Bardiani-CSF, Bresciani positivo al furosemide: sospetta contaminazione alimentare, come la Errani – Anche la squadra rischia?

Una carriera che potrebbe essere stroncata già sul nascere quella di Michael Bresciani. Ingaggiato il 1° giugno dalla Bardiani – CSF per rinfoltire l’organico diminuito dalle positività di Stefano Pirazzi e Nicola Ruffoni, il 22enne bresciano ha corso solamente il campionato nazionale, peraltro senza neanche concluderlo. Da allora non si è più visto, se non per la partecipazione a un training camp della squadra, tanto che ci si era quasi dimenticato del suo ingaggio. La Gazzetta dello Sport in edicola oggi rivela i motivi di questa sparizione: una positività al furosemide, un diuretico, inserito nella lista AMA delle sostanze proibite, non come sostanza dopante, ma come coprente.

Il ragazzo si difende, sostanzialmente invocando la stessa difesa di Sara Errani. “So di non avere fatto nulla di male – spiega al quotidiano rosa – Il problema è che mia madre prende il Lasix ai pasti. Nel dividere la pastiglia ne deve essere finita per forza qualche parte nel mio piatto. L’UCI sta studiando il caso e non ha ancora emesso il verdetto, ma non credo io possa essere punito oltre la negligenza”. Nel caso della tennista romagnola, positiva al Letrozolo, la squalifica inflitta è stata di due mesi, anche se nel suo caso alcuni studi hanno inoltre dimostrato che questa sostanza non aumenta le prestazioni nelle donne. Molto simile sarebbe comunque la dinamica di intossicazione alimentare involontaria.

Intanto però potrebbe rischiare qualcosa la Bardiani – CSF. Dopo la doppia positività alla vigilia del Giro d’Italia 2017, la formazione Professional italiana era stata già costretta ad un periodo di stop. Una sanzione che ora potrebbe ripetersi, prolungata, se l’atleta dovesse essere giudicato colpevole. Le controanalisi intanto hanno confermato quanto emerso già sul campione A e il corridore risulta sospeso, ma in caso di squalifica per il corridore anche la squadra rischia una nuova sanzione. Per quanto l’estraneità in questo caso sembra praticamente scontata visto che sostanzialmente non si trattava di un loro atleta, il regolamento al riguardo è abbastanza chiaro e, al momento della positività, che risalirebbe al giorno successivo ai campionati italiani, Michael Bresciani era un tesserato del #GreenTeam.

Ci sono indagini in corso da parte dell’UCI – conferma Roberto Reverberi a SpazioCiclismo – Si tratta di una quantità infinitesimale e l’UCI quindi non si è ancora pronunciata sulla sospensione. Sono stati mandati certificati e documenti all’UCI per chiarire la posizione, anche un video della mamma che fa quell’operazione sul tagliere per la medicina che prende da anni. Si tratta di un medicinale che prende da tempo”. Il corridore è dunque “caduto dalle nuvole” quando ha saputo di questa positività. Dopo lo smarrimento iniziale è stato contattato anche un perito, che ha confermato come, vista la “quantità minima” trovata nelle analisi, la contaminazione alimentare è uno scenario plausibile.

Nel frattempo, non essendoci stata ancora decisione da parte dell’UCI, squadra e corridore, che hanno saputo ad agosto di quanto stava succedendo, hanno optato per “una autosospensione, coordinata assieme“. Il corridore è dunque ancora, teoricamente, un membro della squadra, in attesa chiaramente di conoscere le decisioni dell’UCI, che potrebbero anche portare solamente ad una lieve sanzione, riconoscendo la buona fede del corridore. La lunghezza dei tempi impiegati dal massimo organismo del ciclismo lascia intendere che ci sono effettivamente delle valutazioni in corso e che il caso non è considerato linearmente e banalmente come uso di doping.

Il concetto di negligenza è inoltre molto importante perché, anche in caso di squalifica dell’atleta, se venisse dimostrata, la squadra sarebbe così riconosciuta estranea ai fatti, evitando una nuova sospensione da parte dell’Unione Ciclistica Internazionale. Secondo l’articolo 7.12.3, infatti, in caso di una terza (o più) positività nell’arco di dodici mesi, la commissione disciplinare dell’UCI può sospendere la squadra per un periodo che va dai 15 giorni ai 12 mesi. Nei criteri di esclusione da questa sospensione, tuttavia (seguendo l’intreccio dei commi che portano alle eccezioni del 10.4) proprio la possibilità che venga riconosciuta una involontarietà, come potrebbe essere il caso del giovane corridore bresciano.

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