Bradley Wiggins confessa: “Gran parte della mia carriera è stata una fuga dal passato. Ora non vado più in bicicletta perché non mi piace la persona che ero diventato”

Bradley Wiggins non ha ancora fatto del tutto pace con il proprio passato da ciclista professionista. Il baronetto, ora 43enne, è stato uno dei corridori più iconici della propria generazione, capace di trasformarsi da pistard a vincitore del Tour de France nel 2012. Uno sforzo, anche mentale, non facile da gestire che lo ha portato ad andare oltre i propri limiti e a diventare una persona, per sua stessa ammissione, diversa da quella che avrebbe voluto diventare. In un documentario sulla Sindome dell’Impostore che andrà in onda sulla BBC la prossima settimana ha rilasciato delle dichiarazioni interessanti in tal senso, facendo risalire la propria ambizione a rapporto irrisolto con il padre Garry.

Non vado più in bicicletta perché non mi piace la persona che ero diventato quando ci andavo – ha confessato all’intervistatore – Non riuscirei a immaginare di raggiungere qualcosa del genere in prospettiva sportiva ora perché non sono più la stessa persona. Sono cresciuto. Ho tutte le risposte”. Ammette di essere diventato così ambizioso in sella alla bicicletta a causa di alcune problematiche risalenti all’infanzia: “Ero il ciclista più fiducioso che c’era quando ero sulla bici. Ma ho smesso e ho dovuto fare un passo indietro come Bradley Wiggins, perché la bicicletta era il luogo in cui mi sentivo più a mio agio e mi dava tutta la fiducia nella mia vita”.

Aggiunge poi come sia stato travolto dal successo post-vittoria al Tour: “Quando scendevo dalla bicicletta e mi sedevo sul trono davanti alle telecamere, dovevo dare segnali di vittoria, essere divertente ed esibirmi”, dice, riferendosi alla sua iconica celebrazione dopo la vittoria in la cronometro delle Olimpiadi di Londra. Ammette anche che la pressione e l’imbarazzo in certi momenti gli hanno giocato brutti scherzi: “Non ricordo di essere stato sugli Champs-Élysées o su nessun podio olimpico. L’unico ricordo che ho di quei momenti è riguardarli in TV”.

Riconosce quindi di avere creato una sorta di personaggio per gestire la notorietà, che gli ha portato gloria ma anche molti problemi: “Dovevo essere me stesso, la persona, e all’improvviso mi sono sentito solo. Ecco perché poi ho cominciato a farmi crescere le basette, i capelli più lunghi. Indossavo abiti divertenti. Era tutta una distrazione dall’essere realmente me stesso“.

Gran parte della mia carriera ciclistica è stata una fuga dal mio passato – aggiunge – E molto è intrinsecamente legato a mio padre e alla mancanza di una figura paterna da bambino. Ricordo di aver scritto appunti sul retro delle sue foto che avevo quando avevo forse 12 o 13 anni, scrivendogli lettere”. Il padre Garry, ex professionista e seigiornista morto nel 2008, era molto geloso del successo che cominciava ad avere il giovane Bradley e quindi un giorno lo raggiunse in Belgio e gli disse a un orecchio: “Non dimenticare, non sarai mai bravo come il tuo vecchio”. Questo fatto lo spronò a migliorarsi costantemente: “Da quel giorno in poi ci fu in me per così tanto tempo questa voglia di essere migliore di lui. Questo è ciò che mi ha spronato nel 2012”.

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