Dylan Groenewegen torna sull’incidente con Fabio Jakobsen: “Scioccato quando ho visto il filmato, ma nove mesi di squalifica sono stati troppi”

Dylan Groenewegen ha pensato al ritiro dopo l’incidente con Fabio Jakobsen al Giro di Polonia del 2020. Il velocista è tornato sull’argomento a distanza di quasi quattro anni, ricordando che il suo più giovane connazionale non è stato il solo ad aver sofferto in quel periodo. L’attuale alfiere della Jayco-AlUla ha subito una squalifica di nove mesi e, per superare il senso di colpa che gli ha causato un forte trauma, è stato supportato, durante il periodo di inattività, da uno psicologo.

Il classe 1993 ha raccontato questo periodo così difficile della sua vita al podcast neerlandese De Grote Plaat, rilanciato da Wielerflits,: “Non ho aperto il garage per settimane perché non volevo vedere le mie biciclette. Tutto ciò che aveva a che fare con le bici poteva essere messo nelle scatole. non era quello che volevo”.  Una situazione davvero complicata, condizionata anche dall’imminente nascita del figlio – “In quel periodo mia moglie era incinta e le cose non andavano bene, l’incidente in Polonia ha iniziato a causare problemi. Ho cercato di tenere per me i miei sentimenti. Ma molti amici che sono venuti a trovarmi in quel periodo, come Lars Boom, hanno capito che le cose non andavano bene. Si sono davvero preoccupati, erano davvero preoccupati che le cose finissero male, se sarei mai ritornato al ciclismo”.

La Jumbo-Visma, la squadra in cui militava allora lo sprinter, gli ha offerto anche un mental coach per affrontare il problema: “È stato difficile per me legare con una persona del genere e raccontargli tutto, non sono entrato in sintonia nemmeno con quella persona”. A rendere ancor più difficili le cose il fatto di aver dovuto rivivere continuamente il momento dell’incidente, per motivi legali. “Sono rimasto scioccato quando ho visto il filmato – aggiunge – È doloroso da vedere. Un momento veramente raccapricciante. È terribile quello che si vede lì, ma qu”.

Anche la ricostruzione dell’incidente da parte di Groenewegen è spaventosa: “Sono rimasto scioccato quando l’ho visto perché ho deviato dalla mia linea e questo non va bene. D’altra parte, succede spesso e qui si sono verificate molte coincidenze sfortunate. Era uno sprint in discesa, anche se secondo l’UCI non lo era. Ma noi andavamo a 84 km/h. Le barriere erano l’una sull’altra, io ho deviato dalla mia linea e Fabio stava arrivando proprio in quel momento. L’incidente è stato l’insieme di più situazioni sfortunate… Tante cose insieme hanno reso quella giornata terribile”.  Il velocista, forse per lo shock, ha perso gran parte dei ricordi di quegli istanti: “Non ricordo molto perché la mia clavicola era in cinque pezzi, ma ho dovuto comunque andare sul palco e in ospedale. Solo dopo tre giorni mi sono reso conto di come stava Fabio”.

In ogni caso il ciclista dei Paesi Bassi ritiene troppo severi i nove mesi di sospensione: “L’UCI dice che ho deviato dalla mia linea. Penso che sia giusto sospendere qualcuno (per questo, ndr). Ma non ho mai più visto una sanzione di questo tipo a nessuno dopo di allora. All’epoca dissi che speravo sarebbe stata usata più spesso… In seguito mi sono trovato nella situazione in cui ho scelto di frenare per evitare incidenti e non è successo niente. Perché qualcuno deve sempre cadere affinché succeda qualcosa? Per questo penso che nove mesi siano troppi”.

Durante la sospensione, il corridore è stato oggetto di messaggi d’odio verso di lui e la sua famiglia, soprattutto online: “Se è nei miei confronti, va bene. Ma verso la mia famiglia non è giusto. Loro non c’entrano nulla”. Groenewegen però non dimentica l’angoscia che l’accompagnava in quei giorni: “Quando andavo a fare un giro e sentivo una sirena o un clacson, mi spaventavo. All’inizio non mi sentivo proprio un ciclista. Mi faceva male tutto, ma dovevo ricominciare”. Alla fine, tutto si è risolto al Tour de France 2022, quando Jakobsen, completamente recuperato, ha vinto la prima tappa per velocisti in Danimarca e lui invece ha vinto la tappa successiva: “So cosa ha passato, è stato più che meritato”.

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