Astana, Fuglsang: “Felice di puntare sia le Classiche che il Giro e al Tour proverò a vincere una tappa. Tokyo il grande obiettivo, Rio momento di svolta”

Jakob Fuglsang è pronto per il 2020. Dopo un eccellente 2019, il danese dell’Astana si approccia alla nuova stagione con tanti nuovi obiettivi, Olimpiadi di Tokyo in testa. Proprio la partecipazione ai Giochi, stravolgerà il calendario del trentaquattrenne scandinavo che proprio come nel 2016, quando poi a Rio conquistò l’argento, correrà per la seconda volta in carriera il Giro d’Italia. Il classe ’85 indosserà i gradi di capitano nella corsa rosa, ma prenderà parte anche al Tour de France, dove però si occuperà di lavorare per Miguel Angel Lopez e di far crescere la sua condizione in vista di Tokyo. La redazione di CyclingPro.net lo ha intervistato dal ritiro della sua squadra.

Hai avuto una grande stagione. Nel 2020 avrai nuovi obiettivi, come inizierai questa stagione?

Comincerò alla Ruta del Sol, poi Strade Bianche e Tirreno, poi una piccola pausa e poi il ritorno al Trittico delle Ardenne, o anche solo Freccia Vallone e Liegi-Bastogne-Liegi, poi il Giro, un’altra piccola pausa e poi il Tour e le Olimpiadi, che è l’obiettivo. Questo è il piano per ora.

Inizierai la Ruta del Sol con il dorsale numero uno, è un tuo obiettivo anche in questa stagione?

Strade Bianche e Tirreno sono sicuramente un obiettivo nella prima parte di stagione e per andare bene lì devo andare bene alla Ruta del Sol, quindi perché no? Certo, gli altri due sono obiettivi più grandi e ora alla Tirreno non c’è nemmeno la cronometro e questo la rende più interessante per me e mi dà maggiori possibilità di vincerla, ma vedremo, è un obiettivo.

Puntare al Giro e puntare anche alle Ardenne non può essere un rischio?

Può darsi, ma quest’anno stavo bene al Giro dei Paesi Baschi e vedremo se riuscirò a mantenere quella forma ed essere pronto per le Classiche e poi portarmi quella forma al Giro. Nella prima parte del Giro ci sono tappe simili alle classiche e non grandi montagne, ma sono comunque tappe che possono essere decisive. Poi l’ultima settimana è quella dura con le montagne alte, molte volte però al Giro è capitato che quelle montagne fossero inagibili, non si sa mai. Può essere un rischio (fare le Classiche – ndr), ma sarei stato molto triste a dover lasciare fuori le Classiche ma sono anche felice di avere un’opportunità di fare classifica al Giro. Perché non credo sia ottimale fare classifica al Tour e poi andare alle Olimpiadi, è meglio correrlo senza fare la classifica per essere al 100% ai Giochi.

Qual è i tuo rapporto con il Giro? Perché hai aspettato così tanto per tornarci?

L’ho già fatto prima delle Olimpiadi di Rio, l’unica volta che l’ho fatto. Feci poi anche il Tour per aiutare Aru, mentre al Giro aiutavo Nibali in quell’anno e ho provato anche a fare classifica in prima persona. Ora proverò a farlo di nuovo, sono abbastanza soddisfatto di com’è il mio programma al momento.

Venendo alle Olimpiadi. Tu sei stato in ricognizione sul percorso, così come altri big, però ogni volta che ci sono le Olimpiadi sembra sempre che nel ciclismo ci siano obiettivi più importanti. Tu come la pensi?

L’ho provato in prima persona, per me in passato le Olimpiadi non sono state il più grande obiettivo. Forse lo erano quando facevo mountain bike. Non hai una maglia speciale, nessun segno distintivo che indossi ogni anno, ma dopo l’argento di Rio ho capito quanto è importante una medaglia olimpica, non solo all’interno del mondo del ciclismo, ma come atleta. E alle prossime Olimpiadi, tra quattro anni, sicuramente non sarà un percorso duro come quello di Tokyo. Le Olimpiadi sono un’occasione che arrivano solo una o due volte nella vita. Questo è il motivo per cui sono diventate un così grande obiettivo per me.

Quest’anno hai vinto molto di più, cos’è cambiato?

Ho cambiato un po’ l’allenamento e anche nell’alimentazione. Questi sono stati i cambiamenti più grandi, alcuni ridono quando lo dico, perché non credono faccia la differenza, io invece penso di si. Poi ovviamente vincendo un po’ di più sono diventato più fiducioso e credo di più in me stesso. Dico sempre che la prima vittoria è la più difficile, poi da quel punto non dico che diventi più facile, ma quasi.

Cosa ha portato a questi cambiamenti, c’è stato un momento particolare?

Di nuovo le Olimpiadi. Le Olimpiadi di Rio sono state un importante momento di svolta per me. Era un momento importante in cui mi stavo chiedendo se potessi fare il capitano e cercare risultati o fare il gregario di lusso, perché sapevo di poter fare bene anche quello. Ma alle Olimpiadi con un piccolo team di tre, con due atleti a supportarmi, ho preso una medaglia e lì ho deciso che avrei dovuto seguire il mio sogno e risultati personali, perché ho le qualità e ,se ben supportato, sono abbastanza forte per farlo. L’anno dopo ho vinto due tappe e la generale al Delfinato e anno dopo anno è andata sempre meglio e sono migliorato sempre di più, l’ultimo step è stato sicuramente mentale.

Sappiamo che i tuoi obiettivi sono Giro e Olimpiadi, quindi salterai il Tour?

“No, sarò al Tour, ma per aiutare Lopez e prepararmi per le Olimpiadi. Più o meno come feci prima di Rio, proverò a ripetermi Penso sia la cosa giusta, sono felice di andare al Tour e anche di non dover fare classifica e di potermi tenere fuori dalla battaglia evitando cadute.

Com’è collaborare con Lopez? Avete già lavorato bene insieme alla Vuelta con una vittoria di tappa per te e un buon piazzamento in classifica per lui.

“Sì, è vero. Sarà interessante vederlo al Tour, perché è diverso da Giro e Vuelta, ma credo che il percorso di quest’anno sia adatto a lui. Anche per questo il team abbia deciso di andare con me al Giro e con lui al Tour, perché ci sono molti chilometri a cronometro al Giro. Penso che potrà fare un buon Tour”.

Tu proverai a vincere una tappa come alla Vuelta?

Lo spero, provare a vincere una tappa sarà un mio obiettivo, non andrò certo lì per starmene nelle retrovie. È un po’ quello che ho fatto quest’anno alla Vuelta, dove sono andato a prepararmi per i mondiali. Spero di arrivare al Tour in una condizione migliore di quella con cui sono arrivato quest’anno alla Vuelta, ma il principio è lo stesso, usare la corsa per crescere di condizione e nel frattempo provare a vincere una tappa”.

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