UCI, comunicato contro il razzismo: “Ci battiamo per rispettare la diversità. L’arcobaleno ha bisogno di tutti i suoi colori”

L’UCI prende direttamente posizione contro il razzismo. L’Unione Ciclistica Internazionale ha voluto scendere in campo nella lotta contro la discriminazione, diventata argomento di estrema attualità a seguito dell’omicidio di George Floyd per opera di un poliziotto negli Stati Uniti. Nel pomeriggio l’associazione ha emanato un comunicato ufficiale per ricordare il proprio impegno sulla tematica, anche a seguito di “testimonianze di corridori che spiegano che sono stati oggetto di razzismo perché di colore“. Una questione che chiaramente tocca direttamente l’associazione, e che “manda un messaggio riguardo le nostre responsabilità”. Per questo dunque anche la massima organizzazione nel mondo del ciclismo ha deciso di schierarsi apertamente contro ogni tipo di discriminazione.

Il rispetto della diversità è registrato nei nostri documenti fondamentali” si legge nel comunicato ufficiale emanato dall’UCI in giornata. Nella Costituzione della Federazione Internazionale si legge infatti il potere di assicurare “l’uguaglianza tra tutti i membri e tutti gli atleti senza discriminazioni razziali, politiche, religiose, di genere o di altro tipo“. Il Codice Etico, ricorda l’associazione, dichiara invece che “le persone legate al Codice non devono intraprendere alcuna azione, usare parole denigranti o altri mezzi che offendano la dignità umana di una persona o di un gruppo di persone su ogni livello, includendo il colore della pelle, la razza, la religione, l’etnia o l’origine sociale, l’orientamento sessuale, la disabilità o qualsiasi altra ragione contraria alla dignità umana”.

L’UCI ha poi ricordato che uno dei simboli a cui è associata rimane l’arcobaleno, raffigurato anche sulla maglia del campione del mondo, volto a rappresentare i cinque continenti. Un’ulteriore apertura all’Africa avverrà nel 2025, quando i Mondiali si terranno proprio in quel continente per la prima volta nella storia. “Sappiamo che non tutte le nazioni sono ugualmente equipaggiate per accompagnare i corridori al massimo livello e permettere loro di raggiungere un livello di professionismo nel ciclismo” prosegue il comunicato “e per questo l’UCI aiuta con le fondazioni, con giovani corridori e persone che lavorano nello sport“.

Dopo aver ricordato alcuni dei risultati notevoli ottenuti da corridori di continenti generalmente meno legati alla tradizione ciclistica, come la maglia a pois del Tour de France indossata nel 2015 dall’eritreo Daniel Teklehaimanot, il discorso si sposta su aspetti più strettamente finanziari. L’UCI ricorda infatti che per aiutare più di 120 progetti promossi dalle Federazioni Nazionali e Confederazioni Continentali sono stati spesi circa 2 milioni di franchi svizzeri, che diventano 5 se si considerano tutte le azioni per favorire l’allenamento e lo sviluppo del ciclismo nel mondo. “Gli introiti olimpici permettono all’UCI di contribuire alla diversità nello sport” si legge nella parte finale del comunicato: “Così che il ciclismo sia aperto a tutti, senza distinzioni in base alle origini. Perché l’arcobaleno ha bisogno di tutti i suoi colori“.

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