I Migliori Momenti del 2022, 1: Tappa 11 Tour de France (+Bonus Record dell’Ora)

Siamo arrivati al capolinea della stagione 2022. Per noi è dunque il momento di passare in rassegna l’anno appena trascorso per proporvi le corse che ci hanno colpito maggiormente e darvi la nostra classifica dei migliori momenti dell’anno. Una classifica collettiva e raggiunta dopo un lungo confronto all’interno della redazione. Nel corso di questa settimana andremo quindi a svelarvi, giorno dopo giorno, le corse che più ci hanno emozionato e appassionato nel corso dell’anno. Un appuntamento quotidiano che ci porterà infine a svelare la corsa che abbiamo posto in primo posizione. Una volta presentata la nostra top 10, chiederemo anche a voi di votare tramite sondaggio dedicato, così da scoprire se le nostre impressioni saranno corrisposte anche dalle vostre.

1: Tappa 11 Tour de France

L’unico atto del Tour de France 2022 in classifica va direttamente in cima alla lista. L’undicesima tappa, da Albertville al Col du Granon sancisce uno dei colpi di scena più inattesi nella storia recente del Tour. Tadej Pogacar, che sembrava avere già le mani sul terzo sigillo, viene sfiancato dal forcing della Jumbo-Visma che inizia già a 80 chilometri dal traguardo e arriva sul traguardo con quasi tre minuti di ritardo dal sorprendente Jonas Vingegaard. Il danese, volto nuovo del Tour nonostante fosse già arrivato secondo l’anno scorso, però lontanissimo dallo sloveno, coglie la palla al balzo e a cinque chilometri dall’arrivo piazza l’accelerazione decisiva che lascia gli spettatori attoniti di fronte alla improvvisa crisi della maglia gialla che taglierà il traguardo in sesta posizione. Questo è il passaggio decisivo di questa edizione della Grande Boucle perché Vingegaard uscirà da questa giornata con 2’22” di vantaggio su Pogacar, che resteranno di fatto quasi invariati fino a Parigi.

2: Giro delle Fiandre

Una corsa esplosiva e scoppiettante, dove i grandi del ciclismo mondiale si sono dati battaglia fino all’ultimo metro. Se il vincitore finale ha coinciso con il grande favorito, Mathieu van der Poel, la gara, infatti, è stata tutt’altro che noiosa, grazie soprattutto ad uno straordinario Tadej Pogacar. Il corridore, che fino a quel giorno era stato sostanzialmente imbattibile nelle grandi montagne dei GT, conferma di essere un fenomeno a tutto tondo regalando spettacolo anche sui terribili, stretti, esplosivi e ripidi muri fiamminghi. I primi nomi grossi a muoversi sono quelli di Alberto Bettiol e Zdenek Stybar, che decidono di anticipare i grandi favoriti. Tuttavia lo sloveno può contare sul grande lavoro di Matteo Trentin, che lo scorta fino al Vecchio Kwaremont, dove il classe 1998 accelera, con il solo Kasper Asgreen in grado di tenere la sua ruota, e si riporta sugli attaccanti. Dopo questo primo cambio di ritmo sono in pochi a rientrare sul portacolori della UAE Team Emirates, mentre van der Poel decide subito di battezzare la sua ruota. A quel punto la corsa diventa presto un duello, con Pogacar che allunga su ogni muro e il neerlandese che stringe i denti per scollinare assieme a lui. L’ultimo chilometro diventa, invece, una vera e propria sfida di nervi, con il portacolori della Alpecin-Fenix che si rifiuta di dare cambi al ventiquattrenne costringendolo a rallentare. Van der Poel lancia poi la volata al momento giusto, cioè un attimo prima che Valentin Madouas e Dylan van Baarle riescano a rientrare. I due riusciranno comunque a scavalcare lo sloveno che rimarrà così ai piedi del podio dopo una corsa da grande protagonista.

3: Prova in linea Mondiali Wollongong

Un assolo di 35 chilometri per entrare nella storia da assoluto protagonista. Questo è quello che Remco Evenepoel si è regalato e ci ha regalato nella notte italiana che ha visto in Australia l’assegnazione della Maglia iridata. Una corsa da grande campione, che ha permesso al fresco vincitore della Vuelta a Espana di conquistare il Mondiale. Il belga è andato all’attacco quando mancavano 80 chilometri alla conclusione, inserendosi abilmente in un’azione portata via di forza dalla Francia. Sottovalutato da molte squadre, questo allungo viene sfruttato invece dal Belgio per muovere da lontano uno dei due capitani e stanare le formazioni avversarie. Il talento del classe 2000 poi fa tutto il resto. Grazie al suo motore fuori dal comune, il nativo di Aalst accelera in pianura portandosi dietro il solo Alexey Lutsenko che cede sotto i colpi del rivale in salita. E gli azzurri? La trasferta australiana ha il merito di aver in parte riconciliato i tifosi con i ciclisti italiani che si sono dimostrati all’altezza della sfida. Un pimpante Alberto Bettiol è stato tagliato fuori dalla lotta per il successo dallo sviluppo tattico della corsa, mentre Lorenzo Rota (inseritosi nell’azione buona assieme al compagno Nicola Conci) non si è giocato una medaglia per l’assenza di radioline che non ha permesso al suo gruppetto di capire quanto gli inseguitori fossero vicini. Alla fine la prima Nazionale di Daniele Bennati raccoglie il quarto posto di Matteo Trentin e l’ottavo di Bettiol.

4: Tappa 20 Giro d’Italia

Il giorno che decide la centocinquesima edizione della corsa rosa. La tappa con arrivo sulla Marmolada vive praticamente due battaglie parallele, una per il successo di tappa e una per la classifica generale. Nella prima a spuntarla è un monumentale Alessandro Covi, che dopo essersi inserito nella fuga del mattino, attacca sul Passo Pordoi, protetto dal compagno Davide Formolo, e fa la differenza su tutti gli altri, andandosi a prendere la Cima Coppi con 1’11” di vantaggio sui primi inseguitori. Il varesotto resiste ai vari tentativi di rientro e riesce a far sua la tappa dopo 50 km di azione solitaria, meritandosi anche i complimenti della nonna in diretta tv. Sul Passo Fedaia, ultima salita di giornata, esplode anche la lotta per la generale, con Hindley che attacca a circa 5 chilometri dalla conclusione, seguito solo dalla maglia rosa Richard Carapaz. In quel momento, però, la tattica della Bora-hansgrohe si rivela perfetta visto che Hindley trova il compagno Lennard Kamna, altro grande protagonista del Giro che si era inserito nella fuga del mattino. Il tedesco dà fondo alle ultime energie per aiutare il compagno australiano e il suo forcing mette in difficoltà Carapaz, che non riesce a tenere le ruote. Esaurito il lavoro di Kamna, Hindley rinforza ulteriormente l’azione, fino a scavalcare in classifica Carapaz, che nel frattempo va in crisi e viene superato anche da Mikel Landa. Hindley arriva sul traguardo con un vantaggio di quasi 1’30” su Carapaz e si prende la maglia rosa alla vigilia della crono conclusiva, come già gli era accaduto nel 2020. Stavolta, però, l’epilogo è diverso perché il vantaggio è consistente e anche al termine della prova l’australiano ha le insigne del primato, che gli valgono il gradino più alto del podio di Verona e la dimostrazione che quello già mostrato nel 2020 è il suo vero valore e non la prestazione della vita.

5: Tappa 6 Vuelta a España

Un altro dei momenti di svolta nella stagione e, più probabilmente, nella carriera di Remco Evenepoel è la sesta frazione del GT iberico. Nel primo arrivo in salita della corsa, infatti, il portacolori della QuickStep-AlphaVinyl prima segue un attacco di Simon Yates che non fa troppe vittime e poi decide di attaccare in prima persona, portandosi inizialmente dietro il solo Enric Mas. Davanti, nella nebbia sempre più fitta, c’è invece Jay Vine, uno dei protagonisti della fuga di giornata, che vengono ripresi uno dopo l’latro da Evenepoel e Mas, mentre alle loro spalle Juan Ayuso si libera del resto degli avversari, che lasciano su Primoz Roglic tutto il peso dell’inseguimento, mentre Carapaz va subito alla deriva, lasciando ad altri compagni i gradi di capitano. Jay Vine, uno che era diventato professionista nel 2021 grazie alla Zwift Academy, si prende la prima vittoria in un GT della carriera, mentre 15” dopo di lui arriva Evenepoel, che si prende una maglia rossa che non lascerà più, e uno stremato Enric Mas, che si danna per provare a tenere la ruota di un Evenepoel che dimostra di essere di un’altra categoria. Sia per Evenepoel che per Vine, poi, verranno ancora altre giornate di gloria.

6: Liegi-Bastogne-Liegi

In futuro questa corsa potrebbe essere considerata il momento in cui si completa in maniera definitiva il cambio generazionale in atto già da un paio di stagioni. Prima che la corsa entri nel vivo, infatti, la QuickStep-AlphaVinyl perde Julian Alaphilippe per una brutta caduta, che di fatto comprometterà gran parte della stagione di colui che all’epoca era il campione del mondo, facendo temere il peggio ad alcuni colleghi che avevano assistito alla scena (Romain Bardet verrà poi premiato con il premio fair play per essersi fermato a chiedere aiuto immediato). La compagine di Patrick Lefevere, però, trova subito il nuovo capitano in Remco Evenepoel, che a 22 anni vince la prima Monumento della carriera con una grande azione delle sue. Il classe 2000 attacca sulle ultime rampe della Redoute e ben presto resta da solo al comando. Come successo con Pogacar alle Strade Bianche, il belga non è mai impensierito, nonostante alle sue spalle si susseguano gli attacchi, e così può festeggiare prendendosi il primo grande successo di una stagione che poi andrà oltre le migliori aspettative, facendo riscrivere in qualche occasione anche i libri dei record.

7: Strade Bianche

La classica senese non smentisce la nomea di “sesta monumento”. Dopo la battaglia tra fenomeni del 2021, con Van der Poel a trionfare davanti a Bernal, Alaphilippe, Van Aert e Pidcock, stavolta il protagonista è un uomo solo al comando per 50 chilometri, il suo nome è Tadej Pogacar (settimo nell’edizione precedente). Lo sloveno, che era rimasto coinvolto in una caduta in precedenza, a 50 chilometri dall’arrivo se ne va via in discesa e dopo aver esitato un secondo per capire se qualcuno riuscisse a seguirlo, decide di andare via da solo. Il primo a provarci è Alaphilippe in salita, senza successo, imitato poi da Carlos Rodriguez, che riesce ad avvicinarsi fino a 12” dal corridore della UAE Team Emirates prima di essere riassorbito dagli altri inseguitori ai -25. Per Pogacar è una passerella solitaria fino al traguardo di Piazza del Campo dove aggiunge un altro splendido tassello alla sua giovane, ma già leggendaria carriera, mentre 37” dopo di lui arriva un’altra leggenda, Alejandro Valverde, che nel frattempo ha distanziato tutti gli altri, facendo capire sin da subito l’intenzione di essere grande protagonista anche nell’ultima stagione della sua carriera.

8: Gand – Wevelgem

La giornata in cui l’Africa sale sul tetto del mondo del ciclismo. La firma di Bini Girmay è infatti la prima nella storia di un corridore del continente nero in una classica WorldTour. L’azione decisiva arriva a 25 chilometri dal traguardo, con l’attacco di uno scatenato Laporte che viene seguito dal portacolori della Intermarché-Wanty-Gobert, da Jasper Stuyven e da Dries Van Gestel. Da dietro qualche corridore ci prova, ma senza successo, mentre la presenza di Laporte davanti fa sì che la Jumbo-Visma, che aveva lavorato tutto il giorno per il francese e per Wout Van Aert, smetta di tirare, lasciando tutta l’incombenza dell’inseguimento alla Groupama-FDJ nella persona di Stefan Küng. Ormai però il vantaggio dei battistrada è troppo consistente e anche l’attacco di Soren Kragh Andersen ai -2 si rivela troppo ambizioso, così davanti capiscono che possono giocarsela allo sprint. Laporte è il primo a partire, ma Girmay in ultima ruota sceglie il momento perfetto e taglia il traguardo a braccia alzate regalando una storica prima volta all’Africa e dimostrando di potersela giocare con i migliori al mondo, come farà poi anche al Giro d’Italia vincendo la tappa di Jesi.

9: Tappa 14 Giro d’Italia

Il classico esempio per cui la corsa la fanno i corridori. Quella che poteva essere una tappa dedicata ai fuggitivi senza grandi danni in classifica generale si trasforma rapidamente in una giornata indimenticabile grazie al forcing delle Bora – hansgrohe che fa esplodere e manda in frantumi il gruppo aprendo ad una inattesa bagarre a viso aperto fra i big della generale. Ne esce una giornata spettacolare, che crea un abisso in classifica tra le prime posizioni e tutti gli altri, mandando in difficoltà il giovane Juan Pedro Lopez, sino a quel momento in maglia rosa. A spuntarla in una delle giornate più belle dell’ultima stagione di Vincenzo Nibali è Simon Yates, che si prende la tappa con grande senso tattico, mentre il siciliano chiude giocandosela alla pari con coloro che poi si andranno a sfidare per la classifica finale sino all’ultimo giorno, Richard Carapaz e Jai Hindley.

10: Milano – Sanremo

Se ne discute da sempre e anche questa edizione non fa eccezione. La Classicissima di Primavera è una corsa che divide gli appassionati: c’è chi la odia per il suo svolgimento lento, quasi sonnacchioso che non viene abbastanza compensato dall’esplosione finale, chi invece la ama proprio per questo lungo crescendo rossiniano, una lunga e tattica cavalcata nervosa che ha la sua sublimazione in un finale adrenalinico. Se a volte si può essere poi propensi a dar ragione ai primi, indubbiamente quest’anno lo spettacolo non è mancato nella sua mezzora conclusiva grazie ai corridori che si sono dati grande battaglia. La Cipressa vissuta a tutta grazie al ritmo UAE Team Emirates, poi gli scatti continui di capitani Tadej Pogacar non bastano a fare la selezione decisiva ed è qui che arriva il capolavoro di Matej Mohoric. Una discesa da brividi che gli regala la Monumento che tutti riconoscono essere la più difficile da vincere.

Bonus: Record dell’Ora

Uno dei momenti più speciali di questo 2022 non arriva dalla strada ma dalla pista. Filippo Ganna e il suo strabiliante Record dell’Ora fatto registrare lo scorso 8 ottobre sul velodromo di Grenchen, in Svizzera. Il colosso della INEOS Grenadiers, reduce a dire il vero da una stagione su strada con molte ombre e poche luci, si riscatta alla grande sfrecciando per sessanta minuti ad una media di 56,792 km/h demolendo il precedente primato di Daniel Bigham, che nello stesso lasso di tempo e nello stesso velodromo aveva percorso soltanto 55,548 chilometri. Una prestazione oltre ogni umana previsione per il nostro portacolori, ottenuta su una Pinarello stampata in 3D per l’occasione, che diventa così l’uomo più veloce della storia, dato che in un solo colpo va a superare anche i 56,375 chilometri percorsi da Chris Boardman a Manchester nel 1996 con una bicicletta poi ritenuta successivamente irregolare da parte dell’UCI.

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