: Interpreta alla garibaldina la stagione dell’uscita di scena dopo diciannove da professionista. Ormai comprimario in quelle Classiche del Nord che spesso lo avevano visto protagonista in passato (44 le Monumento corse e 33 quelle portate a conclusione), sfiora il successo numero 46 in carriera esclusivamente nelle prove a cronometro, salendo sul podio in quelle “casalinghe” all’Etoile de Bessèges e al Tour du Poitou-Charentes. Alla Grande Boucle è invece sempre in avanscoperta e colleziona, oltre all’ideale e continuo abbraccio del pubblico, record di longevità destinati a restare a lungo nella storia.

Esteban Chaves (Mitchelton-Scott), sv: Vince tre corse, poi viene sconfitto da un avversario molto più grande di lui: la mononucleosi. Presenta come biglietto da visita vittoria in salita e classifica generale dell’Herald Sun Tour, ma poi delude con qualche passaggio a vuoto di troppo distribuito tra Parigi-Nizza e Vuelta a Catalunya. Al Giro d’Italia sembra rinascere, prendendosi grazie a un perfetto gioco di squadra il primo arrivo in salita sull’Etna e ripetendosi ad alti livelli anche sul Gran Sasso. Dopo il giorno di riposo, però, naufraga verso Gualdo Tadino e il calvario che lo condurrà fino a Roma, fuori classifica e inutile alla causa di Simon Yates, sarà solo il preludio a un’uscita di scena che si consumerà già a fine maggio.

Giulio Ciccone (Bardiani-CSF), 7: Per il terzo anno di fila chiude con un successo all’attivo, sbloccandosi nelle corse di un giorno con una bella prova di forza al Giro dell’Appennino, tappa finale di un percorso d’avvicinamento al Giro d’Italia scandito da buone prestazioni sciorinate nella Coppi&Bartali e al Tour of the Alps. Una banale caduta alla vigilia della partenza per Gerusalemme, però, complica i piani della sua Corsa Rosa e lo costringe ad accontentarsi della ricerca di un successo di tappa che non arriverà, col secondo posto nella classifica riservata agli scalatori che brucia particolarmente. Si riscatta con la piazza d’onore finale nella Adriatica Ionica Race, mentre la seconda metà di stagione – vissuta col contratto per la Trek-Segafredo già in tasca – lo vede collezionare performance discrete ma mai completamente convincenti.

Damiano Cima (Nippo-Vini Fantini-Europa Ovini), 7: Al primo anno tra i professionisti il più grande, ma forse meno quotato, tra i fratelli Cima ottiene una sequela interessante di piazzamenti e si sblocca nel calendario asiatico, vincendo tappa e generale al Tour of Xingtai e tappa al Tour of China nel giorno del suo venticinquesimo compleanno. Meno efficace quando si scontra con sprinter più esperti, ha avuto comunque un buon impatto nella massima categoria. Chiude con l’amaro in bocca per la frattura della clavicola sinistra subita nella volata del Criterium di Oita in Giappone.

Imerio Cima (Nippo-Vini Fantini-Europa Ovini), 6,5: Debutta tra i professionisti con qualche problema in più del previsto. Non certo memorabile l’impatto nelle classiche del Nord, mentre nella seconda metà del calendario evidenzia l’ottimo spunto veloce di cui dispone, e che gli era valso quattro successi un anno fa, piazzandosi spesso al Tour of Taihu Lake e al Tour of Hainan, con due piazze d’onore che gridano vendetta. A soli 21 anni ha comunque dimostrato di poter ambire a un futuro da protagonista.

Davide Cimolai (Groupama-FDJ), 6: Ha poche occasioni per mettersi in mostra, con appena 52 giorni di gara collezionati, e dopo tre anni manda in archivio una stagione senza vittorie. Escluso dalle tre selezioni presentate nei GT dai transalpini, vive la sua giornata di grazia nei Campionati Europei di Glasgow, dove è pressoché perfetto nel ruolo di luogotenente di Matteo Trentin permettendo, nonostante avesse tutte le carte in regola per ambire al successo nel drappello che si è giocato la medaglia d’oro, al compagno di nazionale di sfrecciare davanti a Van der Poel e Van Aert.

Simon Clarke (EF-Drapac), 6,5: A sei anni di distanza da quello che fu il primo successo da professionista, coglie il bis sulle strade della Vuelta prendendosi da fuggitivo la frazione con arrivo a Roquetas de Mar. Una vittoria che salva la spedizione statunitense nel GT e la sua annata, costellata altrimenti da tante apparizioni in corse World Tour (Down Under, Strade Bianche, Tirreno-Adriatico, Milano-Sanremo, Giro di California, Delfinato, Tour de France e Il Lombardia) e pochissimi raggi di sole.

Sonny Colbrelli (Bahrain-Merida), 7,5: Alcuni dei sette secondi posti, se trasformati in vittorie, avrebbero reso strepitosa la sua cavalcata. Non esserci riuscito non offusca però conferme e importanti novità. Su tutte quella di valere i più forti al mondo nelle volate atipiche, come dimostrato attraverso i due secondi posti al Tour de France alle spalle di Peter Sagan dopo aver bruciato l’iridato in carica e Fernando Gaviria in uno sprint al cardiopalmo al Giro di Svizzera, dove ha ottenuto il secondo sigillo in carriera in una corsa World Tour. A segno anche al Dubai Tour, nella Coppa Bernocchi e al Gran Piemonte, ha mancato di poco il bis nella Freccia Brabante e sfiorato un successo pesante a Montréal. Ormai compiuta definitivamente la metamorfosi da speranza a realtà, può e deve puntare una grande classica.

Simone Consonni (UAE Team Emirates), 6,5: L’apprendistato del 24enne velocista è uno dei pochi spunti interessanti della stagione della formazione emiratina. Ancora acerbo, lotta come e quando può con corridori ben più quotati di lui, riuscendo comunque a cogliere il suo primo successo in carriera e alcuni piazzamenti interessanti, anche in corse prestigiose come la Vuelta a España, primo prezioso grande giro disputato in carriera.

Bryan Coquard (Vital Concept), 5: Concentra le tre vittorie stagionali tra inverno (Tour of Oman) e primavera (4 Giorni di Dunkerque e Giro del Belgio), ma in mezzo è impalpabile nelle classiche a lui più congeniali. Se per il secondo anno consecutivo si trova costretto a rinunciare al Tour de France, stavolta non ha la scusa della rivisitazione in corso d’opera del calendario iniziale e non trova giustificazione il rendimento scadente che manda in scena nella seconda metà di stagione, con il secondo posto alla Parigi-Bourges che non basta a mascherare i problemi riscontrati con l’approdo nella nuova squadra.

Stephen Cummings (Dimension Data), 5: Aveva abituato troppo bene in passato per accontentare con le briciole lasciate in questo 2018 caratterizzato da una sfilza di problemi fisici. Presenza intangibile in tutte le gare alle quali prende parte, gravita costantemente nelle posizioni finali del gruppo e non riesce mai a rendersi protagonista di quelle azioni da lontano attraverso le quali, andando spesso a segno, ha costruito una carriera.

Damiano Cunego (Nippo-Vini Fantini-Europa Ovini), 6: Interpreta con dignità e professionalità gli ultimi mesi di una traiettoria che avrebbe desiderato, e meritato, di chiudere diversamente. Escluso da quel Giro d’Italia che lo aveva rivelato al grande pubblico 14 anni prima, il veronese si congeda senza lasciare il segno tra Giro di Svizzera, Adriatica Ionica Race e Campionati Italiani, tappa conclusiva di una carriera sostanzialmente divisa in due e impreziosita da una collezione d’autore confezionata soprattutto nella prima parte.

LETTERA D

Thomas De Gendt (Lotto Soudal), 7,5: Il belga si conferma ancora una volta animale da fughe. Attaccante nato, si porta a casa quest’anno altre due vittorie di rilievo e ben tre classifiche della montagna dopo lunghe azioni dalla distanza che entusiasmano gli animi. Corridore tra i più rispettati in gruppo per questa sua capacità offensiva, è anche molto generoso nel supporto ai compagni, che sia mettendosi in testa al gruppo a tirare o aiutandoli nelle loro azioni.

David De La Cruz (Sky), 5,5: Arriva alla Sky con ottime premesse, cominciando subito con due interessanti vittorie, ma poi durante l’anno si vede molto poco, a partire da un Giro d’Italia nel quale ci si aspettava di più, anche in supporto al capitano. Meglio alla Vuelta, nella quale tuttavia probabilmente fallisce l’occasione per mettersi in mostra in prima persona (opportunità quasi unica in una squadra come questa).

Alessandro De Marchi (BMC), 7,5: Generosità e coraggio sono le caratteristiche principali del Rosso di Buja, che unisce la dedizione al lavoro e alla propria squadra con la capacità di lasciare il segno. La vittoria alla Vuelta a España e forse ancor di più quella al Giro dell’Emilia sono chiare dimostrazioni del suo valore e del raggiungimento di un livello che lo porta a poter ambire più spesso a giocarsi le sue carte.

John Degenkolb (Trek-Segafredo), 7: L’urlo liberatorio di Roubaix è impresso nella mente e nel cuore di tutti gli appassionati di ciclismo. Dopo due stagioni durissime, non solo fisicamente, si sblocca, soprattutto mentalmente, in uno dei teatri delle sue imprese più belle del pre-infortunio. A 29 anni ha ancora molto davanti a sé e dal prossimo anno può ritornare ad ambire ai massimi risultati nelle corse più importanti.

Arnaud Démare (Groupama-FDJ), 7: A 27 anni è una realtà ormai affermata del panorama internazionale, ma sembra ancora mancargli quel qualcosa per fargli fare il definitivo salto di qualità. La sua stagione resta comunque indubbiamente positiva con vittorie di peso a Parigi – Nizza, Giro di Svizzera e, soprattutto, Tour de France. Senza dimenticare ovviamente i podi a Milano-Sanremo, Classica di Amburgo e Gand-Wevelgem, a conferma delle sue capacità anche nei grandi appuntamenti.

Rohan Dennis (BMC), 8: Il 2018 lo ha consacrato come il cronoman principe all’interno del gruppo, con sette vittorie totali, tutte in prove contro il tempo. L’australiano si è laureato campione del mondo di specialità, sbaragliando la concorrenza di tutti i suoi avversari e dimostrando di aver fatto un ulteriore passo avanti rispetto agli anni precedenti. Prima della medaglia d’oro, però, aveva già dato spettacolo, indossando la maglia rosa per cinque giorni al Giro e vincendo la crono di Rovereto, mentre alla Vuelta aveva vinto il prologo d’apertura, conquistando la prma maglia rossa, per poi ripetersi a Torrelavega. Queste vittorie gli hanno permesso di iscriversi nel ristretto circolo dei vincitori di tappa in tutti e tre i Grandi Giri.

Silvan Dillier (Ag2r La Mondiale), 7: Il sorprendente secondo posto alla Parigi-Roubaix, alle spalle di Sagan, vale una stagione. Il 28enne svizzero attacca da lontano, viene ripreso dallo slovacco, ma resiste alla sua ruota, arrivando a giocarsela in volata all’interno del velodromo. Per lui la piazza d’onore ha un sapore dolce, in una stagione in cui comunque ha dimostrato la sua solidità, vincendo la Route Adélie de Vitré e la classifica scalatori al Tour of Guangxi. Ancora una volta si è dimostrato uno dei più abili nell’interpretare le corse, esaltando le sue qualità nell’inserirsi nelle azioni da lontano.

Jempy Drucker (BMC), 6,5: Nessuna vittoria, ma tanti piazzamenti per il velocista lussemburghese che, in una squadra poco avvezza alle volate, riesce a trovare sempre il modo per mettersi in mostra. Quattro podi totali per lui, dei quali il più prestigioso è sicuramente il terzo posto a Roma nell’epilogo del Giro d’Italia. Per il resto tanto lavoro per i compagni e tanto vento in faccia, a conferma del fatto che sia un corridore che sa abbinare il gregariato alle velleità personali.

Fabio Duarte (Manzana Postobon), 5: Il colombiano non riesce ad incidere come avrebbe voluto con la maglia della squadra più importante della sua nazione. Corre perlopiù in Europa e le occasioni per mettersi in mostra sono molte, ma la gamba non sembra essere quella dei giorni migliori. Un secondo posto alla Vuelta Comunidad de Madrid non basta a rendere la sua stagione soddisfacente.

Samuel Dumoulin (Ag2r La Mondiale), 5,5: Uno dei punti di riferimento delle corse nazionali francesi, il piccolo velocista transalpino quest’anno non riesce a lasciare il segno. A 38 anni compiuti, comincia probabilmente a sentire il peso dell’età, nonostante la grinta e il supporto dei tifosi gli abbiano permesso comunque di centrare più di qualche piazzamento, per un totale di sei podi.

Tom Dumoulin (Sunweb) 8,5: Non ci sono più dubbi, il neerlandese è ormai a tutti gli effetti uno dei corridori da corse a tappe più forti in gruppo. Parallelamente a Froome, il 28enne di Maastricht si è prodigato nell’impresa di fare classifica a Giro e Tour, cogliendo un doppio secondo posto che conferma le sue doti fuori dal comune. Due vittorie, entrambe a cronometro, alla Corsa Rosa e alla Grande Boucle, mentre un’altra beffa è arrivata nella prova contro il tempo iridata, nella quale non è riuscito a difendere la maglia arcobaleno conquistata l’anno prima, chiudendo secondo alle spalle di Dennis. Infine, al termine di una stagione estenuante, ha colto un inaspettato quarto posto nella prova in linea di Innsbruck, sfiorando una medaglia che avrebbe impreziosito ulteriormente un’annata in cui ha portato al limite il proprio corpo.

Luke Durbridge (Mitchelton-Scott), 5,5: Leggendo il suo nome si pensa sempre alle cronometro. L’australiano, tuttavia, non ha inciso quest’anno nella specialità che lo aveva consacrato nel grande ciclismo, non riuscendo mai a competere con i migliori. A parte il secondo posto ai Campionati australiani ad inizio stagione, persi per mano dell’inavvicinabile Dennis,il 27enne di Greenmount non riesce ad andare oltre un sesto posto nella crono del Giro di Slovenia, vivendo alla fine un 2018 interamente al servizio dei compagni. Dopo alcuni buoni segnali, non premia quest’anno neanche la trasformazione in corridore da grandi classiche del pavé, nelle quali non riesce ad incidere.

LETTERA E

Nicolas Edet (Cofidis), 6,5: L’esperto corridore francese è riuscito a trovare le sue prime vittorie in carriera quest’anno, dopo sette anni a secco. È infatti riuscito a vincere una tappa e la classifica generale del Tour du Limousin, dopo che si era visto declassare al Tour de l’Ain, nel quale era riuscito ad affermarsi in una frazione, ma solo grazie al taglio di una rotonda. Si vede tuttavia meno ad alti livelli.

Alexander Edmonson (Mitchelton-Scott), 6,5: Con un’azione da finisseur si aggiudica a sorpresa il campionato nazionale australiano in linea e a quel punto, per lui, la stagione poteva già definirsi soddisfacente. Per il resto della stagione, il 24enne di Miri si mette a disposizione dei compagni, facendo esperienze importanti alla Parigi-Roubaix, e in generale nelle classiche del nord, e dando il suo contributo alla causa alla Vuelta.

Kenny Elissonde (Sky), 6: Schiacciato dalla concorrenza interna, il francese non ha praticamente mai la chance di mettersi in proprio. Il sacrificio per i compagni è comunque encomiabile e verrà ricordato per essere stato l’apripista della leggendaria cavalcata sul Colle delle Finestre di Chris Froome al Giro d’Italia. Sfruttando la buona condizione in uscita dalla Corsa Rosa, centra un discreto terzo posto alla Route d’Occitanie, dimostrando di poter anche avere qualche buon sussulto in prima persona.

Remco Evenepoel (Juniores), 9: Nessuno prima di lui in questi ultimi anni aveva avuto un tale richiamo mediatico da non ancora professionista. Il 18enne belga è stato il cannibale della categoria juniores, con 23 vittorie su tutti i terreni, tra le quali il mondiale in linea e quello a crono, ripetendo il doppio successo già arrivato a livello nazionale e continentale. Risultato: nel 2019 farà il doppio salto e correrà con la Deceuninck-Quick-Step, dopo un lungo corteggiamento di Patrick Lefevere. I paragoni con il connazionale Eddy Merckx non sono ovviamente mancati, ma solo il tempo ci dirà se non sono stati sprecati. Intanto, è il primo millenial ad avere una chance nel grande ciclismo.

Caleb Ewan (Mitchelton-Scott), 7: Sicuramente non è stato il suo anno migliore, ma l’australiano si conferma uno dei velocisti di riferimento all’interno del gruppo. 17 podi e solo tre vittorie, delle quali l’unica nel WorldTour al Tour Down Under ad inizio stagione. Il voto però si alza con il secondo posto alla Milano-Sanremo, l’unica classica monumento a lui adatta, nella quale ha vinto la volata, venendo però beffato dall’azione vincente sul Poggio di Vincenzo Nibali. Nella sua stagione pesa l’esclusione dai Grandi Giri voluta dalla sua squadra, con la quale dimostra di non essersi lasciato nel migliore dei modi.

LETTERA F

Matteo Fabbro (Katusha-Alpecin), 6,5: Buon esordio tra i professionisti per l’azzurro. Il 23enne friulano coglie un incoraggiante ottavo posto in una corsa WorldTour come il Giro di Turchia, proprio sul gong della stagione, mentre precedentemente si era messo puntualmente a disposizione della squadra. Le doti in salita ci sono, starà a lui e alla sua squadra saperle coltivare nel modo giusto, per cercare un salto di qualità che servirebbe molto anche al ciclismo italiano.

Fabio Felline (Trek-Segafredo), 5,5: Al piemontese sembra mancare sempre qualcosa in questa stagione. Le gambe non girano mai come vorrebbe e non riesce ad essere protagonista nelle corse che vorrebbe, perdendo contatto dai big troppo presto. Alla fine i risultati migliori sono il terzo posto nella cronometro dei campionati italiani e il quinto in classifica generale al Giro di Turchia. Decisamente troppo poco per uno con il suo talento, che tuttavia ancora non riesce dimostrare con continuità.

Ruben Fernandez (Movistar), 5,5: Il salto di qualità tanto auspicato dai tifosi spagnoli ancora non è arrivato. Complice una concorrenza interna piuttosto elevata, il 27enne murciano è sempre costretto a rimanere nell’ombra. La squadra gli dà comunque l’occasione di mettersi in proprio in alcune occasioni, come al Giro d’Italia, ma non riesce a sfruttarle, finendo sempre per fare il gregario a qualcuno. In termini di prestigio, il miglior risultato è un anonimo settimo posto al Tour of Guangxi nel finale di stagione.

Iuri Filosi (Delko Marseille), 5,5: Il corridore italiano non riesce a sfruttare l’occasione datagli dalla formazione francese. Quasi mai si mette in mostra, subendo la corsa e cercando di resistere il più a lungo possibile in gruppo. Il decimo posto al Circuito de Getxo, unito al quinto posto di tappa al Tour of Taihu Lake, sono gli unici squilli in una stagione che spera di poter migliorare il prossimo anno con la formazione francese.

Mauro Finetto (Delko Marseille), 6: Non la migliore stagione per il veronese. Pur provandoci sempre, e centrando un’infinità di piazzamenti nei primi 20, al 33enne sembra mancare quel quid in più per riuscire a portare a casa un risultato di prestigio. Sono 14 le Top 10 conquistate, ma tra queste neanche un podio, se si esclude la vittoria della maglia di miglior scalatore al Giro di Lussemburgo. La squadra gli ha comunque giustamente rinnovato la fiducia, visto che, al di là delle poche vittorie, riesce sempre a mettere in mostra le maglie delle squadre per cui corre.

Davide Formolo (Bora-hansgrohe), 6,5: Il veronese fa un altro passo avanti nella sua maturazione, ma il salto di qualità ancora non è arrivato. Tanti piazzamenti nelle corse a tappe, che ne confermano la costanza, ma nessuno di questi è sopra il quinto posto finale. Sempre generoso, chiude in Top 10 il Giro d’Italia, sfiorando a più riprese la vittoria di tappa, ma in alcune occasioni, pur avendo forse la gamba migliore, pecca di attendismo perdendo l’attimo giusto. Le sue qualità sono indiscutibili, ma ancora non è riuscito ad esprimerle del tutto, pur trovando una buona continuità di risultati. Le indicazioni arrivate quest’anno, comunque, sembrano essere di un corridore che preferisce le salite un po’ più corte ma esplosive, rispetto a quelle lunghe in cui si è sottoposti ad uno sforzo prolungato, come evidenziato anche nelle classiche.

Omar Fraile (Astana), 7,5: Il basco è garanzia di risultati. Ormai riconosciuto come uno tra i più abili nel leggere la corsa ed inserirsi nelle azioni giuste, il 28enne di Barakaldo vince una tappa al Giro dei Paesi Baschi, una al Giro di Romandia e, soprattutto, una al Tour de France, anticipando Alaphilippe a Mende. Si conferma così un corridore dal palato fine, visto che le sue vittorie arrivano sempre in palcoscenici di una certa importanza.

Mathias Frank (Ag2r La Mondiale), 6: Non è quello di qualche stagione fa, ma lo svizzero non si tira mai indietro. Nelle corse a tappe riesce spesso ad entrare nei primi 20, anche se non sembra avere la forza per seguire i migliori. Finisce decimo il Giro di California, quarto il campionato nazionale in linea e quinto la Tre Valli Varesine, facendosi valere durante tutto l’arco della stagione, anche come gregario.

Marco Frapporti (Androni-Sidermec), 6,5: Se uno sponsor ha bisogno di una vetrina basta chiedere a lui. Sempre in fuga, non ottiene risultati particolari ma permette alla squadra di Gianni Savio di aver grande visibilità, non solo a livello nazionale ma anche internazionale. Tanti chilometri con il vento in faccia per il bresciano che, per il suo coraggio, è sempre molto acclamato dai tifosi lungo le strade.

Chris Froome (Sky), 8,5: Il keniano bianco è riuscito a vestirsi anche di rosa e lo ha fatto in grande stile. La sua impresa sul Colle delle Finestre è una delle più belle dell’ultimo decennio e ha coronato una rimonta quasi impensabile del britannico. Se il Giro era il primo obiettivo della sua stagione,il Tour de France era il secondo; alla Grande Boucle non gli è riuscita la clamorosa doppietta, ma non ci è andato così lontano, visto che ha chiuso al terzo posto, lasciando le luci della ribalta al compagno Thomas. Il 2018 lo ha consacrato tra i più grandi interpreti dei Grandi Giri di tutti i tempi e ora, con la Tripla Corona conquistata, potrà andare a caccia del quinto sigillo al Tour, che gli permetterebbe di eguagliare il record di vittorie nella corsa francese di Indurain e altri grandissimi.

Jakob Fuglsang (Astana), 6: Nel complesso non è stata una brutta stagione la sua, ma sul bilancio finale pesa il fatto di aver fallito quelli che inizialmente erano i suoi obiettivi principali. La prima parte di stagione è solidissima e risulta protagonista in tutte le corse alle quali prende parte. Al Tour, però, pur presentandosi da outsider, paga la pressione e non brilla, staccandosi puntualmente dai migliori. Il danese ha comunque la fiducia della squadra e l’anno prossimo avrà ulteriori chances per riscattarsi; la sua dimensione è ormai quella di un corridore di altissimo livello, tuttavia sembra ancora mancargli uno step per fare la differenza negli appuntamenti pi importanti.

LETTERA G

Tony Gallopin (Ag2r La Mondiale), 6: L’approdo nella nuova squadra gli restituisce un discreto colpo di pedale, soprattutto nell’apertura e nell’appendice di stagione. Inizia bene prendendosi cronometro conclusiva e classifica generale all’Etoile de Bessèges, ma né nelle classiche primaverili né al Tour de France, concluso con un ritiro nel corso della dodicesima tappa, riesce ad essere competitivo. Torna ad esserlo invece alla Vuelta, dove si prende con una stoccata da finisseur la frazione con arrivo a Pozo Alcon e sgomita per un piazzamento nella top ten fino all’epilogo, concludendo con un 11° posto che rappresenta la sua miglior performance di sempre in un GT e gli consegna una maglia per Innsbruck, dove corre al servizio di Alaphilippe e Bardet.

Filippo Ganna (UAE Team Emirates), 5,5: Il secondo anno da professionista segna il debutto nelle Classiche del Nord e si apre con un paio di piazzamenti incoraggianti in Argentina. Interpreta il Fiandre all’attacco, mentre la Roubaix – che sembra essere maggiormente “tagliata” sulle sue caratteristiche – lo respinge facendolo giungere oltre tempo massimo. Nella seconda metà di stagione è raramente incisivo, anche se arriva a sfiorare il titolo nazionale a cronometro venendo battuto per appena due secondi da Gianni Moscon, suo compagno al Team Sky a partire dal 1° gennaio prossimo. Chissà che il cambio di divisa non lo porti a confermare anche su strada quelle qualità evidenziate finora solo su pista

Ivan Garcia Cortina (Bahrain-Merida), 6: Per prestazioni e risultati ricalca la stagione del debutto tra i professionisti. Il 23enne spagnolo conferma di disporre di qualità interessanti, ma non riesce ancora a tradurle in vittorie. Spesso al servizio dei compagni nelle brevi corse a tappe, interpreta il suo secondo Fiandre all’attacco e ottenendo un discreto piazzamento finale (37°), mentre alla Vuelta si lancia – senza grossi risultati – nelle volate di gruppo e non va oltre un quinto posto.

Enrico Gasparotto (Bahrain-Merida), 6,5: Dopo la parentesi dello scorso anno al Giro, torna ad essere escluso dai roster per i GT e conferma tutta la sua esperienza e la sua incisività nella settimana delle Ardenne. Sfiora il tris all’Amstel, dovendosi accontentare del gradino più basso del podio dopo aver fallito per pochi metri l’aggancio alla coppia al comando (Valgren-Kreuziger, corridori dotati di uno spunto veloce inferiore al suo) e alla Doyenne ottiene l’ennesima top ten (6°). Costante anche nella seconda parte del calendario, termina 11° il Giro di Polonia e si rivela prezioso per Colbrelli nelle prove canadesi, cogliendo un bel terzo posto alla Coppa Agostoni. Risultati che avrebbero meritato forse una maggior considerazione in ottica Mondiale.

David Gaudu (Groupama-FDJ), 7: L’apprendistato nel gotha del ciclismo non gli permette di rimpinguare il bottino personale, ma lo conferma tra i prospetti più interessanti sulla scena internazionale. Debutta al Tour de France, dove non riesce a competere per la Maglia Bianca né per le vittorie di tappa, accumulando però esperienza dopo aver interpretato interamente all’attacco il Delfinato. Nelle classiche ardennesi non si ripete sui livelli del debutto, mentre a fine stagione è fondamentale nella costruzione dei successi di Pinot nella Milano-Torino e nel Lombardia dopo aver sfiorato quello personale al Memorial Pantani, dove viene battuto solo da Ballerini.

Francesco Gavazzi (Androni-Sidermec), 7: Se c’è, si vede. Dopo 23 mesi all’asciutto, torna ad esultare alla Vuelta a Burgos in capo a una stagione in cui inscrive regolarmente il suo nome nelle top ten delle corse italiane. Al Giro soffre lo scontro diretto con i corridori delle formazioni World Tour, ma in estate e in autunno riveste un ruolo fondamentale per la conquista della Ciclismo Cup da parte della formazione di Savio e per l’esplosione del compagno di squadra Ballerini, al quale spiana la strada verso il successo al Memorial Pantani.

Fernando Gaviria (Quick-Step Floors), 8: Promosso a velocista di riferimento della formazione belga per il Tour de France dopo l’addio di Kittel, non stecca l’appuntamento transalpino prendendosi la prima Maglia Gialla della corsa e ripetendosi già nella quarta frazione. La compresenza in squadra dello sprinter più vittorioso dell’anno (Viviani) non facilita il suo calendario e si traduce nella diminuzione dei successi (da 14 a 9) rispetto al 2017. Aumenta però il peso specifico degli stessi, anche se la rinuncia forzata alla Milano-Sanremo e alle classiche di aprile pesa come un macigno sul bottino finale.

Alexandre Geniez (Ag2r La Mondiale), 6,5: La seconda stagione alla corte di Vincent Lavenu si rivela la più prolifica della carriera per il 30enne transalpino. Quattro saranno le vittorie finali (GP la Marseillaise al debutto, tappa e classifica generale al Tour La Provence e tappa da fuggitivo alla Vuelta), mentre al Giro d’Italia – al netto di qualche buon piazzamento (4° a Osimo e 7° a Sappada) – non riesce a migliorare il 9° posto finale del 2015 fermandosi ai piedi della top ten. Con un calendario diverso rispetto a quello di Bardet, riesce a correre spesso in proprio togliendosi più di una semplice soddisfazione.

Simon Gerrans (BMC Racing Team), 6: Ormai da qualche anno non più competitivo per le vittorie pesanti, l’australiano chiude con dignità una carriera in cui è stato capace di aggiungere alla bacheca personale due Monumento come Milano-Sanremo e Liegi-Bastogne-Liegi. Quinto a inizio anno nella Cadel Evans Great Ocean Road Race, nell’anno dell’uscita di scena assolve al ruolo di uomo squadra e regista in corsa, senza mai riuscire a ricavarsi soddisfazioni personali nelle 71 gare a cui prende parte.

Robert Gesink (LottoNL-Jumbo), 5,5: Salta l’appendice di stagione riallacciando il mai interrotto rapporto con la malasorte, che si presenta stavolta sotto forma di rottura delle clavicola e di due costole. Prima, però, non aveva rubato l’occhio né sulle Ardenne né nelle due partecipazioni ai GT. Sia al Giro che al Tour, infatti, si barcamena alla ricerca della fuga giusta, muovendosi spesso in maniera inopportuna e disperdendo preziose energie per giocarsi i successi parziali. Per la seconda stagione consecutiva chiude a digiuno, sembrando sempre più avviato verso un inevitabile tramonto.

Ryan Gibbons (Dimension Data), 5: Troppo lento per essere vero. Chiamato a suffragare i progressi della passata stagione, quando riuscì ad imporsi due volte, il velocista sudafricano è impalpabile nei 78 giorni di gara che gli vengono concessi. Nullo nelle Classiche, al Giro d’Italia non va oltre un 7° e un 5° posto, pareggiando così il miglior risultato ottenuto nella passata partecipazione sulle strade della Corsa Rosa. Ci riprova alla Vuelta, ma le cose non migliorano affatto. Ha davanti a sé un inverno per ripensarsi e capire come, dove e quanto poter progredire.

Philippe Gilbert (Quick-Step Floors), 6,5: Illudersi di poter ripetere i risultati del 2017 era impensabile, soprattutto perché stavolta è lui ad ergersi a quel ruolo di testa di ponte che tanto bene aveva saputo sfruttare un anno fa. Con tutti i riflettori puntati addosso, permette ai compagni di fare incetta di vittorie negli appuntamenti più attesi dal team. Al Tour è sempre presente negli ordini d’arrivo delle prime tappe e cerca anche una stoccata da finisseur per andarsi a prendere una Maglia Gialla dalla quale lo separano pochissimi secondi. Caduto rovinosamente nella discesa del Col de Portet-d’Aspet e costretto al ritiro, ha la forza per rientrare in corsa già prima del nadir della stagione, nonostante un ginocchio in condizioni pietose, e di prendersi il GP d’Isbergues con una prova di forza.

Alexis Gougeard (Ag2R La Mondiale), 5,5: Annata incolore per il venticinquenne pedale veloce transalpino, parente alla lontana del corridore che si presentò al grande pubblico nel 2015 infilando una serie sorprendente di vittorie. Mai presente nelle posizioni di vertice degli ordini d’arrivo, ripiega sulla Vuelta – dove tre anni prima si era aggiudicato una frazione e un anno fa aveva centrato un quarto posto – senza lasciare una traccia tangibile della sua presenza.

André Greipel (Lotto Soudal), 6: Per la prima volta nelle ultime undici stagioni non riesce a dare una zampata nei GT. Partecipa solo al Tour de France, al quale si presenta sulla scorta delle vittorie a Down Under (2), 4 Giorni di Dunkerque (2) e Giro del Belgio (2), ma alla Grande Boucle non è praticamente mai nel vivo della scena e si fa notare solo per un declassamento a seguito di un contatto con Gaviria. Abbandona poi prima del previsto e non bastano le due affermazioni al Tour of Britain per riabilitarlo completamente.

Dylan Groenewegen (LottoNL-Jumbo), 7,5: Basterebbero i numeri a chiarire la bontà del percorso stagionale: 14 vittorie, 4 in corse WorldTour, 3 in gare di un giorno. Per la miglior espressione neerlandese dell’alta velocità è stato l’anno delle conferme. Al Tour de France, dopo un avvio stentato, ha vissuto 24 ore dominanti strapazzando la concorrenza a Chartres e Amiens, mentre il dato che salta maggiormente all’occhio è la continuità di rendimento. Vinta la Kuurne-Bruxelles-Kuurne, deve ora alzare l’asticella nelle classiche più prestigiose. Alcune, come la Gand-Wevelgem o Amburgo, dovrebbero necessariamente diventare obiettivi stagionali.

Andrea Guardini (Bardiani-CSF), 5,5: L’addio all’universo WorldTour si traduce anche nel ritorno alla vittoria. Non bastano, però, le tre distribuite tra Tour de Langkawi, gara con cui ha un feeling particolare, e il Tour of Hainan per esprimere un giudizio positivo sulla stagione. A pesare è infatti il passaggio a vuoto nel Giro d’Italia, approcciato con l’obiettivo di dar fastidio ai migliori interpreti delle volate e terminato, senza la condizione giusta per provarci, dopo una manciata di chilometri. Dopo un avvio incoraggiante, nel complesso non è mai all’altezza negli sprint in cui è chiamato a scontrarsi con i big dell’esercizio e sparisce spesso nel calendario italiano.

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