#SpazioTalk, Davide Rebellin: “Ai giovani dico di divertirsi e a tutti di seguire sempre i propri sogni senza porsi limiti”

A cinquant’anni Davide Rebellin ha ancora l’entusiasmo di un ragazzino. Il corridore italiano, infatti, ha recentemente firmato con la Cambodia Cycling Academy (squadra a cui il suo nome era stato già accostato un anno fa) per restare in gruppo anche nel 2021. Il corridore veneto è stato ieri sera ospite di SpazioCiclismo e ai microfoni di Spaziotalk ha affrontato vari temi, partendo ovviamente dalla firma con il nuovo team, fino ad arrivare ai progetti per il futuro, passando anche per la sua dieta vegetariana e per la squalifica di Pechino 2008 e la successiva assoluzione di 7 anni dopo.

Hai firmato per la Cambodia Cycling Academy. Sei contento di questa nuova possibilità? Cosa ti può portare questa nuova esperienza?
“Sì, sono contento perché continua la mia passione, che è quella di correre e divertirmi. Insomma, la vita che faccio da un po’ di anni. Certo, ci sono le gare, ma non c’è solo questo nel mio presente e futuro. Sto guardando anche altre cose, sempre legate al ciclismo”

Per esempio?
Per esempio stiamo cercando di organizzare uscite in bici con dei ciclisti turisti. Abbiamo già organizzato dei training camp in Gran Canaria e speriamo di farle anche in Italia e a Montecarlo quando la situazione Covid si sarà sistemata e ci sarà la normalità. Per quanto riguarda la squadra, questa squadra è nata per far crescere il ciclismo in Cambodia, loro organizzano nel 2023 i giochi del sud-est asiatico e il loro scopo è far crescere i cambogiani in modo che siano competitivi per questo appuntamento che loro organizzano. Il gruppo è composto da europei e cambogiani, i cambogiani ovviamente verranno a fare qualche gara in Europa per crescere di livello facendo esperienza qui dove il ciclismo è di un altro livello”.

L’anno prossimo compirai 50 anni. Senti di essere un esempio di longevità sportiva?
“Sicuramente, perché ricevo tanti messaggi sui social di ciclisti amatoriali e turisti che mi dicono ‘se te fai il professionista alla tua età, allora anche io posso fare belle cose nelle mie Gran Fondo, nelle mie gare cicloturisti’che, insomma è uno stimolo anche per loro, mi arrivano molti messaggi del genere. Inoltre sono anche esempio per i propri figli, di longevità, dedizione allo sport e di amare quello che si fa e cercare di seguire sempre i propri sogni senza togliersi dei limiti”.

Tu hai fatto la scelta di dimuinire quantomeno o addirittura di togliere del tutto la carne. Come riesci a combinare questa scelta, etica ma non solo, con la tua carriera sportiva?
“Mi sto trovando benissimo. Saranno 4-5 anni che ho iniziato un po’ gradualmente a togliere soprattutto la carne. A casa ho un’alimentazione vegetariana, alle corse a volte capita che non trovo quello di cui ho bisogno. Però vedo che il mio fisico risponde meglio nel recupero e anche il sistema immunitario sembra rafforzato. È una scelta etica, ma vedo che porta comunque il mio fisico a rendere al meglio. Magari venti anni fa non era così, ma ora sento questa esigenza, oltre ad aver tolto il glutine, ma questo l’avevo tolto già nel ’97,  ora ho un’alimentazione anche vegetale. Però ti dico, comunque negli elementi vegetali trovo tutto quello che mi serve. Vedo che i miei valori sono sempre buoni, il mio fisico recupera bene e penso che sia anche grazie a questo tipo di alimentazione”.

Hai mai pensato di passare in ammiraglia quando magari gli stimoli per correre diminuiranno, come succede per tanti corridori?
“Essere in ammiraglia sinceramente non è il mio obiettivo. Mi piacerebbe comunque essere all’interno di una bella squadra, soprattutto per seguire e allenare i giovani. Già ora sto allenando qualche ciclista, portando la mia esperienza intendo, portando quello che ho imparato io in questi anni. Voglio trasmettere la mia esperienza soprattutto ai giovani che passano dal dilettantismo al professionismo, dare i miei consigli e seguirli direttamente anche in allenamento. Penso che in una grossa squadra questo possa essere un vantaggio per chi ci crede. Mi vedrei più in questa figura che in quella del direttore sportivo classico in ammiraglia, soprattutto per stare più vicino ai giovani nel lato sportivo, ma anche in quello umano, per dare consigli e essere di supporto. È questo che mi piacerebbe fare, anche in una grossa squadra”.

Hai iniziato a correre nel ’92, quanto è cambiato il ciclismo nella tua carriera?
“Io sono passato professionista nel ’92 e ho visto cambiare molte cose, dalla tecnologia, alle bici, all’abbigliamento e ovviamente il modo di correre, di allenarsi e di prepararsi. C’è stata una bella evoluzione in questi settori, in particolar modo sul modo di prepararsi alle gare. A volte si faceva ore in bici senza un programma specifico, invece ora tutto è mirato. Perché tutti ora si sanno allenare, hanno il preparatore, ecc. Il livello è aumentato anche per questo, perché ora tutti sono al top. Fa ancora un po’ la differenza la qualità che uno ha, però il livello si è molto alzato rispetto a qualche anno fa”.

Che consiglio ti sentiresti di dare alle nuove generazioni? Anche a chi ha ottenuto risultati importanti nei primi anni da professionista.
“Il consiglio principale è quello di divertirsi. D’accordo, è un lavoro, però non deve essere secondo me troppo focalizzato, mirato, metodico. Ci deve essere anche un po’ di fantasia, di seguire il proprio istinto, divertirsi. Io sono un po’ contro gli allenamenti troppo schematici, computerizzati, bisogna lasciar spazio anche alla fantasia e a quello che sente il corridore. Ovviamente seguendo il programma e le indicazioni. Insomma, soprattutto trarne piacere e divertirsi, finché ci sono questi elementi si può andare avanti finché si vuole, quando comincia a diventare un peso allenarsi, correre, partire, mangiare in un determinato modo, allora la vita sportiva del ciclista… secondo me devi sentirla dentro e provare piacere da quello che fai”.

Hai avuto tanti successi nella tua carriera. Qual è il momento che ricordi con maggiore piacere?
“Direi la vittoria della Liegi, perché è sempre stata la gara che sognavo fin da piccolo e vincerla poi anche dopo le due Classiche, Amstel e Freccia Vallone, è un desiderio che si è realizzato, quella è la corsa che mi ha dato più soddisfazioni. Poi ricordo le tre vittorie di tappa al Giro d’Italia e la maglia rosa, che è stata forse la prima vittoria più importante e poi ovviamente la maglia rosa per un italiano ha un valore speciale”.

So che non ne parli molto volentieri, ma volevo sapere la tua posizione sui fatti di Pechino 2008, la positività comunicata un anno dopo e la sentenza del 2015 che diceva che il fatto non sussiste.
Diciamo che dopo la sentenza italiana, non è che sia stato risarcito, perché comunque questo fatto mi ha causato danni, nella mia carriera soprattutto, perché ad esempio anche i due anni di squalifica non sono stati due, ma sette-otto perché per arrivare a una squadra importante sono dovuto passare di nuovo da squadre piccole. Però adesso non ci penso più e vado avanti per la mia strada. Guardo sempre avanti, senza guardare indietro. Sì, in parte c’è stata questa assoluzione, ma non è completa, ecco, diciamo così”.

Un messaggio ai tuoi tifosi o comunque agli appassionati di ciclismo
“Per quanto mi riguarda io continuo perché voglio seguire la mia passione, mi diverto ancora e non voglio pormi dei limiti. Anche a una certa età si possono ottenere dei risultati e si può portare il fisico a rendere il meglio e quidni cerchiamo di non porci limiti di età e di seguire sempre i propri sogni, prendendo sempre tutto con divertimento e con amore per quello che si fa, che siano i circuiti della domenica, le gran fondo o le gare per i professionisti”.

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