Groupama-FDJ, il monito di Marc Madiot: “Bene che ci sia il Tour de France, ma non dimentichiamoci tutto il resto”

La scossa al mondo ciclistico professionistico dalle nuove date del calendario è stata notevole. Il Tour de France 2020 è stato spostato, così come il Giro d’Italia 2020 e la Vuelta a España 2020. Anche le Classiche Monumento sembrano avere posti garantiti e da agosto potranno iniziare a corrersi le gare World Tour. La ventata di ottimismo di cui il ciclismo aveva bisogno? Sembrerebbe di sì, anche se ci sono persone dalla grande esperienza, come il francese Marc Madiot, che invitano a non trascurare tutto il resto, a fronte del rinnovato entusiasmo che ha investito il Tour de France.

“Io ho sempre pensato che il Tour si sarebbe corso – le parole del capo della Groupama-FDJ a L’Equipe – Dal punto di vista della salute, penso che ASO abbia cercato di minimizzare i rischi, mettendosi il più lontano possibile dall’inizio del ‘deconfinamento’ (previsto in Francia per l’11 maggio – ndr). E questo permetterà anche di organizzare anche gare di preparazione. Sono stato colpito dal discorso di Emmanuel Macron di lunedì, perché ha dato limiti, scadenze. Ha messo delle croci sul calendario, ed era quello di cui avevamo bisogno”.

Cambia tanto, sul piano sportivo? “Inevitabilmente sarà un po’ estemporaneo. Ma non importa. La cosa principale è che ci siano gare, corridori, squadre e che tutti possano lavorare. E non sono preoccupato dal ritorno degli investimenti: il pubblico televisivo ci sarà, potrebbero esserci meno persone in strada, ma sarà solo per questa volta. L’economia legata al Tour de France verrà fuori. Quel che conta è che si possa lavorare, anche in tutti gli altri contesti”.

“Non bisogna pensare solo al Tour – ancora Madiot – Devi salvare il resto e pensare più a quello che non al Tour. Quello esisterà sempre, ma con la Grand Boucle da sola le squadre e i corridori non stanno in equilibrio. Abbiamo bisogno del calendario nazionale, di Circuit de la Sarthe, Poitou-Charentes, Limousin, GP Fourmies, Polynormande. Al Tour ci vanno 30-35 corridori francesi, ma altri 100 saranno a casa. Bisogna pensare a loro e alle gare organizzate da associazioni e volontari che avranno grandi difficoltà finanziare. Quando saremo autorizzati a correre, dobbiamo aiutarli a organizzare più gare possibili, con più squadre e più corridori possibili. Questo è l’unico modo per uscire dalla crisi: preservare l’intera struttura”.

Preoccupato per il ciclismo? “Per le squadre, per gli organizzatori. Le grandi gare e le grandi squadre riusciranno a cavarsela senza troppi danni, ma abbiamo bisogno del resto. Io sono a capo di una squadra del World Tour, mi trovo in una buona situazione. Sono fortunato ad avere partner solidi e coinvolti. Ma alcune formazioni rischiano di scomparire, nonostante lo svolgimento del Tour de France. E i dilettanti? Se avremo meno gare professionistiche, ci saranno meno spazi per i giovani. La piramide deve essere conservata a tutti i livelli, altrimenti affonda tutto. Sì, è una buona notizia che la Grand Boucle si faccia, perché è la chiave di volta, ma non dimentichiamoci del resto. Altrimenti, ci schiantiamo”.

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