Calendario, la Lega Ciclismo raffredda gli entusiasmi: “Azzardato riprogrammare le gare saltate”

Il dibattito prende corpo, in un momento in cui le cose in Italia sembrano andare (un po’) meglio sullo scenario Covid-19. Ma, secondo la Lega del Ciclismo Professionistico i tempi sono ancora prematuri per parlare di calendario e di nuove date, in merito alle corse del calendario nazionale. Nei giorni scorsi l’Associazione Organizzatori di Corse Ciclistiche (AOCC) aveva diffuso una lettera in cui si faceva cenno a una possibile bozza di nuovo calendario. La Lega, però, ha rallentato la marcia della discussione, parlando di una situazione che non ha gli elementi necessari per procedere all’ufficializzazione di qualsiasi data.

“In primo luogo – il comunicato diffuso –  non c’è ancora in Italia e nel Mondo una data di ripresa dell’attività ciclistica agonistica, oggi i ciclisti non possono neppure uscire per allenarsi. L’unica decisione presa riguarda le date del Tour de France 2020,  troppo poco per costruire un calendario affidabile. Dobbiamo raccogliere tutte le possibili date dagli organizzatori che intendono riprogrammare le loro gare nel 2020 e/o confermare le date già in calendario. Gare RCS, Tour of the Alps, Giro dell’Appennino, Trittico Lombardo, Giro di Toscana e Coppa Sabatini, ma anche i Campionati Europei, che si svolgono a Trento,  stanno facendo delicate valutazioni, anche in base alle decisioni UCI sul calendario internazionale, che devono portare a una decisione”.

Si parla anche dell’iter previsto per quello che sarebbe un nuovo calendario: “La definitiva proposta italiana va veicolata all’UCI e approvata. Ci sarà probabilmente una procedura molto  semplificata per i paesi che hanno un calendario molto articolato, come Belgio, Francia, Italia e Spagna, ma è comunque un passaggio necessario trattandosi di gare internazionali; dobbiamo valutare tutti gli scenari possibili, compresi quelli più pessimistici o di una ripresa dell’attività possibile solo sul territorio nazionale. La nostra posizione ufficiale rimane quindi quella di tutela massima per il nostro patrimonio ciclistico nazionale che non può ovviamente prescindere da quelle che sono le priorità dal punto di vista della tutela della salute degli atleti, degli addetti ai lavori e del pubblico”.

La Lega del Ciclismo Professionistico italiano parla anche della situazione contingente: “Con squadre e Associazione Corridori stiamo inoltre provando a tracciare i contorni di un accordo quadro che potrà servire a superare questi momenti terribili senza mettere in difficoltà la sopravvivenza stessa dei team. Se ognuno fa la sua parte, usando intelligenza, correttezza e solidarietà, potremo uscirne con danni limitati. Siamo convinti che lo sport, e in particolare il ciclismo, possa dare un segnale importante, nella fase di ripartenza del nostro Paese, così come ha fatto dopo tutte le grandi crisi della nostra società. Il lento ritorno alla normalità dovrà passare anche dagli entusiasmi sportivi, senza dimenticare che l’indotto del ciclismo, in tutte le sue declinazioni, dalle manifestazioni agonistiche alla produzione di biciclette e accessori, dal cicloturismo all’attività amatoriale rappresenta una fetta che vale l’1,5 per cento del PIL italiano”.

La chiusura, speranzosa: “Oggi si ragiona della bicicletta come di uno strumento indispensabile soprattutto nelle aree urbane per ridurre gli spostamenti con i mezzi pubblici che non devono essere affollati per garantire il distanziamento necessario. Può essere, riteniamo, un’occasione per molti di riscoprire un mezzo antico e moderno, ecologico e salutare”.

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