Doping, ricerca danese dimostra che microdosi di EPO migliorano le prestazioni del 4%

Microdosi di EPO aumentano le prestazioni del 4%. È quanto emerge da una ricerca condotta da Università di Copenaghen e Università di Aarhus. Finanziati dal’Agenzia Mondiale Antidoping e dal Team Denmark, gli studiosi di questi atenei danesi, rispettivamente del dipartimentio di nutrizione, esercizio e sport e di Sanità Pubblica, sezione Scienza dello Sport, hanno effettuato questa ricerca somministrando Eritropoietina ricombinante umana per tre volte a settimana per quattro settimane in 48 persone (equamente suddivisi tra uomini e donne). Il livello di pratica era tra il ricreativo e persone allenate, alle quali sono state misurate le prestazioni in una prova contro il tempo, il massimo consumo di ossigeno (VO2max) e l’emoglobina totale, sia prima che dopo ogni somministrazione (per via endovenosa).

Risalente al luglio 2022, la ricerca è stata pubblicata dalla rivista Medicine & Science in Sports & Exercise questo mese, dopo essere stata accettata nel mese di settembre. Il risultato di questi studi, che hanno ovviamente incluso anche un campione di soggetti a cui è stato somministrato un placebo senza che avvenisse alcuna variazione nei parametri, è che “microdosi endovenose di eritropoietina ricombinante umana forniscono una stimolazione eritropoietica sufficiente per aumentare l’emoglobina totale e migliorare le prestazioni aerobico-dominanti sia negli uomini che nelle donne”.

Più precisamente è stato mostrato che la potenza massima (MPO) espressa nei test contro il tempo viene migliorata del 4,1%, mentre la VO2max del 4,2 e la massima potenza aerobica del 2,9%. L’emoglobina massima veniva invece aumentata dal 6,7%, valore che, come gli altri, non variava in maniera significativa a seconda del sesso. Da notare ovviamente che questa ricerca è prettamente limitata ai risultati ottenuti nell’arco di circa un mese (4 settimane), non tenendo dunque in conto un eventuale utilizzo prolungato, né della combinazione di questa metodologia con altre. Per quanto lo studio si sia basato sulle microdosi considerate dalla stessa Agenzia Mondiale Antidoping come quasi impossibili da individuare, bisogna sottolineare che non vi è alcuna evidenza nella ricerca effettuata che questo tipo di somministrazione non venga rintracciata dai controlli antidoping (materia di cui il primo firmatario Andreas Breenfeldt Andersen è esperto in quanto Controllore Antidoping per l’agenzia danese).

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